La “demonizzazione” della lezione frontale sotto accusa: “Sta facendo danni incalcolabili”. Sui social è dibattito: “Non trasformiamo la scuola in un Grest”

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Un accorato appello sui social network ha riacceso il dibattito sulla didattica nelle scuole. “Diario di una prof disperata”, così inizia il post di un’insegnante che confessa la propria frustrazione nel tentare di applicare metodologie alternative in classe. Il paradosso emerso è sorprendente: nonostante anni di formazione sull’innovazione didattica, molti studenti sembrano preferire e rispondere meglio alla tradizionale lezione frontale.

La discussione, che ha raccolto decine di commenti da parte di altri docenti, evidenzia una realtà complessa e sfaccettata. “Tranne la lezione frontale i miei studenti non recepiscono nulla”, scrive l’insegnante, “se provo a fare qualcosa di diverso non riesco a ottenere attenzione”. Un’esperienza condivisa da numerosi colleghi che riportano situazioni analoghe, con studenti che chiedono esplicitamente: “Prof, ma non può spiegare lei e scrivere alla lavagna invece che fare ste lezioni qui?”.

Il valore della lezione frontale “evoluta” nel contesto contemporaneo

Il dibattito ha messo in luce come la lezione frontale non debba essere necessariamente demonizzata, ma piuttosto ripensata in chiave moderna. Molti insegnanti sottolineano l’efficacia di un approccio “ibrido”: una lezione frontale dialogata, partecipativa, che mantiene la struttura tradizionale ma incorpora elementi di interazione e coinvolgimento.

“Ma cos’ha di così brutto la lezione frontale fatta bene?”, si chiede un docente, mentre un altro evidenzia come utilizzi “la lezione frontale dialogata, perché aiuta gli studenti a prendere consapevolezza del proprio apprendimento”. Emerge con chiarezza che la capacità di ascolto e riflessione rappresentano competenze fondamentali che gli studenti contemporanei sembrano aver smarrito, e che la lezione frontale può contribuire a sviluppare.

Particolarmente significativa la testimonianza di un insegnante di matematica che ha scelto di tornare alla lavagna di ardesia: “Mi sembra che vedere costruire le cose davanti a loro sia l’approccio migliore”. Un altro collega parla di “demonizzazione della lezione frontale” che sta producendo “danni incalcolabili: ragazzi che non riescono neanche a seguire un film, soglia di attenzione sempre più bassa, scarsa autonomia”.

Il confronto tra docenti rivela un sistema scolastico in bilico tra spinte all’innovazione e necessità di preservare metodologie consolidate. La soluzione, suggeriscono molti, potrebbe risiedere in un approccio graduale e personalizzato: introdurre elementi innovativi (come i quiz o brevi attività interattive) all’interno di una struttura didattica riconoscibile, rispettando i tempi di adattamento degli studenti e valorizzando la relazione educativa prima ancora della metodologia.

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