Insegnamento dell’IA a scuola: per alcuni è uno schifo e per altri non si può insegnare all’acqua di rose

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Il tema dell’intelligenza artificiale è senz’altro tra quelli più sentiti dalla rete poiché interessa trasversalmente tutti gli ambiti della società: lavorativo, educativo, sanitario, giuridico, culturale e quello della sicurezza, giusto per citarne alcuni. Persino Leone XIV, il neo-papa eletto al soglio di Pietro la scorsa settimana, ha spiegato come la scelta del proprio nome sia strettamente connessa alla rivoluzione industriale dei nostri tempi e alle sfide da essa rappresentata: quella digitale e dell’intelligenza artificiale. Recentemente, la deputata di Forza Italia Chiara Tenerini ha presentato un nuovo disegno di legge che propone l’introduzione dell’intelligenza artificiale nei programmi scolastici: un’ora settimanale nelle scuole secondarie di primo e secondo grado con l’ausilio di esperti che affiancheranno gli insegnanti delle materie scientifiche. Ma come hanno reagito i cittadini dinanzi a questa proposta?

I commenti espressi dagli utenti rivelano posizioni piuttosto variegate. Alcuni di essi hanno accolto favorevolmente la proposta, sottolineando che tale insegnamento si rivelerebbe necessario alla luce dell’ampia diffusione dell’intelligenza artificiale. C’è anche chi, come Elisabetta, propone ironicamente che Chat GPT diventi al contempo oggetto di studio e insegnante, mentre Marco commenta con un lapidario “ogni tanto una buona notizia”.

Ma non tutti apprezzano l’iniziativa, anzi, c’è chi critica a spron battuto la proposta. Alcuni utenti parlano di “schifo”, Marco invece usa l’aggettivo “vomitevole” per esprime la sua contrarietà. Ci sono poi coloro che si interrogano su “dove andremo a finire”, sollevando critiche ad un sistema scolastico sempre più in difficoltà, mentre altri, come David, sostengono che le scuole attendono per settimane le risme di carta e i toner delle stampanti e conclude con un laconico “…altro che intelligenza artificiale”.

Tra i due gruppi si collocano i possibilisti, cioè coloro che sarebbero d’accordo con l’iniziativa ma che intravedono ostacoli non facili da superare. Nel caso di Paolo, uno dei problemi riguarda il basso livello d’istruzione degli studenti: “Per insegnare e studiare l’IA servono competenze matematiche, prima ancora che informatiche. Ora mi chiedo dove si voglia arrivare, dato un livello sempre più basso degli studenti in questa disciplina. Perché, se si pensa di insegnare l’IA all’acqua di rose, fornendo degli esempi di utilizzo, i ragazzi sono già diventati espertissimi da soli”. Per Marialuisa, invece, il problema sarebbe la scarsa competenza degli insegnanti.

Romina, d’altro canto, ritiene necessario dare questi insegnamenti ai giovani e sostiene che alcune scuole lo stiano già facendo, sebbene ne contesti l’esiguo spazio orario concesso che, a suo avviso, richiama la stessa marginalità data all’educazione civica. Per Yuri, invece, si tratterebbe di una grande stupidaggine: “Da docente di scienze e tecnologie informatiche la reputo una grande baggianata, ma che significa un’ora di intelligenza artificiale? Prima dobbiamo creare le basi, tramite lo sviluppo del pensiero computazionale, della logica e della matematica, poi è tutta una conseguenza”. Gli fa eco Luca quando ammette che: “la nostra disciplina non è compresa e per arrivare a capire l’IA servono anni di studio…a scuola ci vogliono ridurre a semplici esecutori“.

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