Lockdown e didattica a distanza, 2 docenti su 3 hanno lavorato di più. L’80% con propri PC

La didattica a distanza è bocciata. A bollare in maniera negativa l’esperienza della scuola online è la fotografia, presentata oggi dalla Cgil nazionale, scattata dalla Federazione dei lavoratori della conoscenza in collaborazione con la Fondazione Di Vittorio, l’università di Roma Sapienza e l’università di Teramo.
L’inchiesta sulla didattica a distanza è stata fatta tra il 3 aprile e il 7 maggio 2020 tramite questionario online. La didattica a distanza ha avuto un impatto negativo sulle condizioni di lavoro per la maggior parte degli intervistati.
Per circa due docenti su tre (64,7%) il carico di lavoro è aumentato in modo rilevante in seguito al passaggio alla didattica a distanza.
Tra le lavoratrici, si registra un aumento dei carichi di lavoro maggiore rispetto alla platea maschile (un aumento rilevante per il 67% delle docenti contro il 57% dei maschi).
I carichi di lavoro sono aumentati in misura maggiore tra chi ha difficoltà di coordinamento con i dirigenti e con i colleghi rispetto a chi ha avuto modo di costruire relazioni più cooperative per fronteggiare l’emergenza.
Rispetto ai processi decisionali, in poco più della metà dei casi (52,8%) la didattica a distanza è stata definita unilateralmente dal dirigente scolastico e dai suoi collaboratori.
Nel 62,5% dei casi sono state attivate delle iniziative di formazione per sostenere i docenti nell’acquisizione delle competenze necessarie per la Dad, con delle carenze maggiori che emergono tra i docenti della scuola primaria (il 44,5% non ha ricevuto una formazione specifica).
I docenti salvano l’uso degli strumenti per fare Dad: la piattaforma utilizzata dalla scuola è stata giudicata poco o per nulla adeguata solo dal 21,4% dei rispondenti, abbastanza adeguata per il 57,5% e del tutto adeguata per il 21,1%.
La stragrande maggioranza del campione (84,1%) ha utilizzato video/audio lezioni in streaming. Significative sono però le differenze in base al grado scolastico: l’uso di video/audio lezioni in streaming prevale tra gli insegnanti delle scuole secondarie, soprattutto tra quelli delle secondarie di secondo grado (licei: 93,4%; non licei 87,4%).
L’uso di strumenti più innovativi è stato più frequente tra gli insegnanti che operano in scuole che hanno attivato iniziative di formazione per la didattica distanza (67%, contro il 54,5% degli insegnanti che rispondono di no alla domanda sulla formazione). Nella maggior parte dei casi si sono utilizzati più strumenti per la didattica a distanza, nel 40% dei casi addirittura tre o più.
Resta un problema: più di 8 insegnanti intervistati su 10 (83,3%) usano per la didattica a distanza un proprio dispositivo, non condiviso con altri membri della famiglia. Più del 60% di quanti hanno difficoltà significative con le attrezzature a disposizione hanno anche difficoltà significative con la gestione degli spazi.
Sono probabilmente difficoltà conseguenti alla compresenza nell’abitazione di famigliari anch’essi impegnati nel lavoro a distanza o nella didattica a distanza nella scuola o nell’università.
“Sulla Didattica a distanza urgono regole contrattuali. Va convocato urgentemente un tavolo presso il ministero o l’Aran” anche se “l’idea del governatore Zaia di mettere in Dad gli ultimi anni delle superiori è una assurdità. Non si possono scaricare sulla scuola i problemi esterni di cui si è sempre saputo”.
Lo dice all’Adnkronos Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil, a margine della presentazione dell’inchiesta.
Sinopoli commenta: “Dalla rilevazione effettuata tra il 3 aprile e il 7 maggio 2020 sono emerse criticità sui carichi di lavoro e le complessità di gestione – spiega – I risultati conseguiti sono la base per costruire una contrattazione, priorità per la quale si è impegnato il Ministro, anche se per noi la Dad resta l’estrema ratio e non può essere considerata la soluzione per gestire i problemi esterni alla scuola, come quello dei trasporti di cui si sapeva anche a giugno, della sicurezza o del reclutamento”.