ITS Academy: una scommessa vincente? In Italia soltanto l’1% su istruzione terziaria, in Svizzera il 45%. Rapporto Fondazione Agnelli

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E’ stato presentato oggi a Milano il Rapporto della Fondazione Agnelli ITS Academy: una scommessa vincente? Nati circa quindici anni fa, gli ITS – Istituti Tecnici Superiori, ribattezzati ITS Academy – Istituti Tecnologici Superiori dopo la legge di riforma prevista dal PNRR, rappresentano in questo senso il
primo tentativo davvero compiuto di dare vita a percorsi di istruzione terziaria professionalizzante, accanto a quelli più propriamente accademici, cercando di colmare il ritardo più che decennale rispetto agli altri paesi europei.

Il Rapporto è stato presentato oggi all’Università degli Studi di Milano. Matteo Turri e Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, ne hanno illustrato i principali risultati, che sono stati poi discussi da Francesca Borgonovi (OCSE), Giovanni Brugnoli (Confindustria), Brunella Reverberi (Regione Lombardia) e Arduino Salatin (Istituto Universitario Salesiano di Venezia). Il Rettore dell’Università di Milano, Elio Franzini, ha concluso i lavori.

La ricerca analizza diverse anomalie, differenze e criticità del sistema degli ITS Academy rispetto ai paesi europei presi in esame.

La popolazione degli studenti degli ITS ha dimensioni trascurabili. Mentre in Svizzera e Germania il peso dell’istruzione terziaria professionalizzante sul totale dell’istruzione terziaria supera, in termini di iscritti, il 40% – e in Francia e Spagna si colloca appena sotto il 30% – in Italia rappresenta poco più dell’1%. Nei 121 ITS italiani (dati del 2022, cresciuti a 146 nel 2023) gli studenti sono circa 25mila, quanti ne possiede un ateneo di medie dimensioni. Ogni ITS ha in media solo 180 studenti, con un forte divario territoriale: 230 studenti al Nord, 170 al Centro e 125 nel Mezzogiorno. Le limitate dimensioni sono oggi probabilmente il principale freno a uno sviluppo degli ITS in termini di rilevanza, attenzione, finanziamento e conoscenza da parte delle scuole, delle università, degli studenti potenziali utenti e dei datori di lavoro.

La legge 99/2022 e le risorse del PNRR (1,5 mld) mirano a irrobustire il sistema. La disponibilità concentrata nel tempo di tante risorse potrebbe, tuttavia, non eliminare le cause dell’attuale gracilità degli ITS (anche legate all’insufficiente struttura gestionale), con il rischio che dopo il piano straordinario di investimenti il volume di risorse statali ordinarie possa ritornare ai modesti livelli pre-pandemia, circa 50 milioni l’anno.

Mentre Francia, Svizzera e Germania vedono la compresenza di almeno e talvolta anche più di due linee di formazione terziaria professionalizzante, l’Italia ha invece scelto una sola linea, gli ITS Academy. Questa anomalia del percorso italiano rispetto ai modelli europei è correlata all’assenza di una definizione del profilo culturale e professionale del diplomato ITS, che può creare problemi di aspettative disattese tra gli studenti come tra i datori di lavoro. La ricerca evidenzia una forte eterogeneità nei profili in uscita e, di conseguenza. nell’articolazione delle attività formative.

Un altro ostacolo limita lo sviluppo degli ITS Academy: la tendenza all’isolamento, che si esprime attraverso la mancata sinergia con l’istruzione secondaria di II grado e l’istruzione terziaria universitaria. Il modesto coinvolgimento della prima danneggia soprattutto i meccanismi di orientamento alla formazione terziaria professionalizzante.

Come dimostrano gli esempi europei, le scuole secondarie superiori hanno un grande potenziale in termini di orientamento, che l’assenza di un legame organico con gli ITS Academy dissipa. Sull’altro fronte, resta una forte diffidenza tra i due binari dell’istruzione terziaria. Da un lato, le università sono poco interessate a rafforzare il carattere professionalizzante della propria offerta; dall’altro, gli ITS Academy sembrano rivendicare una vocazione tutta professionalizzante, estranea a ogni dimensione di apprendimento di conoscenze teoriche.

Gli attuali ITS – ha commentato Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli – hanno sempre cercato di stringere legami forti con il sistema produttivo circostante (in qualche caso con ottimi esiti, in altri con meno successo), molto meno con il sistema scolastico e quello universitario. A differenza di Francia e Spagna, dove le Sections de Techniciens Supérieurs (STS) e i corsi di Ciclos Formativos de Grado Superior sono direttamente incardinati negli istituti tecnici e professionali, da noi la tendenza degli ITS è di rendersi autonomi dagli istituti di provenienza degli studenti sia come infrastrutture sia come contenuti dei corsi. Oggi gli ITS appaiono come monadi, senza legami organici con il resto del sistema di istruzione: questo comporta che pochi studenti delle superiori siano a conoscenza degli ITS come possibili alternative agli studi universitari e che, inevitabilmente, il loro sviluppo proceda a passo lento. Lo stesso isolamento esiste rispetto al sistema universitario”.

Infatti, a livello nazionale, ITS Academy e università sono in capo a due ministeri differenti (rispettivamente, MIM e MUR), a svantaggio di una visione sistemica. A livello regionale, debole è in genere il coordinamento tra ITS e atenei. Anche a livello di singole istituzioni, di fatto né gli ITS né le università hanno concreti vantaggi a creare passerelle tra i due segmenti.

ITS

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