Incompatibilità con attività professionale, chiedere autorizzazione al Dirigente. Rischio danno erariale

Se un libero professionista svolge l’attività professionale non richiedendo l’autorizzazione a scuola, commette danno erariale? Si tratta di questioni affrontate puntualmente dalla Corte dei Conti che vedono oramai i propri orientamenti essere consolidati con condanne difficilmente evitabili che possono comportare dei rimborsi importanti da parte del personale interessato.
Il fatto
Un docente in uno specifico contesto temporale ha affiancato alla prestazione di pubblico impiego di docente l’espletamento di un’attività libero professionale di ingegnere in favore di diversi soggetti privati. Il danno erariale contestato dall’organo requirente ha riguardato il mancato riversamento della somma di oltre 100 mila euro percepita a fronte delle attività professionali rese in assenza di autorizzazione datoriale. Il mancato riversamento avrebbe costituito pregiudizio erariale ex art.53, comma 7, d.lgs. n. 165/2001.
Il quadro normativo
Il quadro normativo di riferimento, rileva la Corte dei Conti, è costituito in generale per il comparto del pubblico impiego, dall’art.53, D.Lgs. n.165/2001 (norma invero ricognitiva dell’abrogato art.58, D.Lgs. n.29/1993, come modificato dall’art.26, D.Lgs. n.80/1998), che ha previsto stringenti limitazioni normative all’esercizio, in costanza di rapporto lavorativo pubblico a tempo pieno, dell’attività professionale esterna – in particolare l’obbligo della preventiva autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza per l’espletamento dell’attività extra moenia (con esclusione delle specifiche attività indicate dal comma 6, segnatamente la collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; l’utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali; la partecipazione a convegni e seminari; incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita; attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché di docenza e di ricerca scientifica) – e ha ricollegato allo svolgimento dell’illegittima attività esterna un obbligo di riversamento in favore dell’amministrazione dell’intero ammontare dei compensi percepiti (comma 7).
L’obbligo della preventiva autorizzazione è previsto anche dal T. U. della scuola
L’obbligo della preventiva autorizzazione per lo svolgimento dell’attività professionale risulta,come evidenziano i giudici nella Sent. n. 195/22 della Corte dei Conti per la Lombardia, in commento, inoltre previsto dall’art.508, comma 15, del D.Lgs. n.297/1994 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), a mente del quale “Al personale docente è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio”.
Il regime pubblico è connotato da uno stringente regime di incompatibilità
Può essere affermato in termini generali, conclude la Corte, che i divieti e le sanzioni previste dalle richiamate disposizioni legislative rimarcano la peculiarità del lavoro pubblico, il quale, a differenza di quello privato, è caratterizzato da uno stringente regime di incompatibilità, che condiziona la possibilità di svolgere attività lavorative esterne (fermi restando i casi di divieto assoluto previsti dagli articoli 60 e seguenti del D.P.R. n.3/1957) ad un apposito provvedimento autorizzativo dal datore di lavoro e limita l’esercizio di attività senza previa autorizzazione a quelle espressamente previste in via derogatoria. Il principio generale che governa l’intera materia è quello secondo cui la prestazione lavorativa in favore del datore di lavoro pubblico assume il connotato dell’esclusività (art.98 Cost.), finalizzato ad assicurare il buon andamento dell’amministrazione tramite la salvaguardia delle energie del lavoratore e della sua indipendenza (art.97 Cost.). I richiamati principi costituiscono ius receptum nella giurisprudenza del Giudice Contabile (cfr., Corte dei conti, Sez. I° App., n. 457/2021; id., n.80/2017; id., Sez. Lombardia, n.352/2021; id. n.54/2015; id., Sez. Toscana, n.159/2014; id., Sez. Marche, n.83/2014; id. Sez. Calabria, n.161/2013).