Inclusione scolastica, Ianes: “Serve a un cambiamento strutturale: il docente di sostegno diventi docente curriculare”

“È necessaria un’azione radicale: abolire il docente di sostegno e farlo diventare un docente curricolare nell’organico dell’autonomia della scuola”. Con queste parole Dario Ianes, docente di pedagogia all’Università di Bolzano e co-fondatore del Centro Studi Erikson, propone una trasformazione sostanziale nell’approccio al tema dell’inclusione, integrando le competenze specialistiche all’interno del corpo docente curriculare.
L’obiettivo è formare insegnanti capaci di personalizzare le attività educative, adattandole ai bisogni di ciascun alunno. In quest’ottica, i docenti specializzati dovrebbero diventare una sorta di consulenti interni alle scuole, con il compito di supervisionare e sostenere le pratiche inclusive. “I più bravi tra loro – spiega, infatti, Ianes in un’intervista a Il Riformista – potrebbero diventare esperti e supervisori, essere chiamati ad affiancare sul campo i colleghi delle discipline nel personalizzare effettivamente la proposta didattica, cosa che non accade quasi mai”.
Le strategie per l’inclusione e le equipe sociopedagogiche
Tra le strategie suggerite, Ianes indica l’utilizzo del job shadowing e del job engagement per valorizzare la formazione sul campo e incrementare l’efficacia dell’insegnamento personalizzato. In parallelo, la creazione di equipe socio-pedagogiche rispondeva già nel 1977 alla necessità di supportare gli studenti in difficoltà. Tuttavia, queste pratiche faticano a tradursi in una struttura stabile e riconosciuta all’interno del sistema scolastico. “Del resto – prosegue il prof. Ianes – già la legge 517/1977 chiedeva di immettere nella scuola insegnanti specializzati sul sostegno ed equipe sociopedagogiche: i primi ci sono, ma queste ultime non si sono mai viste”.
Il ruolo centrale della formazione
L’elemento cruciale, secondo Ianes, per costruire processi inclusivi efficaci all’interno della scuola risiede nella formazione degli insegnanti. Attualmente, mentre i docenti della scuola primaria devono seguire un percorso universitario quinquennale, quelli della secondaria possono accedere all’insegnamento con una preparazione limitata sul piano pedagogico e metodologico “per non turbare – critica il professore – l’idea gentiliana secondo cui il possesso di una materia è ciò che davvero basta per poterla insegnare”.
Il sostegno come figura precaria
L’idea di Ianes di abolire la figura dell’insegnante di sostegno per integrarla negli organici dell’autonomia dipende dall’analisi della condizione di precarietà che vive, oggi, l’insegnante di sostegno, pur avendo un ruolo chiave nell’integrazione scolastica. La sua presenza dipende dal numero di alunni con disabilità certificata e non si integra stabilmente nell’organico scolastico. Questa instabilità, spiega il professore, penalizza la figura e ostacola una progettualità didattica duratura.
Da qui la necessità dell’azione radicale: superare il sostegno come figura separata e proporre una didattica inclusiva strutturata. Un approccio inclusivo, secondo Ianes, richiede una didattica cooperativa e laboratoriale. “L’inclusione – conclude – conviene a tutti, se fatta bene. Se noi organizziamo una didattica cooperativa, laboratoriale, articolando il lavoro e differenziando i livelli, anche gli studenti più capaci saranno valorizzati in questa prospettiva, mentre il ragazzo con disabilità svolgerà compiti semplificati con un progetto su misura per lui”.
E così questa modalità permetterebbe di differenziare i livelli di apprendimento, coinvolgendo attivamente sia gli studenti con disabilità sia quelli con capacità avanzate. Ogni studente riceverebbe una proposta didattica calibrata, che consenta di valorizzare le competenze individuali all’interno di un progetto comune.