La bellissima “lettera d’amore al mio lavoro” di Enrico Galiano: “L’importanza del ruolo del docente, uno dei pochi posti dove ancora ci si può salvare”

“A volte sei il prof che tutti vorrebbero. A volte sei quello che neanche tu vorresti”. Con queste parole, Enrico Galiano, insegnante e scrittore, ha dato vita ad un post su Facebook che ha rapidamente fatto il giro del web, raccogliendo migliaia di condivisioni e commenti. Un testo che, con ironia e sincerità disarmante, racconta la quotidianità degli insegnanti, fatta di alti e bassi, di momenti di sconforto e di grande soddisfazione.
Un lungo elenco di “a volte”, che descrive con ironia e sincerità la quotidianità di un insegnante, tra alti e bassi, momenti di sconforto ed entusiasmo travolgente.
Un post che ha scatenato l’immediata reazione del web, raccogliendo migliaia di condivisioni e commenti da parte di colleghi che si sono riconosciuti nelle parole del docente, ma anche di genitori e studenti che hanno colto l’occasione per ringraziare i propri insegnanti per la loro dedizione.
Galiano descrive con efficacia le mille sfaccettature del mestiere: la dedizione nel correggere compiti fino a notte fonda, l’impegno nel preparare lezioni stimolanti, la pazienza certosina nel gestire classi difficili e rapporti a volte burrascosi con genitori e colleghi. Ma anche la frustrazione di fronte all’indifferenza, la stanchezza che a volte prende il sopravvento, il senso di impotenza di fronte a un sistema spesso farraginoso e poco incline al cambiamento.
Eppure, tra le righe emerge con forza la consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo. Perché insegnare, per Galiano come per tanti altri docenti, è molto più che un semplice lavoro: è una missione, un atto di fede nella possibilità di “accendere una luce”, di “innaffiare una radice”, di essere un punto di riferimento per i propri studenti.
Perché al di là delle difficoltà e delle sfide quotidiane, ciò che emerge con forza dal post di Galiano è la consapevolezza dell’importanza del ruolo dell’insegnante: “Sei lì, proprio lì, dove le cose ancora possono cambiare. Sei dove diventa perfino possibile sognare. Sei in uno dei pochi posti rimasti dove ancora ci si può salvare”.