La “bellezza” dell’umano con l’IRC a scuola e il rischio di un’occasione mancata. Lettera

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Inviata da Maria De Carlo – C’è una sorta di mantra che chi vive la scuola, a partire dai docenti, conoscono senza fare sforzi di memoria, e cioè che tutte le discipline concorrono alla formazione dell’uomo e del cittadino. Concetto richiamato nella recente Legge 92/2019 relativa all’educazione civica, dove nell’art. 1 comma 1 si legge che “Ogni disciplina diventa parte integrante della formazione civica e sociale sviluppando la capacità di agire da cittadini responsabili e di partecipare pienamente e consapevolmente alla vita civica, culturale e sociale della comunità”.

In questo “quadro” di formazione dell’uomo e del cittadino si inserisce anche l’IRC (insegnamento della Religione cattolica) che pur avendo una sua particolare storia (in quanto facoltativa, come da revisione dell’84 del Concordato) gioca un ruolo fondamentale in perfetta sinergia con tutte le altre discipline.

C’è una “bellezza” in questa ora di lezione, pur nella sua atipicità, che per poter esprimersi nella sua pienezza ha bisogno di abbattere il muro del pregiudizio. E’ l’ora del dialogo per eccellenza, della conoscenza e del confronto e non “si occupa di suscitare la fede ma dell’aspetto culturale della religione”, come viene precisato nei testi scolatici fin dalle prime pagine. I Vescovi italiani nel recente messaggio rivolto agli studenti che devono scegliere se avvalersi o meno dell’IRC affermano: “Crediamo che il valore del dialogo sereno e autentico con tutti debba essere un traguardo importante da raggiungere insieme.
Avvalersi, nel proprio percorso scolastico, di uno spazio formativo che faccia leva su questo aspetto è quanto mai prezioso e qualifica in senso educativo la stessa istituzione scolastica”. E nel richiamare le indicazioni didattiche dell’IRC i presuli sottolineano l’importanza della “partecipazione al dialogo autentico” e “l’esercizio della libertà in una prospettiva di giustizia e pace”.

Questa “ricerca” poi avviene in un intreccio multi-pluridisciplinare perché non si può parlare di storia, di letteratura, di arte, di cibo, di diritti, di nomi, di strade, di architettura, di relazioni, di problematiche sociali, di scienza, etc. senza che nulla di ciò resti indifferente a quell’uomo “animale” sociale e religioso.

Le tante discipline promuovono la missione della scuola che è “di sviluppare il senso del vero, il senso del bene e il senso del bello – come afferma Papa Francesco durante il discorso al mondo della scuola italiana nel 2014 -. Perché lo sviluppo – dice – è frutto di diversi elementi che agiscono insieme e stimolano l’intelligenza, la coscienza, l’affettività (…) questi elementi ci fanno crescere (…). La vera educazione ci fa amare la vita, ci apre alla pienezza della vita”.

L’ora di Religione dunque è l’ora della “sperimentazione” della bellezza dell’umano attraverso percorsi formativi ricchi e sempre aperti alla riflessione, alla ricerca… Ma la realtà a volte va in altra direzione.

Quando si costruisce il muro del pregiudizio allora diventa tutto più problematico e difficile. A partire dalle stesse famiglie che pur scegliendo l’IRC, si lasciano condizionare da stereotipi e screditano l’importanza di quell’ora con la conseguenza, soprattutto tra i più grandi, di un atteggiamento consolidato di scarsa partecipazione. Sono tante le testimonianze di pregiudizi. E se da una parte la famiglia non aiuta e avvalora l’atteggiamento dei figli, dall’altra l’ostilità la si trova nello stesso ambiente scolastico. E così all’insegnante di RC vengono chiesti i “superpoteri”, perché oltre ad un grande “carisma” per animare, motivare, deve indossare gli abiti di altre molteplici professioni e funzioni.

Ovviamente la scuola è una realtà molto complessa e spesso non hanno vita facile neanche le altre discipline. E qui poi si aprirebbe un capitolo –e non è questa la sede- rispetto alle nuove metodologie e a un nuovo impianto laboratoriale-interdisciplinare per un “ripensamento” della scuola “a misura” delle nuove generazioni, soprattutto poi per quegli istituti più problematici.

Certo, non mancano esperienze di grande positività e “buone pratiche” nelle scuole di ogni ordine e grado ma il docente IRC si trova sempre in una situazione “diversa” (voto differente, intero impianto organizzativo e di gestione, etc. etc.), e per certi versi “usurante”… L’intento della presente riflessione comunque è quella di sottolineare la bellezza di questo insegnamento e dei suoi docenti che insieme a tutti gli altri concorrono “alla crescita relazionale e affettiva delle alunne e degli alunni, attraverso il loro coinvolgimento attivo, e valorizzando il loro protagonismo, in tutte le tappe del processo educativo” (dalle Indicazioni Nazionali – 2012). Un processo che continua se abbiamo creato le condizioni per imparare ad imparare. Un segreto che aiuta a “rimanere una persona aperta alla realtà! Questo lo insegnava – a parlare è sempre Papa Francesco nel già citato discorso – anche un grande educatore italiano, che era un prete: don Lorenzo Milani”. L’invito del Pontefice è quello di essere insegnanti sempre aperti ad imparare per avere “un pensiero aperto, incompiuto, che cercano un di più, e così contagiano questo atteggiamento agli studenti”.

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