Ius Scholae, parla una preside di una scuola di Bologna: “Un diritto negato. I miei studenti? Più bolognesi di tanti altri”

“La maggior parte dei miei alunni ha l’accento bolognese”, afferma con un sorriso Daniela Tacconi, preside dell’istituto comprensivo IC5 di Bologna, una scuola dove la multiculturalità è la norma. Nonostante l’alta percentuale di alunni stranieri, arrivata al 40% nella scuola media, la preside Tacconi non ha dubbi: lo Ius Scholae è un diritto che va riconosciuto al più presto.
“È doveroso che i bambini che vivono sul territorio frequentino la scuola del quartiere in cui abitano”, spiega, in un’intervista a La Repubblica, la preside, sottolineando come la scuola rappresenti un potente strumento di integrazione e di crescita collettiva.
L’esperienza all’IC5 dimostra che la convivenza tra culture diverse è possibile e arricchente. “Si lavora benissimo”, assicura la preside Tacconi, mettendo in luce l’impegno della scuola nel superare le barriere linguistiche e nel valorizzare le diverse culture presenti.
“Il problema della lingua si supera in fretta”, spiega la preside, grazie a programmi di alfabetizzazione mirati e al supporto dell’Università di Bologna. Ma non solo: la scuola promuove attività sportive e corsi di lingua araba aperti a tutti, creando un ambiente inclusivo dove le differenze diventano un valore aggiunto.
E proprio guardando ai suoi studenti, nati e cresciuti a Bologna, che la preside Tacconi ribadisce la necessità dello Ius Scholae: “Non posso che essere d’accordo, anche perché davvero la scuola è un’opportunità per tutti. La cittadinanza non può essere negata a chi è nato e cresciuto qui”.