Inclusione e il “Protocollo degli alunni adottati”. Scaricalo gratis. Con modello raccolta dati

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Le “Linee di indirizzo per favorire il diritto allo studio degli alunni adottati” del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la partecipazione, del Ministero dell’Istruzione, di fatto forniscono dettagliati elementi valutativi per l’inclusione avente come protagonisti questi soggetti fragili della formazione italiana.

I minori adottati: tutele e inclusione

La presenza dei minori adottati nelle scuole italiane è divenuta negli ultimi anni un fenomeno numericamente rilevante. In molti casi, principalmente per i bambini adottati internazionalmente, il tema del raffronto con il mondo della scuola si posa in maniera urgente perché molti di loro vengono adottati in età scolare o comunque prossima ai 6 anni.

Necessita valutare che alla condizione adottiva non corrisponde un’uniformità di situazioni, e quindi di bisogni, e che i bambini adottati possono essere portatori di condizioni molto differenti che, se poste lungo un continuum, possono andare da un estremo di alta problematicità ad un altro di pieno e positivo adattamento.

È sicuro che all’essere adottato siano congiunti alcuni fattori di rischio e di debolezza che devono essere conosciuti e considerati, al fine di strutturare una metodologia di accoglienza scolastica in grado di garantire il benessere di questi alunni sin dalle prime fasi di ingresso in classe, nella convinzione che un buon avvio sia la migliore premessa per una positiva esperienza scolastica negli anni a venire. In questo senso è necessario che la scuola sia preparata all’accoglienza dei minori adottati in Italia e all’estero e costruisca strumenti utili, non solo per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, ma anche didattico e relazionale, a beneficio dei bambini, dei ragazzi e delle loro famiglie. Naturalmente prassi e strumenti adeguati dovranno essere garantiti anche nelle fasi successive all’inserimento, con particolare attenzione ai passaggi da un ordine di scuola all’altro.

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

1983 Legge 184 del 4 maggio: “Diritto del minore a una famiglia

1993 Convenzione dell’Aja 29 1993 – maggio: “Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale”

1998 Legge 476 del 31 dicembre: ratifica la Convenzione dell’Aja e Istituisce un organismo nazionale di riferimento e di controllo delle adozioni internazionali

2001 Legge 149 del 28 marzo: Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori Normativa di riferimento 2011 – MIUR, Gruppo di lavoro scuola-adozione

2012 giugno: MIUR, nota rivolta a tutti gli USR

2013 marzo: Protocollo di intesa MIUR – CARE (Coordinamento nazionale di 28 Associazioni adottive e affidatarie in Rete)

2014 Nota MIUR – 547 del 21 febbraio Deroga all’obbligo scolastico alunni adottati

2014 dicembre: MIUR, Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati

2015 Legge 107 del 13 luglio: Le Linee guida entrano nella Legge sulla Scuola.

Le aree critiche

Nello specifico, si evidenzia, in un numero significativo di bambini adottati, la presenza di aree critiche che devono essere attentamente considerate. Di seguito si propone un’elencazione delle maggiori peculiarità che possono presentarsi, ricordando nuovamente che esse non sono sempre presenti né, tanto meno, lo sono in egual misura in tutti i soggetti.

Difficoltà di apprendimento

Vari sono gli studi che si sono occupati della presenza, tra i bambini adottati, di una percentuale di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) superiore a quella mediamente presente tra i coetanei non adottati.

È da sottolineare che, tuttavia, pur in assenza di disturbo specifico dell’apprendimento, a causa di una pluralità di situazioni di criticità, quali i danni da esposizione prenatale a droghe o alcol, l’istituzionalizzazione precoce, l’assunzione di psicofarmaci durante la permanenza in istituto, l’incuria e la deprivazione subite, l’abuso, il vissuto traumatico dell’abbandono, molti bambini adottati possono presentare problematiche nella sfera psico-emotiva e cognitiva tali da interferire sensibilmente con le capacità di apprendimento (in particolare con le capacità che ci si aspetterebbe in base all’età anagrafica). Tali difficoltà possono manifestarsi con deficit nella concentrazione, nell’attenzione, nella memorizzazione, nella produzione verbale e scritta, in alcune funzioni logiche.

