Insegnanti di ruolo, supplenti e alunni espulsi dalla scuola. Giornata della Memoria, un libro emozionante sulle leggi razziali
“Nell’archivio della Corte dei Conti – racconta l’autore – abbiamo rinvenuto i nomi dei docenti di ruolo. I nomi dei supplenti invece li abbiamo rinvenuti in quello della comunità ebraica”.
Discriminazione nella discriminazione, verrebbe quasi da dire, leggendo il volume intitolato “Espulsi e licenziati: alunni e docenti delle scuole modenesi e le leggi razziali del 1938”, scritto da Gino Malaguti, professore ed ex provveditore agli studi di Modena, oggi in pensione, dal fratello Giorgio Malaguti e da Barbara Previato, docente di Italiano e Storia all’Istituto tecnico industriale Corni di Modena. Il libro sarà presentato oggi alle ore 12, presso l’Auditorio della sede Leonardo da Vinci dell’ITIS Fermo Corni di Modena con la partecipazione diretta di prefattori e autori, ed è stato prenotato per una presentazione in molte scuole nella settimana della Memoria che ogni anno a gennaio raccoglie milioni di studenti a riflettere su un passato di cui certo non si va fieri ma che pure non va dimenticati. Un passato che parla di discriminazioni inaudite, di espulsioni, di epurazioni, di censura.
Invece che censura la chiamavano “Bonifica libraria di autori ebrei non graditi in Italia”. La censura fascista degli anni ‘30 colpiva gli autori ebrei e finiva per colpire anche i libri dal contenuto prettamente tecnico, come i libri di Mario Donati sulle trasfusioni di sangue e quelli dell’avvocato Friedman sui consorzi di cooperative solo perché scritti da quegli stessi autori. Storia di una discriminazione di cui l’Italia non va fiera, si diceva, e che torna alla memoria ogni volta che ci si avvicina alla giornata della Memoria. Discriminazione che colpì gli uomini di cultura e che non risparmiò i luoghi sacri della cultura, dell’istruzione, del sapere. Come la scuola e l’Università. E allora la storia della censura degli autori non graditi s’intreccia con quella degli insegnanti espulsi dalla scuola perché ebrei. La storia di tanti maestri e professori, di ruolo e supplenti, e di alunni ebrei modenesi, che il regime fascista allontanò dalle nostre aule in ossequio alle leggi razziali emerge con crudezza dalle pagine del volume. La ricerca è stata condotta per conto del Centro Studi Storici Nonantolani e dall’Archivio Abbaziale di Nonantola e pubblicato dall’editore “Il Fiorino” e si propone di vedere da vicino uno specifico e rilevante aspetto del razzismo fascista nella convinzione che ciò possa risultare utile a una riflessione critica sui sistemi totalitari e sulla violenza contro una minoranza.
Il volume approfondisce il tema della espulsione degli alunni e del licenziamento dei docenti ebrei delle scuole modenesi a causa delle infauste leggi razziali del 1938. È uno studio settoriale che riguarda la provincia di Modena dove, come nel resto del Paese, con la discriminazione iniziò una persecuzione contro i diritti e la vita sociale degli ebrei. Le conseguenze morali e materiali di questa persecuzione ricaddero praticamente su tutte le famiglie della comunità ebraica modenese. I numerosi dati e nomi riportati nel libro confermano l’inaspettato numero di ebrei modenesi colpiti dalle leggi razziali fra l’indifferenza della maggior parte della popolazione. Nel contempo non va dimenticata l’azione di protezione e di soccorso da parte di semplici cittadini, istituzioni e sacerdoti cattolici, funzionari pubblici. “Il volume – spiega Gino Malaguti – è nato a seguito di una ricerca che abbiamo condotto assieme alla professoressa Barbara Previato su due docenti che insegnavano all’Iti “Corni”, dove insegna oggi lei, e licenziate perché ebree. Erano le professoresse Roscena e Mantovani. Abbiamo iniziato la ricerca negli archivi dell’Istituto Corni, poi abbiamo allargato la conoscenza a quello che è successo nelle scuole elementari e all’università. Abbiamo trovato molto materiale nell’Archivio di Stato e nell’archivio della comunità ebraica e negli archivi dell’istituto tecnico Barozzi, in quello del liceo scientifico Tassoni e in altri. Per le elementari abbiamo reperito molto nell’archivio ebraico”.
