“Intelligenza Artificiale, la scuola deve affrontare il cambiamento. Vi dico come”. INTERVISTA a Daniele Biancardi

“L’intelligenza artificiale nelle scuole è un argomento delicato. È essenziale comprenderla, assimilarla e trasmetterla nel modo giusto. Utilizzarla come uno strumento preconfezionato e pronto all’uso sarebbe errato. Stiamo vivendo una vera rivoluzione digitale. Non è sufficiente seguire corsi per apprendere l’uso delle applicazioni”.
Daniele Biancardi è Esperto in Formazione, Comunicazione e Growth Hacking, social media strategist, web marketing, pensiero creativo, creazione e gestione di community, sviluppo software. Lo avevamo intervistato lo scorso anno per raccontare la sua straordinaria storia di studente, partito con il piede sbagliato a scuola e che a scuola ci è poi tornato come formatore. “Coloro che si occupano di formazione e divulgazione – avverte – hanno il compito di guidare al meglio questo cambiamento. Non si tratta di imparare a utilizzare una nuova applicazione o di seguire una moda. Qui si sta modificando tutto: l’approccio, le modalità, la visione. Potrebbe perfino cambiare il nostro modo di lavorare”. Biancardi il 25 gennaio prossimo sarà con la sua ditta al Bett di Londra nello stand di Campustore a presentare a livello internazionale i suoi prodotti. Alfred, che trasforma i monitor in Pannelli di Comunicazione
Con Alfred, puoi convertire facilmente i tuoi monitor in pannelli di comunicazione interattivi: “Questa applicazione è perfetta – spiega Biancardi – per chi vuole migliorare l’efficienza delle comunicazioni a scuola o in classe”. E ancora: GeniuSuite, una “soluzione ideale per educatori e istituzioni che vogliono sfruttare al meglio Google Workspace For Education. Questa applicazione offre una configurazione personalizzata con un focus specifico sulle esigenze scolastiche. O SkillGame, che reinventa il modo di apprendere: “Questa piattaforma – chiarisce l’intervistato – è perfetta per chi cerca un approccio dinamico e interattivo all’educazione. Il docente impara nuove competenze divertendosi e sfidando i propri studenti”.
Daniele Biancardi, lei sostiene che non dobbiamo pensare all’intelligenza artificiale (IA) a scuola come solo a uno strumento che farà un verbale al posto del docente.
“Capisco che vogliamo sempre trovare nuovi contenuti per la formazione. Certo, tutto questo serve però io credo che prima di raccontare qualsiasi cosa sulla IA o su che cosa si possa fare con la IA occorrerebbe tenere presente che in questo periodo storico noi stiamo rivivendo una sorta di seconda rivoluzione industriale perché il fenomeno sta cambiando tantissime cose, sta modificando i modi di pensare e di elaborare, Cambia l’approccio alle informazioni, alla ricerca, allo studio. Verrà tutto stravolto”
Non manca la diversità di vedute sul punto
“E’ proprio questo il punto. Quando ci sono pareri discordanti sulle innovazioni, allora vuol proprio dire che stiamo vivendo una vera rivoluzione. C’è chi dice che è utile, c’è chi sostiene che no, che non è utile e che addirittura ruberà il lavoro. Anche tra i tanti guru del settore ci sono pareri discordanti sulla utilità e sulla pericolosità ma allora – e insisto – vuol dire che stiamo vivendo una rivoluzione autentica, altrimenti avremmo tutti un punto di incontro. Dev’essere chiaro a tutti: stiamo vivendo una trasformazione che cambierà anzi sta cambiando molte metriche e non solo nel campo dell’education ma anche in molti altri settori”
E la scuola?
“La scuola secondo me in questo momento deve assolutamente affrontare questo, ennesimo, nuovo cambiamento. Dal mio punto di vista abbiamo poche informazioni sulla IA. Per noi la IA in questo momento è una Ferrari. Abbiamo in mano una Ferrari. Dopo di che corriamo all’ufficio dell’autoscuola prendere la patente. In questo momento ci troviamo in questa situazione”.
