La gestione della mobilità collettiva nel pubblico impiego dopo la legge n. 183/2011
Ufficio Stampa FSISCUOLA USAE – Articolo di Maurizio Danza Arbitro Pubblico Impiego Lazio: Il tema della gestione della mobilità collettiva nel pubblico impiego si è riproposto recentemente alla attenzione generale ed appare di particolare attualità alla luce del Ddl AS n.2349 recante “disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” che reca tra l’altro le note modifiche all’art 18 dello Statuto dei lavoratori applicabile come è noto, al pubblico impiego a prescindere dal numero dei dipendenti.
Ufficio Stampa FSISCUOLA USAE – Articolo di Maurizio Danza Arbitro Pubblico Impiego Lazio: Il tema della gestione della mobilità collettiva nel pubblico impiego si è riproposto recentemente alla attenzione generale ed appare di particolare attualità alla luce del Ddl AS n.2349 recante “disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” che reca tra l’altro le note modifiche all’art 18 dello Statuto dei lavoratori applicabile come è noto, al pubblico impiego a prescindere dal numero dei dipendenti.
Va detto però che il timore di una applicazione estensiva delle novità della riforma Fornero in tema di licenziamenti collettivi anche al pubblico impiego appare del tutto ingiustificato in ragione di una peculiare disciplina che lo differenzia notevolmente dal settore privato.
Per limitarsi ad esempio al cd. “licenziamento economico”, mentre il privato, ove intenda licenziare in caso di chiusura di un settore dell’ azienda o comunque nel caso di un ridimensionamento di personale che comporti il licenziamento di personale, applica la legge n. 223/91 sui licenziamenti collettivi, (se il numero è pari o superiore ad almeno 5 dipendenti), nel pubblico impiego la procedura applicabile è quella della messa in mobilità per eccedenza di personale anche se per ipotesi sia solo uno il lavoratore in più di cui all’art 33 del T.U. n.165/2001 che ha la finalità di ricollocare il lavoratore. Solo dopo due anni di tentativi falliti di ricollocazione o di eventuali rifiuti del lavoratore alla ricollocazione, si può procedere al recesso dal rapporto di lavoro.
La novità è rappresentata dall’art 16 della L.n.183 del 12 novembre 2011 che nel riscrivere completamente l’art 33 del T.U. n.165/2001 non ha inciso sulle conseguenze giuridiche né sugli effetti economici della c.d. gestione della messa in mobilità, ma è intervenuto semplificando la procedura ed eliminando talune fasi contrassegnate dal controllo e dal confronto sindacale, riaffermando il potere decisionale in materia di gestione del personale quale espressione del potere di organizzazione della pa ( cfr art 5 del D.lgs n.165/2001) in capo al solo datore di lavoro pubblico,coerentemente con il quadro normativo seguito al c.d. decreto Brunetta che aveva già previsto una nuova ripartizione tra legge e contratto a favore della legislazione statale.
Passando ad una attenta analisi della nuova disposizione e ad un confronto con il testo prima della modifica, in primo luogo si fa notare come il nuovo c.1 prevede in tema di rilevazione, oltre alla originaria fattispecie “delle eccedenze del personale”, anche quella del “soprannumero” ponendo ed è qui la novità le due tipologie in diretta relazione alle “esigenze funzionali “ o alla “situazione finanziaria”, anche in sede di ricognizione annuale prevista dall’articolo 6, comma 1, terzo e quarto periodo del D.lgs n.165/2011 che prevedono appunto la rilevazione ai fini della mobilità collettiva”.
E’ proprio il tenore della disposizione che conferma come in merito alle procedure si sia abbandonato il riferimento alla norma di rinvio di cui alla L.23/7/1999 n.223 specifica per il settore privato e presente nella previgente disposizione ( “salvo quanto previsto dalla norma”), applicandosi invece solo quelle del presente articolo, con obbligo di immediata comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica.