La ricerca si articola in alcuni capitoli: le Leggi Razziali del 1938 – dall’inizio della campagna antisemita all’adozione dei Regi Decreti legislativi, i docenti licenziati e gli alunni espulsi – dalle scuole elementari all’Università, le narrazioni e le biografie di docenti e allievi, la fascistizzazione dell’Università, la censura e bonifica libraria di autori ebrei. Il libro è preceduto da tre presentazioni: quella del rabbino di Modena e Reggio Emilia, Beniamino Goldstein, quella del sindaco e quella dell’arcivescovo modenesi. Goldstein scrive: “Riflettendo sul rapporto tra gli ebrei e la Shoà in Italia possiamo notare una diversità di vedute fra gli ebrei italiani e gli altri ebrei che, prima, durante e dopo la guerra passarono per l’Italia o ebbero a che fare con le autorità italiane. L’Italia fu l’unico paese che sistematicamente seguì la Germania nazista nell’emanazione di leggi razziali e nel perseguimento di una campagna antiebraica che colpiva gli ebrei nel loro legame con lo Stato e con la popolazione, trasformandoli in paria. Gli ebrei italiani subirono questi provvedimenti con sgomento e stupore oltre che con grande dolore”. Il sindaco di Modena Giancarlo Muzzarelli spiega: “Sono passati oltre ottanta anni dall’approvazione delle leggi razziali da parte del fascismo, ma ancora oggi il veleno del razzismo continua ad insinuarsi nelle fratture della società. Nei momenti di instabilità economica, e non solo, il desiderio di un nemico a cui addossare ogni colpa è sempre forte e c’è sempre qualcuno che vuole approfittarsene. Facciamo nostro l’ammonimento di Primo Levi di non togliere mai il segnalibro della memoria dalla pagina dell’Olocausto.” L’Arcivescovo Abate di Modena e Nonantola, Erio Castellucci, scrive che “non a caso l’ambito dell’educazione e dell’istruzione è stato uno dei più colpiti, anzi si direbbe il bersaglio preferito delle leggi razziali, o più esattamente delle leggi per la difesa della razza promulgate a partire dal 1938. Il campo dell’istruzione è dominato proprio dalla parola. E la dittatura comincia non a caso dallo stravolgimento delle parole. … e sarebbe stolto dimenticare l’ennesimo insegnamento di questa inascoltata magistra vitae che è la Storia: dimenticare cioè che si passi facilmente dalla violenza sulle parole alla violenza sui libri e poi sulle persone, fino a decretare la cancellazione degli stessi nomi.”
“ Nell’archivio della Corte dei Conti – racconta l’ex Provveditore Gino Malaguti – abbiamo rinvenuto i nomi dei docenti di ruolo. I nomi dei supplenti invece li abbiamo rinvenuti in quello della comunità ebraica. Il regime usava delle parole edulcorate – espulse, licenziate – ma la realtà è che chi proveniva da famiglie benestanti se la cavava in qualche modo, chi invece viveva del proprio stipendio andava in pensione, ma era bassa perché la carriera era troncata a metà, e si cadeva in povertà”. Venendo al contenuto della ricerca, Malaguti ricorda che “il lavoro è stato quello di verificare quali alunni siano stati espulsi. Abbiamo verificato che la comunità ebraica istituì una scuola paterna, sotto la responsabilità del padre. Fino al ‘43 due scuolette erano frequentate da alunni che poi sostenevano gli esami nelle scuole statali da privatisti. Andavano molto bene perché frequentavano una scuola religiosa e quindi a 4 o 5 anni sapevano già leggere e scrivere e sapevano a memoria brani della Bibbia e prendevano dei bei voti, mentre gli altri restavano un po’ indietro. Facevano spesso l’esame di ammissione al terzo anno, con tre anni in uno. Uno di questi studenti era Arrigo Levi, che in tre anni ha preso la maturità scientifica al liceo scientifico Tassoni, andava avanti di due anni in uno. Devo dire che al Tassoni abbiamo trovato tanta passione nell’aiutarci nella ricerca”. L’epurazione non risparmiò il nostro Ateneo. “All’università – prosegue l’ex Provveditore – ci furono quattordici docenti licenziati, alcuni cattedratici, alcuni aiuti, altri erano assistenti volontari. I docenti elementari e medi una ventina, gli alunni espulsi dalla scuola venticinque. Ricordo la famiglia dell’avvocato Enzo Levi, una famiglia liberale che organizzò con l’aiuto della Chiesa l’emigrazione in Argentina, altri andarono in svizzera. C’era poi il problema delle famiglie miste. I figli non erano ebrei puri e se riuscivano ad avere un certificato di battesimo vecchiotto erano esclusi dalla discriminazione. Per altri versi, censurarono tanti autori e i loro libri anche se di natura tecnica”. Dalla discriminazione di allora, alla memoria dell’oggi. Un onere per tutti, un onere ancora più cogente per le nostre scuole, che si apprestano a riunire i propri studenti attorno a un pensiero che non si deve allentare. Alcune scuole hanno infatti già chiesto la presentazione del volume.