La geografia, materia sempre meno considerata a scuola: “Un giovane laureato non riesce a indicare le regioni che si attraversano per andare da Trieste a Trapani”. L’affondo di Severgnini

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In un mondo sempre più globalizzato, dove le informazioni viaggiano alla velocità della luce e le culture interagiscono come mai prima, la geografia mantiene un ruolo cruciale nella formazione degli studenti.

Eppure, la constatazione amara del giornalista del Corriere della Sera, Beppe Severgnini, nel 2017 sulle lacune geografiche tra i giovani, sembra essere diventata ancora più pertinente oggi.

Le carenze in materia di conoscenza geografica non sono solo una questione di ignorare nomi di fiumi, laghi o confini nazionali. È una questione di non capire il mondo in cui viviamo. La geografia ci aiuta a comprendere gli equilibri ecologici, le sfide ambientali e le dinamiche che influenzano la nostra esistenza quotidiana. Serve anche come fondamento per comprendere le relazioni internazionali, il commercio, l’immigrazione e le tensioni politiche.

Oltre alle sue applicazioni pratiche, la geografia ha il potere di aprirci a nuove culture, promuovendo empatia, tolleranza e dialogo interculturale. In un’epoca in cui la xenofobia e l’intolleranza possono essere amplificate, la geografia ci offre gli strumenti per andare oltre le barriere e riconoscere l’umanità condivisa.

Nel marzo 2022, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha riconosciuto l’importanza di questa disciplina, istituendo una Commissione specifica per rivitalizzare l’educazione geografica nelle scuole. L’obiettivo era chiaro: fornire alle nuove generazioni gli strumenti necessari per comprendere e contribuire a un mondo in evoluzione, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU.

Ma il vero cambiamento non dipenderà solo dalle istituzioni. Solo così potremo sperare di formare una generazione che non solo sa dove si trova l’Oceano Indiano, ma anche perché è importante saperlo.

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