Difficoltà psico-emotive

Le esperienze sfavorevoli nel periodo precedente l’adozione possono, quindi, determinare in molti casi conseguenze negative relativamente alla capacità di controllare ed esprimere le proprie emozioni. La difficoltà nel tollerare le frustrazioni, i comportamenti aggressivi, il mancato rispetto delle regole, le provocazioni, l’incontenibile bisogno di attenzione, sono solo alcune delle manifestazioni evidenti di un disagio interiore che può pervadere molti bambini. La mancanza di figure di riferimento stabili e capaci di offrire adeguate relazioni di attaccamento può causare un senso d’insicurezza rispetto al proprio valore e di vulnerabilità nel rapporto con gli altri, portando il bambino a costruire una rappresentazione di sé come soggetto indesiderabile, nonché dell’ambiente come ostile e pericoloso. Il bisogno di sentirsi amati, di percepire la considerazione degli altri, il timore di essere rifiutati e nuovamente abbandonati, la rabbia e il dolore per quanto subito, sono i vissuti che albergano nell’animo di molti bambini rendendo loro difficile gestire con equilibrio e competenza le relazioni con adulti e coetanei. Questi bambini hanno bisogno solitamente di tempi medio-lunghi per acquisire modalità di relazione adeguate, imparando a riconoscere ed esprimere correttamente le proprie emozioni. Si tratta di un percorso impegnativo che deve essere tenuto nella giusta considerazione, soprattutto per quei bambini che sono adottati in età scolare ed iniziano il loro percorso scolastico quasi in concomitanza con l’inserimento nella nuova famiglia.

Bambini segnalati con bisogni speciali o particolari

Negli ultimi anni sono andate significativamente aumentando le cosiddette “adozioni di bambini con bisogni speciali” (special needs adoption).

Con questa definizione, in senso ampio, ci si riferisce alle adozioni:

  • di due o più minori;
  • di bambini di sette o più anni di età;
  • di bambini con significative problematiche di salute o di disabilità;
  • di bambini reduci da esperienze particolarmente difficili e/o traumatiche.

Queste ultime due tipologie assumono particolare rilevanza in relazione all’inserimento e alla frequenza scolastica.

Infatti, come si potrà ben comprendere, questi bambini possono più facilmente presentare specifiche problematiche sul piano degli apprendimenti e dell’adattamento al contesto scolastico. Va inoltre segnalato che il dato globale, anche per la sola salute, è sottostimato.

Spesso nelle cartelle cliniche appaiono i sintomi piuttosto che le diagnosi e i diversi Paesi hanno standard valutativi differenti. Infine, in alcuni casi, i dossier medici sono carenti o insufficienti e alcune situazioni possono essere verificate o accertate solo dopo l’arrivo in Italia.

Italiano come L2

L’esperienza indica come, generalmente, i bambini adottati internazionalmente apprendano velocemente il vocabolario di base dell’italiano e le espressioni quotidiane utilizzate nelle conversazioni comuni (le cosiddette “basic interpersonal communicative skills”). Il linguaggio più astratto, necessario per l’apprendimento scolastico avanzato (le cosiddette “cognitive/academic linguistic abilities”, costituite da conoscenze grammaticali e sintattiche complesse e da un vocabolario ampio), viene invece appreso molto più lentamente. Secondo l’esperienza e gli studi in materia, i bambini adottati internazionalmente spesso presentano difficoltà non tanto nell’imparare a “leggere”, quanto nel comprendere il testo letto o nell’esporre i contenuti appresi, mentre più avanti negli studi possono incontrare serie difficoltà. Inoltre, la modalità di apprendimento della lingua non è “additiva” (la nuova lingua si aggiunge alla precedente), come nel caso degli immigrati, bensì “sottrattiva” (la nuova lingua sostituisce la precedente), e implica pertanto maggiori difficoltà che in alcuni momenti possono portare a sentirsi “privi di vocaboli per esprimersi”, provocando rabbia ed una gamma di emozioni negative che possono diventare di disturbo all’apprendimento scolastico.

