L’analisi della pustola che infetta la scuola
Enrico Maranzana – Il problema del preside elettivo è stato affrontato in “Eleggere direttamente i dirigenti: una proposta oscena” in cui si richiama la norma di legge che ha accolto il “Principio di distinzione” formulato dalle scienze dell’organizzazione.
Enrico Maranzana – Il problema del preside elettivo è stato affrontato in “Eleggere direttamente i dirigenti: una proposta oscena” in cui si richiama la norma di legge che ha accolto il “Principio di distinzione” formulato dalle scienze dell’organizzazione.
Vagliando alla luce di tale disposizione l’ipotesi di accordare al Collegio dei docenti la facoltà di eleggere il dirigente scolastico, si ottengono profili di illegalità e di irrazionalità. Questo scritto, prendendo spunto da quanto è apparso in rete, focalizza alcune cause dell’inadeguatezza del SISTEMA scolastico e smaschera i responsabili del suo mancato adeguamento alla società contemporanea.
Antonio Valentino scrive [A volte ritornano]: “L’idea sottesa ai discorsi dei “favorevoli” [all’elezione diretta del D.S.] sembra essere quella che la scuola non sia una istituzione della nostra repubblica, ma appartenga agli insegnanti”.
Una lettura della realtà condivisibile, da cui emerge una concezione dell’istituzione parziale, asistemica, non finalizzata, decontestualizzata, che si esaurisce nella volontà di conquistare il potere egemone del preside.
Da cosa deriva il presunto primato del dirigente scolastico sull’intera struttura decisionale?
Come è possibile che siano messi in secondo piano i problemi formativi, educativi e dell’istruzione, sostanza il servizio scolastico?
Chi ha favorito la mancata applicazione della norma di legge che distingue e separa gli organi politici dagli organi direttivi?
I lavori della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, che ha discusso per cinque anni dell’organizzazione della scuola, forniscono una risposta: i parlamentari sono stati i fautori dell’onnipotenza della funzione direttiva. Il Disegno di legge Aprea, nonostante le correzioni introdotte e il cambio della colorazione politica del presidente di commissione, attribuisce al dirigente la facoltà di concepire e di proporre il piano dell’offerta formativa: una vera invasione di campo!
Lo straboccamento delle funzioni dirigenziali nasce anche, se non soprattutto, da uno slogan oggi di moda: il merito.
Che senso ha attribuire la responsabilità dei risultati della gestione scolastica all’organo di gestione amministrativa che non ha la facoltà di compiere scelte formative-educative-dell’istruzione? Che non ha la capacità di prendere decisioni strategiche in quanto queste appartengono agli organi di governo?
La concezione monarchica della scuola traspare nitida e precisa anche dai test predisposti dal Miur per selezionare i futuri dirigenti scolastici. A tal proposito si veda in rete “La scuola è stata imbalsamata”.
La situazione in cui versa la scuola è figlia dell’assenza d’una solida cultura dell’organizzazione e della mancata capitalizzazione delle esperienze.
Sono molte le persone che ritengono il campo in cui nascono i problemi scolastici incontaminato; sono tanti ad ascrivere l’inefficacia dei provvedimenti alla loro errata ideazione; sono numerosi quelli che attribuiscono al trascorrere del tempo la loro obsolescenza.
Sorprendente il fatto che nessuno studi la storia scolastica recente con rispetto e attenzione, che nessuno postuli la validità delle scelte operate nel passato per ricercare e rimuovere le cause della loro inefficacia:
Franco De Anna [Il nuovo Ministro e il traffico postale. Una lettera per tutti gli altri] lamenta che “Gli organi di governo della singola scuola sono fermi alla legislazione di 35 anni fa, e i tentativi di riforma si susseguono di legislatura in legislatura”;
Maurizio Tiriticco [Un impegno per l’istituzione] auspica il “Coinvolgimento non solo della scuola militante, ma la popolazione intera in questo processo di riflessione e di innovazione”;
Antonio Valentino [A volte ritornano] propone l’implicazione: “Se l’intento è quello di far diventare l’insegnante più protagonista riconosciuto nel funzionamento complessivo della scuola allora il terreno di ricerca e di sperimentazione non può che essere comune a quanti vogliono uscire dall’attuale declino del nostro sistema di istruzione”.
Sintetizzando: gli organi di governo della scuola sono da riformare per favorire il coinvolgimento di tutti sul terreno della ricerca e della sperimentazione.
Riformulando: i decreti delegati del 1974 sono da riordinare in quanto non favoriscono il coinvolgimento di quanti sono interessati al servizio scolastico e non innescano processi di ricerca e sperimentazione.
La proposizione è FALSA: il legislatore [TU 297/94] ha ideato un’organizzazione per dominare la complessità del problema educativo, ha predisposto una struttura decisionale volta a stimolare la partecipazione, ha costituito organismi aventi uno specifico mandato, ha introdotto il feed-back per monitorare i processi d’apprendimento. Ecco come:
Il Consiglio di Istituto, organo strategico, elettivo, in cui sono rappresentati i principali interessi in gioco, ha il compito di
“Elaborare e adottare gli indirizzi generali” esprimendoli sotto forma di competenze generali per circoscrivere il problema formativo che attiene al nesso scuola-società;
Deliberare i “criteri generali della programmazione educativa” per prescrivere al Collegio dei docenti di estrapolare dalle competenze generali le corrispondenti capacità, fondamento della “programmazione dell’azione educativa”;
Disegnare un’adeguata organizzazione che espliciti le linee di comando e il flusso delle informazioni necessarie al governo del sistema.
Il Collegio dei docenti è prefigurato come un organo di ricerca in quanto
“cura la programmazione dell’azione educativa” per identificare i traguardi da perseguire [capacità], per formulare ipotesi, per specificare la strategie operative, per governare i processi d’apprendimento “Valutando periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia in rapporto agli orientamenti e agli obiettivi programmati, proponendo, ove necessario, opportune misure per il miglioramento dell’attività scolastica”.
La questione da porsi è: perché i decreti delegati non hanno prodotto gli esiti attesi? Quali sono le cause della loro inefficacia?
La lettura degli ordini del giorno che i dirigenti scolastici hanno direttamente o indirettamente stilato per le convocazioni degli organismi collegiali fornisce un’inequivocabile risposta: il Consiglio di Istituto e il Collegio dei docenti sono stati sistematicamente evirati. Le loro convocazioni non hanno – MAI – previsto l’assunzione delle responsabilità connesse agli adempimenti sopra trascritti, decisioni essenziali sia per la vita degli organismi, sia per dare significato alla loro esistenza, sia per favorire la partecipazione.
Come interpretare questa generalizzata insubordinazione?
La versione originaria del DDL Aprea offre la chiave interpretativa: “Il consiglio di amministrazione è presieduto dal dirigente scolastico, il quale lo convoca e ne fissa l’ordine del giorno”.
Esplicito il tentativo di degradare il genitore alla testa dell’organo strategico del SISTEMA scolastico quale rappresentante dell’utenza [famiglie-società] decretando il potere egemonico del dirigente scolastico.
Se la manovra avesse avuto successo la battaglia quarantennale sarebbe stata vinta!
In rete è consultabile “Coraggio! Organizziamo le scuole” che mostra come sarebbe oggi la scuola se i dirigenti scolastici avessero onorato il mandato ricevuto e se il Ministero avesse vigilato per accertare che il flusso dell’attività scolastica fluisse all’interno dell’alveo istituzionale.