La Dad non è più un disastro, l’ottima intuizione del Ministro che ha previsto la didattica integrata

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Rapporto Censis e Dad, la fotografia risale a sei mesi fa. Un disastro. Non poteva essere altrimenti, considerata la natura emergenziale della soluzione. Molto è cambato rispetto ad aprile, grazie ad alcune azioni dle Mi e al lavoro dei docenti.

Rapporto Censis e l’anno 2020 “marchiato” Covid-19

Rapporto Censis 2020. Come ogni anno l’istituto di ricerca presenta la situazione sociale del nostro Paese. L’anno corrente è stato marchiato in modo significativo dalla pandemia indotta dal Covid-19. Tutta la nostra esistenza  è stata contagiata. Ovviamente gli effetti  più evidenti hanno riguardato la nostra salute, messa a dura prova da un nemico sudbolo e poco conosciuto. Alcuni contagi, però hanno riguardato (processo ancora in atto) l’economia, la socialità, la politica, determinando un riposizionamento sul presente, la vetrinizzazione della nostra limitatezza, il ritorno dello Stato come protettore e garante. Altri contagi pulviscolari coinvolgono la psiche, la nostra socialità, i nostri stati emotivi i cui effetti dovranno essere studiati in modo più accurato e scientifico.
In sintesi ci troviamo di fronte a un fenomeno globale  e multidimensionale perchè riguarda tutto l’uomo che è sempre un essere sociale (Aristotele).

Rapporto Censis e la fotografia “catastrofica” per l’inclusione

La scuola non poteva esserne esente, in quanto istituzione che è comunità e quindi incontro di persone. Da qui la sua chiusura. Provvedimento mai preso nella storia repubblicana. La chiusura ha riguardato gli ambienti fisici. La formazione è proseguita online, attuando una sorta di continuità didattica, inventandosì ex novo una nuova modalità: la Dad.  Come è andata?
Ecco il report del Censis, già publbicato il 9 giugno. “Ad aprile 2020, solo l’11,2% degli oltre 2.800 dirigenti scolastici intervistati dal Censis segnalava di essere riuscito a coinvolgere tutti gli studenti; viceversa, mancava all’appello più del 10% di studenti nel 18% degli istituti (tab. 19). Il 53,6% dei dirigenti, inoltre, sottolineava come con la Dad non si riesca a coinvolgere pienamente gli studenti con bisogni educativi speciali…la preoccupazione più diffusa, espressa dal 51,5% degli intervistati, è di non riuscire a supportare adeguatamente gli studenti con disabilità o bisogni educativi speciali. Un ulteriore 37,4% di presidi teme di non poter realizzare progetti per il contrasto alla povertà educativa e la prevenzione della dispersione scolastica. “

La situazione non poteva essere diversa

Difficile ipotizzare una situazione diversa. La Dad è stata una soluzione emergenziale, imposta dall’urgenza di garantire l’esser-ci della scuola nel momento di magior picoc dell’epidemia Una scuola quasi totalmente rivolta alla didattica in presenza non poteva in brevissimo tempio (un mese) inventarsi un solido background. La scuola si caratterizza per la lentezza dei suoi processi e a maggior ragione  quando deve elaborare una didattica sostanzialmente estranea alla prassi quotidiana. A questo occorre aggiungere che l’emergenza sanitaria ha esaltato tutte le criticità presenti nella sanità e nella scuola.
Quest’ultima non è mai riuscita a risolvere in modo significativo il problema della dispersione scolastica. Quindi non si poteva affidare alla Dad questo impegno. Non rientrava tra i suoi compiti. Lo scorso anno (ottobre 2019), quindi prima della deflagrazione pandemica un editoriale di  R. Ricci (Responsabile nazionale Invalsi)  ha certificato la dispersione scolastica esplicita  (giovani che hanno abbandonato la scuola) nel 14,5%. A questo valore occorre aggiungere il 7,1% di dispersi impliciti. Sono “studenti che terminano il loro percorso scolastico, ma senza raggiungere, nemmeno lontanamente, i traguardi minimi previsti dopo 13 anni di scuola…
Nello stesso periodo Tuttoscuola ha pubblicato un dossier “La scuola fa colabrodo” dove si legge che “dal 1995 a oggi 3 milioni e mezzo di studenti hanno abbandonato la scuola statale, su oltre 11 milioni iscritti alle superiori (-30,6%). Ragazzi e ragazze spariti dai radar della scuola, che sotto questo aspetto ricorda le famigerate performance della rete idrica italiana, che perde nel nulla il 35% dell’acqua. Un colabrodo.”

L’ottima intuizione della Ministra Azzolina

La Ministra Azzolina ha avuto un’ottima intuizione. Partendo dalla natura dinamica della pandemia, fatto di saliscendi della situazione sanitaria,  ha proposto un piano  di didattica integrata digitale (D.M. 89 del 7 agosto) “intesa come metodologia innovativa di insegnamento-apprendimento, è rivolta a tutti gli studenti della scuola secondaria di II grado, come modalità didattica complementare che integra la tradizionale esperienza di scuola in presenza, nonché, in caso di nuovo lockdown, agli alunni di tutti i gradi di scuola, secondo le indicazioni impartite nel presente documento“.
Questa volta non si è lasciato al caso o al volontariato di singoli docenti. Il piano è il punto di arrivo (quindi non siamo all’anno zero), mai esclusivo (spiegheremo sotto il significato) delle riflessioni, progetti e attività che hanno riguardato la Dad e che ora devono integrarsi con la didattica in presenza.  E tutto questo si declina nelle classiche sezioni dei fabbisogni, degli obiettivi delle metodologie degli orari e altro ancora.  Ovviamente sono proposte delle integrazioni riguardanti la sicurezza e la privacy.
Grande attenzione è posta sulla criticità storica dell’istituzione scolastica, riguardante la dispersione.

L’integrazione tra ambienti che devono rimanere però distinti

In sintesi l’ambiente di apprendimento tradizionalmente identificato con quello in presenza, si arricchisce di quello online. Siamo in presenza di un ambiente allargato entro la quale si deve implementare una proposta coerente, dove l’offline e l’online si integrano (modello blended learning). Quest’ultimo non affianca e non ha una funzione aggiuntiva  rispetto all’offline. L’enunciazione ha i suoi effetti sulle strategie che devono far riferimento alle peculiarità di ogni sottoambiente che deve essere mantenuto distinto. Ne consegue che ogni assorbimento del virtuale nel reale, attraverso la replicazione della modalità trasmissiva (la lezione) va evitata. Il piano presenta un esempio: “La lezione in videoconferenza agevola il ricorso a metodologie didattiche più centrate sul protagonismo degli alunni, consente la costruzione di percorsi interdisciplinari nonché di capovolgere la struttura della lezione, da momento di semplice trasmissione dei contenuti ad agorà di confronto, di rielaborazione condivisa e di costruzione collettiva della conoscenza.”
Concludendo la didattica digitale integrata è un’opportunità per aggiornare l’ambiente educativo scolastico, individuando soluzioni e approcci che espandano  il luogo di apprendimento, rendendolo adeguato all’acquisizione delle competenze di tutti e ognuno, tenendo presenti gli alunni con diagnosi (L.170/2010)  e di quelli non certificati (studenti con Bisogni educativi speciali).

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