La preside della periferia di Palermo andrà a dirigere l’istituto italiano in Etiopia: “La sfida non mi spaventa. Ad un certo punto si deve cambiare”

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Una preside di Palermo, della periferia, guiderà l’istituto italiano statale onnicomprensivo di Addis Abeba in Etiopia che conta mille alunni. L’incarico durerà sei anni.

“La sfida non mi spaventa, gli anni a Borgo Nuovo sono stati molto formativi. L’obiettivo della scuola italiana ad Addis Abeba è diffondere la centralità del modello educativo e formativo italiano in un contesto multiculturale, questo mi rende molto orgogliosa“, dice a La Repubblica la preside.

La sede di Addis Abeba mi è capitata, ma diversamente da altri colleghi che erano in graduatoria prima di me e l’hanno rifiutata, io senza pensarci un attimo, di pancia, ho detto sì. La considero una possibilità davvero arricchente dal punto di vista lavorativo, ma anche personale. Per tanti una scelta folle, per me l’inizio di una quarta vita. Ho dovuto sostenere un concorso per titoli ed esami, fra i requisiti c’era conoscere e parlare correntemente la lingua inglese. Ci sono otto istituti statali italiani nel mondo, quello di Addis Abeba è il più grande“, ha proseguito.

La Ds ha accettato l’incarico nonostante lo scenario critico della guerra civile: “So bene che si sta attraversando una fase critica, che si sono acuiti di nuovo gli scontri. Ci sono tantissimi sfollati e la situazione politico-economica è molto incerta. Ma tutto questo non mi spaventa. Mi preoccupa semmai dovere rinunciare, almeno in questa fase, alla mia libertà personale. Spesso non ce ne rendiamo conto, la diamo per scontata. La libertà di passeggiare, di girare in bicicletta, di fare sport all’aperto. Questa rinuncia è la cosa che mi peserà di più rispetto alla mia vita a Palermo. Ma affronterò tutto con tenacia e con il sorriso“.

È vero – prosegue Venturella – mi trasferisco nel Corno d’Africa, ma Addis Abeba è il cuore diplomatico dell’Africa, sede della Nazioni unite e dell’Unione africana. Un Paese aperto con grandi difficoltà. La scuola accoglie studenti italiani, figli di funzionari e diplomatici, alunni stranieri cioè né italiani né etiopi, ma la maggior parte è proprio del luogo. Famiglie etiopi che per i loro figli hanno scelto un percorso di studi diverso perché magari pensano di fare proseguire gli studi in Italia. So già che anche lì troverò un’ala della scuola interdetta per infiltrazioni d’acqua, proprio come poteva capitare a Borgo Nuovo. Un modo per farmi sentire a casa”.

Sull’esperienza appena conclusa, dice: “Ho cercato di dare il massimo di me stessa a Borgo Nuovo e ho raccolto dei frutti. Era arrivato il momento di nuove sfide, di sfuggire alla zona di comfort che si crea dopo tanti anni di lavoro nello stesso posto. La nuova normativa impone ai presidi di cambiare sede dopo nove anni, in quartieri difficili come Borgo Nuovo sono pochi: i primi cambiamenti li ho registrati dopo cinque anni di dirigenza. Ma a un certo punto si deve cambiare“.

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