Identità etnica

Un altro aspetto rilevante che caratterizza la condizione di molti bambini adottati, sia in Italia sia all’estero, è quello di essere nati da persone di diversa etnia e, in molti casi, di avere tratti somatici tipici e riconoscibili. Per questi bambini si pone il compito di integrare l’originaria appartenenza etnico-culturale con quella della famiglia adottiva e del nuovo contesto di vita. Si tratta di un compito impegnativo che può assorbire molte energie cognitive ed emotive. Il bambino adottato è, dal momento dell’adozione, cittadino italiano a tutti gli effetti e totale legittimazione gli è dovuta dall’ambiente che lo accoglie, senza, per altro, imporgli alcuna rimozione delle sue radici e della sua storia. Nel nostro Paese tuttavia, ancora oggi, spesso scatta automatico il criterio di considerare straniero chi è somaticamente differente: la scuola è quindi chiamata a svolgere un ruolo importante nel far crescere la consapevolezza che ci sono molti italiani con caratteristiche somatiche tipiche di altre aree geografiche. In questo senso, la presenza in classe di alunni adottati è un valore aggiunto nel processo di inclusione e di accettazione delle diversità.

La documentazione

Iscrizione

Successivamente alla presentazione della domanda di iscrizione, sia online sia in corso d’anno, la segreteria scolastica richiede alla famiglia copia dei documenti previsti dalla normativa. Tuttavia, sia nel caso delle adozioni nazionali che internazionali, possono intervenire criticità legate alla mancanza di definizione nell’immediato della documentazione in possesso delle famiglie che adottano all’estero, oppure alla riservatezza delle informazioni relative ai bambini adottati all’interno del territorio nazionale e in affido preadottivo. Le scuole sono tenute ad accettare la documentazione in possesso della famiglia (rilasciata dai Paesi di provenienza, dalla Commissione delle Adozioni Internazionali, dal Tribunale per i Minorenni) anche quando la medesima è in corso di definizione.

Certificazioni scolastiche

Quando si tratta di minori a rischio giuridico di adozione o in fase di affido preadottivo, deve essere consegnata una scheda di valutazione in cui il minore possiede il cognome degli adottanti. Il Dirigente provvede quindi a sottoscrivere una dichiarazione in cui dà atto che l’identità del minore – cui è stata rilasciata la scheda di valutazione – corrisponde a quella effettiva.

Documenti sanitari

La scuola è tenuta ad accertare se sono state praticate agli alunni le vaccinazioni obbligatorie, richiedendo la presentazione della relativa certificazione. Se il minore ne è privo, la famiglia può rivolgersi ai servizi sanitari perché definiscano la situazione vaccinale ed eseguano gli opportuni interventi sanitari, se necessari.

Prima accoglienza

Il momento dell’accoglienza e del primo ingresso sono fondamentali per il benessere scolastico di ogni bambino ed in particolare di quelli adottati, sia nazionalmente che internazionalmente. La “buona accoglienza” può svolgere un’azione preventiva rispetto all’eventuale disagio nelle tappe successive del percorso scolastico. È per questi motivi che assume grande importanza la relazione della scuola con le famiglie degli alunni, famiglie in questo caso portatrici di “storie differenti” ed in grado di dare voce alle “storie differenti” dei propri figli.

L’insegnante referente

L’insegnante referente, formato sulle tematiche adottive, nella fase di prima accoglienza precedente l’iscrizione porta a conoscenza della famiglia:

  • i progetti inseriti nel POF;
  • le eventuali esperienze e conoscenze pregresse nel campo dell’adozione;
  • le risorse e gli strumenti disponibili volti a facilitare l’inserimento dei bambini e dei ragazzi adottati.

Il docente referente (o il Dirigente scolastico) raccoglie inoltre le informazioni utili ai fini del buon inserimento dei bambini e dei ragazzi, avvalendosi anche di strumenti quali quelli suggeriti nell’Allegato 1 per la scuola Primaria.

In ogni caso si ritiene possano essere importanti le seguenti informazioni da trattare come dati sensibili:

  • Nome e cognome dei bambini e ragazzi.
  • Tipo di adozione.
  • Provenienza ed età di inizio della scolarizzazione nel paese di origine.
  • Precedente scolarizzazione dei bambini (o assenza di scolarizzazione) ed eventuale documentazione pregressa (se presente).
  • Eventuale valutazione degli operatori dei servizi e/o degli Enti Autorizzati sulla situazione emotiva e affettiva del bambino.

