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La matematica non è un’opinione e può rendere felici, “stop alla lezione frontale. Ecco come faccio”. INTERVISTA a Rocco Dedda

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Ma nove per nove farà ottantuno? “ Diceva un indimenticabile Massimo Troisi all’amico Benigni quando nel film “Non ci resta che piangere”, a spasso nel mille e quattrocento, quasi mille e cinque, incontrano Leonardo Da Vinci. Tabelline, numeri, teoremi, problemi, funzioni: difficili per molti, risolvibili per pochi, impossibili per altri.

Eppure, “la matematica deve essere per tutti”. Ne è convinto Rocco Dedda, professore pugliese di matematica e fisica presso il Polo liceale Saffo di Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, e autore del libro “ La matematica della felicità” edito da Piemme. Nel suo “Un quarto d’ora con il prof” su Instagram, è seguito da più di centomila followers, giovani e meno giovani a cui insegna la matematica via web. La sua soddisfazione più grande quando qualcuno, spesso over cinquanta, dice: “Finalmente l’ho capito”.

Prof, la matematica è spesso vista come una bestia nera, qualcosa di inaccessibile ai più che, una volta superata, si spera di non rincontrare nella vita. Secondo lei, la matematica non è un’opinione?

Direi che per il grado di fiducia che abbiamo della materia, essa non è un’opinione. Però, per il livello di scelte, di linguaggi, di studio e di comprensione che utilizziamo ogni giorno, allora sì che è un’opinione. Mi spiego meglio, pensiamo ad esempio ai numeri romani, superati da quelli indo arabi, che sono stati diffusi in Europa, nel dodicesimo secolo, dal matematico pisano Leonardo Fibonacci. Essi non furono inizialmente accettati dalla comunità scientifica, che nella storia della matematica, spesso si è ritrovata a dover imboccare la strada del bivio. Ecco, in questo senso, come nel caso della scelta dei numeri arabi, quelli che usiamo quotidianamente, la matematica è un’opinione.

Numeri, lettere, incognite, tabelle, formule, teoremi, tanto per citarne alcuni. Possiamo dire che la matematica è un vero e proprio linguaggio?

Assolutamente sì. Basti pensare che, tra le varie facce della materia, c’è quella del linguaggio che si articola, proprio come in un discorso con le concatenazioni che io chiamo matematichese. Questo significa che un ragazzo o un ragazza si trovano a dover imparare voci e regole di un linguaggio nuovo, nel quale, soprattutto all’inizio, è naturale poter sbagliare.

E quanto conta lo studio della teoria per evitare di perseverare nell’errore?

In matematica contano tanti aspetti. Vede, il segreto è quello di cercare un equilibrio che ti permette di ragionare attraverso la logica e di concatenare le varie affermazioni perché la matematica non è solo legata al calcolo ma anche al ragionamento. Molto spesso però, e parlo specialmente per alcuni enunciati, bisogna avere la pazienza di assimilarli con il loro linguaggio anche senza dimostrazioni. A scuola, alcuni teoremi vale la pena dimostrarli altri no. Alcuni teoremi vengono introdotti per privilegiare l’applicazione. Altre dimostrazioni sono significative perché mostrano in forma più chiara come arrivare da alcuni presupposti a un certo obiettivo, come quella che ti spiega perché la somma interna degli angoli interni di un triangolo è sempre 180 gradi, partendo da proprietà di angolo formati da rette parallele con una trasversale.

Nel suo libro “ La matematica della felicità” edito da Piemme e divulgato nelle scuole con vere e proprie performance, lei accompagna il lettore in quelli che sono i risvolti inediti della materia nella vita quotidiana, può fare degli esempi concreti?