Secondo lei, cosa occorrerebbe fare, in questo momento?
“In questo periodo la prima cosa che va fatta è la divulgazione ma non per lo scopo che voglio raggiungere con la IA, ma per che cosa si potrebbe fare, a cosa potrebbe essere utile la IA al mondo della scuola. Dovremmo avere dei casi studio per capire lo strumento”.
Casi studio?
“La IA va raccontata. Non è uno strumento che io docente posso usare di punto in bianco nella didattica o nel mio lavoro didattico quotidiano. E c’è un’altra questione fondamentale che a mio avviso va affrontata e cioè il divario generazionale tra gli insegnanti e gli utenti della scuola, che molto probabilmente la stanno usando”.
Gli studenti stanno usando la IA a scuola?
“Ma è palese che loro la stiano usando loro. La ChatGPT è uno strumento come tanti e ormai l’uso è semplicissimo. È uno strumento che usa una miriade di dati e cerca di darti la risposta statisticamente migliore al quesito o al problema posti. In questo momento chi è favorito? Chi non ha troppi preconcetti è lo studente, mentre noi, docenti, formatori e divulgatori, ci poniamo dei quesiti che hanno dei temi fondati. Non è dunque tanto importante dire a un docente come fare una relazione con la IA perché tra l’altro lo può chiedere lui stesso a ChatGPT: quale tono posso usare nella relazione, mi dai una mano? Per capire come scrivere un verbale lo si può chiedere direttamente a ChatGPT. Nel mondo della scuola, insomma, il problema non è tanto come utilizzare la IA ma cerchiamo di conoscere insieme la IA”.
Come?
“Cercando di divulgare.
Vada avanti
“Vede, il nostro compito è di portare contenuti di valore che possano aiutare le persone a comprenderne l’entità dell’argomento. Conosciuta l’entità di quella cosa lì allora possiamo fare formazione sugli strumenti. Non è uno strumento grafico: stiamo parlando di qualcosa di più complesso che potrebbe alterare quelli che sono i risultati del mondo dell’istruzione. Magari ce ne accorgiamo, tutte le volte che uno studente solitamente non bravo, all’improvviso fa dei temi straordinari”.
Siamo o non siamo pronti, a scuola, a usare l’intelligenza artificiale?
“Non siamo ancora pronti per usufruire di questa IA. Prima bisogna conoscerla appieno e solo poi, quando avremo le basi certo non ingegneristiche ma le informazioni che ci consentono di stabilire una misura, secondo me si può usufruire della IA. Io so che qualcosa è utile quando ne ho una misura. Di per sé, se vado a utilizzare uno strumento senza capire il reale scopo che posso conseguire a scuola, posso fare male, specie se chi come noi che fa formazione vede solo una possibilità di vendita di formazione: ma in che modo si sta facendo questa formazione? Io penso che prima di questo ci voglia la parte divulgativa, più legata alla conoscenza e questo si può fare contestualizzando la IA in casi di uso reali, portando esempi su esempi”.
Andiamo sul pratico: come?
“Portando persone che la Ia la stanno vivendo da anni. Portando persone del settore anche industriale e farli calare nel settore. Senza fare un discorso tecnico ma facendo piuttosto un discorso su che cos’è la IA. Io sto facendo questo: a febbraio e marzo arriveranno due figure che racconteranno l’intelligenza artificiale per stabilire una linea di partenza su qualcosa di conosciuto. Quando l’argomento è più grande di noi occorre fare rete e segnalo che intanto, nell’ultimo anno, la IA è stata rilasciata a uso comune delle persone”.
Consigli?