Ciò conferma che in detta materia il legislatore nel prendere atto delle specificità della mobilità collettiva del pubblico impiego, abbia dovuto dettare una disciplina diversa in controtendenza con l’obiettivo di armonizzare
la disciplina del pubblico impiego di cui alla legge delega n.15 del 4 marzo 2009 di cui è attuazione il D.lgs.n.150 del 27 ottobre 2009.
Quanto al secondo comma la disposizione prevede una sanzione particolarmente severa nel caso di eventuale assunzione di personale in violazione delle procedure di ricognizione delle eccedenze del personale, prevedendo la nullità di tutti gli atti posti in essere dalla pubblica amministrazione.
Nel terzo comma la norma ripropone in parte il testo del previgente c.1 bis discostandosene nella parte in cui nel testo attuale menziona la responsabilità disciplinare, invece che quella da danno erariale disponendo che” la mancata attivazione delle procedure di cui al presente articolo da parte del dirigente responsabile e’ valutabile ai fini della responsabilità disciplinare.
L’attuale comma 4 notevolmente ridimensionato, sostanzialmente ripropone il vecchio testo del terzo comma prevedendo che ” nei casi previsti dal comma 1 del presente articolo, il dirigente responsabile debba dare un’informativa preventiva alle rappresentanze unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area”.
Nel successivo comma quinto dell’art 33 è rinvenibile la” nuova e diversa procedura “ che caratterizza la messa in mobilità collettiva: a ben vedere emerge con chiarezza confrontando il nuovo quinto comma con il vecchio testo del c.3, come la p.a. nella informativa alle O.O.S.S. non debba più comunicare “le indicazioni dei motivi che determinano la situazione di eccedenza né le proposte alternative eventuali per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione,delle eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione delle proposte medesime ”( cfr. co.3 nel testo originario).
Non vi è più traccia inoltre della “previsione di un incontro ad hoc con le O.O.S.S.” finalizzato all’esame delle cause che avevano condotto alla eccedenza ( co.4, versione precedente): tutto ciò conferma che” la partecipazione sindacale anche in relazione a questa disciplina appare notevolmente ridotta coerentemente con la scelta operata dal legislatore in termini di ricentralizzazione delle materie relative al rapporto di lavoro, e nello specifico della mobilità collettiva come evincibile altresì, dal nuovo art 40 del D.lgs n.165/2001 modificato dal D.lgs n.150 del 2009.
A tal proposito si osserva altresì come nella nuova versione del quinto comma, non vi sia traccia alcuna del “verbale di accordo con le O.O.S.S. all’esito della conclusione dei 90 gg ( prima 45 gg) ,decorrenti dalla comunicazione della procedura come nel previgente co.5 ; ciò conferma che allo stato attuale sarà la p.a. a poter decidere unilateralmente sulla materia applicando l’art 72 c.11 della L.133/2008 o verificando la ricollocazione totale,o parziale del personale in situazione di soprannumero o di eccedenza nell’ambito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarieta’, ovvero presso altre amministrazioni, previo accordo con le stesse, comprese nell’ambito della regione “.
La nuova versione del comma 6 invece, riproduce quasi fedelmente il vecchio testo prima della riforma,discostandosene nella parte in cui “pur affidando alla contrattazione collettiva nazionale criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni”, introduce ora la previsione del passaggio diretto al di fuori del territorio regionale, precedentemente limitata invece solo a quello provinciale.
Resta immutato poi il settimo comma dell’art 33, quanto alle conseguenze negative a carico del dipendente a seguito “dell’esperito tentativo di impiego diverso del personale anche in amministrazioni diverse”, consistenti nel collocamento in disponibilità. Invariato anche il successivo comma 8 dell’art 33 in merito al trattamento economico previsto per il dipendente collocato in disponibilità che così recita” dalla data di collocamento in disponibilita’ restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha diritto ad un’indennita’ pari all’80 per cento dello stipendio e dell’indennita’ integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi"