Ius Scholae, Ilaris Salis (Avs): “Non punto di arrivo, ma passaggio verso eguaglianza per tutti”
“Ius Scholae e Ius Soli non sono punti di arrivo, tutt’al più possono essere dei passaggi. Quello che realmente conta è una battaglia di tutte e tutti per affermare una reale uguaglianza.”
A dichiararlo è l’europarlamentare di Avs, Ilaria Salis, che in un post su Facebook ricorda la sua esperienza come docente a Milano, in questi giorni in cui è in corso un dibattito politico sullo Ius Scholae.
“Quando lavoravo come maestra avevo classi, quasi intere, di bambini che periodicamente dovevano assentarsi per recarsi in questura a rinnovare il permesso di soggiorno. Vi rendete conto?”, scrive Salis.
“Un bambino di sei anni costretto ad andare in questura, spesso all’alba, e mettersi in fila per ricevere l’assurda concessione di poter stare nel paese dove abita, o dove magari è persino nato. Questo, oltre a tutte le altre discriminazioni che già in tenera età sono costretti a subire.
Nella civilissima Milano è capitato, a più riprese, che alcune famiglie di richiedenti asilo fossero addirittura caricate con manganelli e lacrimogeni dalla polizia mentre si trovavano, in pieno inverno, a fare la coda al freddo e al buio per i documenti.
Che dei ragazzini nati e/o cresciuti in Italia non possano vivere sereni al pari dei propri compagni è una barbarie inqualificabile.”, continua l’europarlamentare.
“Chiunque abbia un briciolo di umanità e decenza, dovrebbe scagliarsi contro chi difende un simile modello di società. È una questione di civiltà, livello base. Ma la faccenda è ben più ampia di come viene ridotta nel dibattito pubblico.
Le economie dell’Italia e dell’Europa si reggono sul lavoro di milioni di persone straniere, spesso confinate nei settori dove lo sfruttamento è più duro, i rischi per la salute maggiori e le possibilità di ascesa sociale pressoché inesistenti – agricoltura, edilizia, ristorazione, pulizia, cura.
Eppure, queste persone, non usufruiscono degli stessi diritti dei cittadini.”, dice Salis. “Diritti molto materiali, come l’accesso alla sanità, al welfare, alla formazione, la mobilità, etc. Cose banali, ma che fanno la differenza nella vita di una persona.
Dunque, anche e soprattutto questo è capitalismo razziale. Il principio da contrapporre è molto semplice: a parità di doveri, parità di diritti. Solo in una società dove il razzismo è sistemico, spesso così radicato da non percepirlo nemmeno, si può accettare una simile discriminazione codificata nella legge.”
E conclude, nel suo post Facebook: “Lo Ius Scholae, che pur scandalizza le destre peggiori, è una riforma gravemente insufficiente e rischia persino di introdurre altre discriminazioni, non tenendo conto per esempio del fenomeno della dispersione scolastica.
Pure lo Ius Soli, che è una realtà concreta non nell’Isola di Utopia ma addirittura negli Stati Uniti d’America, sarebbe troppo poco.”