“Nella pratica occorre fare dei corsi. Occorre assolutamente ricercare e trovare gruppi del settore che parlino di queste cose. Io per esempio ho creato una Comunity Whapp su Al For Education per divulgare. Quello che facciamo sono atti divulgativi, ci piace portare contenuti che possono portare un valore a un docente”.
Cosa non va secondo lei nelle scuole, su questo tema quasi scabroso dell’avvento della IA?
“Più che dire cosa non va, c’è da dire che nella scuola siamo partiti con il piede sbagliato: non dobbiamo partire dallo strumento che utilizza la IA ma dobbiamo capire come funziona la IA attraverso gli strumenti e questo lo possiamo fare attraverso dei casi di studio”
Cioè?
“I casi di studio sono casi con persone che hanno portato l’intelligenza in Italia, che la stanno usando da anni e che ci possono dare degli esempi pratici. Tuttavia, non tanto sugli strumenti ma sulla funzione: a che cosa serve la IA e a che cosa ci può essere utile e su come potrebbe influire in maniera positiva e anche negativa sul mondo della scuola? Quel che dobbiamo avere ora sono le basi per valutare l’utilità dell’intelligenza artificiale: come concetto più grande non abbiamo la possibilità di dire è utile o no o se creerà un danno a scuola. Non lo si sa ed è proprio questo che bisognerebbe indagare”.
Insomma, altro che uso dell’intelligenza artificiale per redigere un verbale…
“A che serve capire come si può fare un verbale quando invece servirebbe in questo caso avere una presa di coscienza sua questa nuova rivoluzione?”
Pare di capire quindi che siamo di fronte a un cambio di paradigmi. Stiamo volando da tempo con la mongolfiera ma quasi all’improvviso si sono presentati i fratelli Wright che vogliono far volare le persone a bordo di aerei. Dunque, prima di salire a bordo dei nuovi velivoli occorre sapere che cosa siano e dove possono arrivare questi aerei. E’ un po’ una cosa così?
“E’ proprio così. Siamo all’interno di un grandissimo cambio di paradigmi. Allora non capisci subito l’essenzialità della IA, come potrebbe capitare a uno studente. Se noi non abbiamo le basi per valutare lo strumento, quale sarà il riflesso? Il riflesso sarà che gli studenti continueranno a usare la IA e noi diremo che non serve a nulla. Ma sarebbe un’arma a sfavore perché perderemmo l’occasione di conoscere l’innovazione. Occorre invece creare le basi per conoscere lo strumento affinché anche in classe si possa raccontare, si possano guidare gli strumenti in una gestione. Ad esempio: tu conosci l’effetto che può creare l’abuso di alcol e quindi per farne un uso consapevole non devi aver bevuto sette birre per poi dire che fa male: lo sappiamo già. Sulla IA non abbiamo conoscenze e in classe non abbiamo nessuno strumento valutativo per far capire”.
Che fare?
“Quel che si deve fare a scuola sulla IA sono formazione e un po’ di informazione. Ci saranno insegnanti più propensi al suo utilizzo e lo stanno già facendo. Altri no. I docenti peraltro sono tantissimi. Non occorre diventare guru della IA ma se la IA diventa quotidiana nel mondo della scuola quanto meno è giusto avere la giusta informazione. Sulla dannosità non possiamo dire nulla. Ci dicono che dobbiamo bere un litro e mezzo di acqua al giorno, se bevo quattro litri anche l’acqua fa male. Anche internet, se si usa troppo, fa male, ma se si usa nella giusta misura può essere utile come tutto il resto. Ma il giusto utilizzo richiede la giusta conoscenza anche dei limiti. E quindi tutto si basa su questo: una cosa fa bene quando la conosciamo al meglio. Allora e solo allora potremo mettere dei paletti. Sette mesi fa nessuno ne parlava: come faccio a parlare oggi a scuola dell’utilità di uno strumento quasi sconosciuto a scuola? Prima magari è meglio conoscerlo. Non le pare?”.