La fine della medicalizzazione della scuola come unico strumento per avere aiuti. Lettera

Inviata da Rossella Bugatto – Ho deciso di scrivere, come insegnante e come genitore, per denunciare la grave incongruenza che domina la scuola italiana.
Da anni la strada che viene delineata orienta verso l’inclusione e la personalizzazione degli apprendimenti, si sottolinea come la diversità sia una ricchezza e come sia importante che ognuno possa esprimere le proprie potenzialità.
Vengono redatti piani didattici personalizzati e si mette in risalto l’importanza dell’individualizzazzione. Parole giustissime e condivisibili.
Peccato che gli insegnanti si trovino da soli in classi da 25 alunni senza alcuna possibilità concreta di dare spazio e attenzione a chi, per sue caratteristiche personali, ha necessità differenti rispetto agli altri.
Un unico escamotage: la medicalizzazione.
Le certificazioni 104 negli ultimi anni si sono moltiplicate in modo esponenziale, e vengono etichettati come disabili bambini e ragazzi che non hanno nessuna disabilità (questa situazione è stata denunciata in modo chiaro da pedagogisti come Daniele Novara in “Non è colpa dei bambini” e da neuropsichiatri come Michele Zappella in “Bambini con l’etichetta”, testi che a mio parere dovrebbero essere letti da tutti coloro che lavorano nella scuola), con l’unico obiettivo di avere un insegnante in più e poter attuare la tanto decantata e sacrosanta individualizzazione degli apprendimenti.
Dietro a questo meccanismo, sul quale la scuola si è adagiata, si diagnostica con facilità qualsiasi cosa. O anche persone in buona fede che pur reputando tale sistema ingiusto lo considerano un dato di fatto, una realtà immutabile alla quale non ci si può sottrarre e alla quale bisogna adeguarsi.
La scuola dal canto suo, invece di denunciare la situazione e lottare per avere il personale e la preparazione necessaria per svolgere la propria funzione, si adagia nelle propria ignoranza e si rende complice di questo meccanismo a dir poco non etico, e ottiene insegnanti etichettando ragazzi e bambini già in tenera età confermando implicitamente che le differenze non siano ricchezza ma che ciò che esce dalla norma sia da medicalizzare considerandolo una malattia. Norma che di fatto si risolve in tutto ciò che non arreca disturbo, perché qualsiasi elemento che esce dal coro non può essere gestito con le risorse a disposizione.
Viene messo da parte e considerato negativamente, senza alcuna possibilità di lavorare sulle potenzialità, spesso notevoli, dei ragazzi e perdendo la ricchezza che la diversità porta con sé. Ricchezza per il singolo e per il gruppo.
Questo va di fatto a creare un ossimoro: una scuola che sulla carta afferma quanto le differenze siano importanti e fondamentale il rispetto per le caratteristiche individuali anche attraverso una personalizzazione dei percorsi didattici, ma che poi, impossibilitata a farlo per carenze strutturali, trova nella medicalizzazione un modo per poter avere un aiuto.
Una soluzione che funziona per l’insegnante, che non preparato e non supportato da personale numericamente adeguato, si trova alleggerito nell’espletamento delle sue funzioni, ma che si ripercuote negativamente su ragazzi e famiglie che vengono sottoposti a uno stress continuo che esacerba le difficoltà invece di lenirle. Che sottolinea il gap tra ciò che viene considerato giusto e ciò che viene considerato sbagliato.
La scuola riesce a funzionare sulla pelle dei bambini e delle loro famiglie che vengono sottoposti a iter durissimi di visite, test, colloqui che generano preoccupazioni e ansie immotivate.
A questo si aggiungano le tempistiche lunghissime che si vengono a creare nelle liste di attesa della Asl a seguito dell’altissimo numero di segnalazioni, il che va a discapito di quelle persone con reali problematiche che devono attendere mesi o anni per essere ricevute ed iniziare percorsi terapeutici adeguati. E per molti ragazzi l’inizio tardivo di un percorso può significarne la sua mancata efficacia.
Quello che la scuola, i genitori e gli stessi neuropsichiatri dovrebbero pretendere, e per cui dovrebbero lottare, è che siano garantiti:
[ ] Un corpo docenti numericamente adeguato al fine di rendere effettiva una reale individualizzazione dei percorsi educativi.
[ ] Una preparazione pedagogica seria che dia ai docenti gli strumenti per garantire a tutti un’istruzione di qualità. Gli insegnanti oggi sono sempre più burocrati, e la personalizzazione degli apprendimenti si risolve nella faticosa compilazione di pdp tutti uguali utili solo a riempire cassetti.
[ ] La fine della medicalizzazione della scuola come unico strumento per avere aiuti.
[ ] La creazione in ogni scuola di uno sportello pedagogico che dia supporto e aiuto agli insegnanti.
Spero che questa mia denuncia non si risolva in uno sfogo sterile ma che sia l’occasione per riflettere su un sistema che va drasticamente e radicalmente modificato per il bene di tutti.