Certamente. Questa affascinante materia ha dei risvolti concreti nell’arte, pensiamo per esempio alle versioni del Limite di Esher, che riesce a tassellare un piano attraverso figure congruenti grazie alla geometrie non euclidee, o alla musica: aritmetica e ritmo derivano entrambi dal greco arithmòs, che vuol dire ritmo. Nella scienza, le scale per la misura della magnitudo dei terremoti e per il livello di intensità sonora con i decibel si costruiscono grazie ai logaritmi, e potrei continuare con altri esempi. Durante la pandemia la tendenza della curva dei contagi da Covid è stata stimata con modelli di statistica, che andrebbe insegnata di più a scuola. Infine, direi che la matematica è assimilabile alla filosofia per il ragionamento, che può aiutarci a comprendere quanto accade nel quotidiano. Però la matematica deve, e può, essere per tutti.

Ci dà la ricetta magica?

Anzitutto direi che la prima cosa da fare per i docenti è quella di mettersi in gioco con gli studenti. Personalmente utilizzo il metodo dell’insegnamento capovolto, Flipped Classroom, che ribalta il tradizionale ciclo di apprendimento fatto di lezione frontale e studio individuale a casa. In pratica a casa faccio seguire dai miei studenti, per particolari argomenti e strategie, delle lezioni e in classe, tendenzialmente, per gruppi di lavoro, risolviamo esercizi e approfondiamo quello che non si è compreso. In pratica trasformiamo l’aula in una sorta di laboratorio a cielo aperto, perché ritengo che non debbano esserci fratture fra le difficoltà della materia e la comprensione di essa. E poi c’è l’empatia che è fondamentale nell’approccio della matematica e, ovviamente, la passione, che però non può scaturire se prima non prendiamo confidenza con la materia. Trasmettere passione è merito dei docenti, che sono gli unici capaci di entrare in sintonia con gli studenti e rendere loro la materia meno ostica. E’ questa la chiave per farla amare.

Lei è anche autore del progetto social Un quarto d’ora con il prof, dove insegna la matematica della felicità a giovani e meno giovani. Di cosa si tratta?

E’ una piattaforma, nata nel 2019 e poi risultata preziosa con la Dad, dove condivido contenuti tecnici, storici o applicativi di matematica e non solo: sono contenuti divulgativi o video lezioni di matematica e fisica in cui spiego alla lavagna o utilizzo dei software per particolari argomenti. Sono seguite da oltre centomila followers, che spesso sono persone non interessate alla matematica, over 50 anche, che mi dicono ”finalmente l’ho capito” . Ecco, quella è la mia soddisfazione più grande.

Quindi la felicità in matematica è dire l’ho capito?

Decisamente sì. Perché aumenta la nostra autostima, che cresce anche quando vediamo che un risultato ci è venuto e che l’esercizio è corretto. Ma la matematica è anche regole, concentrazione, esercizio, metodo, disciplina, logica e memoria.

Tra non molto ci saranno gli Esami di maturità: che consiglio vuole dare agli studenti prima del compito di matematica?

Quello di non avere paura, innanzitutto. Poi di lavorare al massimo, esercitarsi, guardare il mio profilo, rivedere le vecchie prove, confrontarsi con i docenti ai quali confidare anche le buone intuizioni, che spesso i ragazzi hanno in matematica ma che vanno approfondite, sempre, con lo studio.

Professore, quale è il suo matematico preferito?

Uno non posso dirlo, ma se vuole gliene dico tre. Euclide, perché con lui si ha l’incontro chiaro tra il pensiero razionale e la geometria della matematica. Al-Khwarizmi, il matematico persiano emblema della tradizione araba, legata anche a quella indiana, nello studio dei numeri che usiamo diffusamente e di importanti sviluppi in algebra ed il tedesco Gauss, soprannominato “il principe dei matematici”, di cui si narra che all’età di sei anni alla domanda del maestro: “ Quanto fa la somma di tuti i numeri da 1 a 100?” abbia risposto subito: “5050”.

Ovvero sommando, in tempi record, il primo e l’ultimo numero (1 +100= 101) il secondo e il penultimo ( 2 + 99=101) , il terzo e il terz’ultimo ( 3 + 98=101 ) e così via per 50 coppie di numeri ( 101 x50 =5050). Qualcosa di sorprendente.

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