Oltre ai suddetti dati, sarebbe auspicabile che gli operatori scolastici diano rilevanza anche alle seguenti specificità:

  • Esperienza dei genitori rispetto all’inserimento in famiglia.
  • Durata del periodo di ambientamento del bambino nella nuova famiglia prima dell’entrata a scuola, con particolare attenzione al tempo trascorso dall’arrivo in Italia.
  • Potenziale situazione di età presunta.

Questi bambini, spesso con un’età dichiarata di uno o più anni diversa da quella reale, possono presentare, dopo un primo periodo di inserimento scolastico e sulla base delle capacità manifestate, il bisogno di passare ad una classe inferiore o successiva. La scuola deve pertanto prevedere la possibilità di consentire il passaggio a classi diverse attraverso specifici percorsi di flessibilità. Nella fase successiva al primo inserimento è possibile prevedere, anche avvalendosi di strumenti quali quelli suggeriti nell’Allegato 2 e cui è dovuto il trattamento riservato ai dati sensibili, un secondo incontro specifico scuola-famiglia al fine di fare il punto della situazione e poter stabilire, se vi è la necessità di elaborare un Piano Didattico Personalizzato (PDP). La Direttiva Ministeriale del 27 Dicembre 2012 e la conseguente Circolare applicativa n. 8 del 6 Marzo 2013 ben descrivono la complessa realtà delle nostre classi evidenziando che “ogni alunno con continuità o per determinati periodi, può evidenziare bisogni educativi speciali: o per motivi fisici, biologici o fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.” Bisogna dunque prevedere, nei casi di alunni adottati, la possibile elaborazione del PDP in ogni momento dell’anno, fermo restando che, se tra l’arrivo a scuola del minore e la chiusura dell’anno scolastico non vi è il sufficiente tempo utile per l’osservazione e la stesura del documento, la scuola dovrà comunque prevedere delle misure didattiche di accompagnamento da formalizzare nel PDP nell’anno scolastico successivo. Al riguardo appare utile rammentare che l’eventuale elaborazione di un PDP ha lo scopo di attivare 14 percorsi personalizzati che tengano conto della speciale attenzione richiesta nei casi di alunni adottati, mettendo in campo tutte le strategie educative e didattiche ritenute opportune nella fase di accoglienza e/o di transizione tra ordini e gradi di scuola. In ogni caso, ciò non comporta l’adozione di misure dispensative o di strumenti compensativi (tranne nel caso in cui siano diagnosticati anche disturbi specifici dell’apprendimento), con la conseguenza chela valutazione avviene nelle forme e nei modi previsti dal D.P.R. 122/2009 per tutti gli alunni.

In tali fasi, il docente referente offre alla famiglia:

  • informazioni sul sostegno psicopedagogico.
  • disponibilità a collaborare con altre risorse e servizi del territorio.

Collabora inoltre con gli insegnanti di riferimento del minore nelle fasi di accoglienza per:

  • renderli partecipi delle specificità ed eventuali criticità;
  • monitorare il percorso educativo/didattico;
  • partecipare, se richiesto, agli incontri di rete.

I ruoli

I dirigenti scolastici

Il Dirigente promuove e sostiene azioni finalizzate a favorire il pieno inserimento nel contesto scolastico dell’alunno adottato.

A tal fine:

  • si avvale della collaborazione di un insegnante referente per l’adozione con compiti di informazione, consulenza e coordinamento;
  • garantisce che nel Piano dell’Offerta Formativa della scuola siano indicate le modalità di accoglienza e le attenzioni specifiche per gli alunni adottati;
  • decide la classe di inserimento dei neo-arrivati, sentiti i genitori e il referente;
  • acquisisce le delibere dei Collegi dei Docenti;
  • garantisce percorsi didattici personalizzati finalizzati al raggiungimento di una adeguata competenza linguistica;
  • promuove e valorizza i progetti finalizzati al benessere scolastico e all’inclusione;
  • attiva il monitoraggio delle azioni messe in atto per favorire la diffusione di buone pratiche;
  • garantisce il raccordo tra tutti i soggetti coinvolti nel percorso post-adottivo (scuola, famiglia, servizi pubblici e/o privati del territorio);
  • promuove attività di formazione e aggiornamento, anche in rete.

L’insegnante referente d’istituto

La funzione del referente d’istituto si esplica principalmente nel supporto dei colleghi che hanno alunni adottati nelle loro classi, nella sensibilizzazione del Collegio dei docenti sulle tematiche dell’adozione, nell’accoglienza dei genitori.

Nello specifico, svolge le seguenti funzioni:

  • informa gli insegnanti (compresi i supplenti) della eventuale presenza di alunni adottati nelle classi;
  • accoglie i genitori, raccoglie da loro le informazioni essenziali all’inserimento e alla scelta della classe e li informa sulle azioni che la scuola può mettere in atto;
  • collabora a monitorare l’andamento dell’inserimento e del percorso formativo dell’alunno;
  • collabora a curare il passaggio di informazioni tra i diversi gradi di scuola;
  • nei casi più complessi, collabora a mantenere attivi i contatti con gli operatori che seguono il minore nel post-adozione;
  • mette a disposizione degli insegnanti la normativa esistente e materiali di approfondimento;
  • promuove e pubblicizza iniziative di formazione;
  • supporta i docenti nella realizzazione di eventuali percorsi didattici personalizzati;
  • attiva momenti di riflessione e progettazione su modalità di accoglienza, approccio alla storia personale, su come parlare di adozione in classe e come affrontare le situazioni di difficoltà.

I docenti

In presenza di alunni adottati in classe, i docenti coinvolgono tutte le componenti scolastiche a sostenerne l’inclusione e a favorirne il benessere scolastico.

Nello specifico:

    • partecipano a momenti di formazione;
    • propongono attività per sensibilizzare le classi all’accoglienza;
    • mantengono in classe un atteggiamento equilibrato;
    • nell’ambito della libertà d’insegnamento pongono particolare attenzione ai modelli di famiglia in essi presentati;
    • creano occasioni per parlare delle diverse tipologie di famiglia esistenti nella società odierna;
    • nel trattare tematiche “sensibili” informano preventivamente i genitori e adattano i contenuti alle specificità degli alunni presenti in classe;
    • se necessario, predispongono percorsi didattici personalizzati calibrati sulle esigenze di apprendimento dei singoli;

 

tengono contatti costanti con le famiglie ed eventualmente con i servizi pubblici e/o privati che accompagnano il percorso post-adottivo.

 

Le famiglie

Collaborano con la scuola al fine di favorire il benessere e il successo scolastico dei propri figli.

Pertanto:

  • forniscono alla scuola tutte le informazioni necessarie a una conoscenza del minore al fine di garantirne un positivo inserimento scolastico;
  • nel caso di minori già scolarizzati, raccolgono e comunicano, ove possibile, tutte le informazioni disponibili sul percorso scolastico pregresso;
  • sollecitano la motivazione e l’impegno nello studio del figlio con giusta misura, nel rispetto quindi dei suoi tempi e delle sue possibilità di apprendimento;
  • mantengono contatti costanti con i docenti, rendendosi disponibili a momenti di confronto sui risultati raggiunti in itinere dall’alunno.

Il Protocollo di Accoglienza

L’Istituto Comprensivo “Sant’Andrea” di Biassono (MB), diretto pregevolmente dalla professoressa Mariagnese Trabattoni, ha adottato un “Protocollo di accoglienza per alunni adottati”, di spessore culturale, antropologico e pedagogico, oltre che organizzativo, di grande interesse.

Tra le finalità del protocollo:

  • una collaborazione tra scuola e famiglia e una comunicazione reciproca efficace al fine di elaborare obiettivi comuni per l’acquisizione di sicurezza e autostima da parte dell’alunno adottato.
  • individuare e prefissare pratiche condivise per creare un clima favorevole all’accoglienza e valorizzare la specificità del bambino adottato che ha un passato e un presente diversi.
  • promuovere una rete di supporto, comunicazione, collaborazione fra Scuola, Famiglia, Servizi preposti e Enti Autorizzati.

Ruolo della scuola

La scuola è chiamata a svolgere un ruolo importante nel far crescere la consapevolezza e l’accettazione della diversità come valore aggiunto nel processo di inclusione. Se da un lato quindi si “arricchisce” accogliendo la specificità del vissuto passato e presente dei bambini adottati, da un altro è chiamata ad affrontare il mondo dell’adozione nella sua complessità.

Protocollo alunni adottati

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