In ruolo dopo anni di precariato, cosa spetta. Novità dalla Corte di Cassazione

L’Avv. Domenico Naso ci informa che la Corte di Cassazione esclude l’applicazione della Sentenza CGE sul caso Motter.
“La Corte di Cassazione – scrive l’Avv. Naso – è tornata nuovamente a pronunciarsi in merito al diritto del personale immesso in ruolo dopo diversi anni di precariato avverso la possibile discriminazione nelle condizioni di impiego, anche retributive, rispetto ai colleghi già di ruolo, e al conseguente diritto di ottenere il riconoscimento della carriera in misura integrale dei servizi pregressi con liquidazione delle relative differenze stipendiali maturate e non corrisposte.
I Giudici della Corte, con una pronunciata destinata a costituire un importante precedente giurisprudenziale, non hanno smentito quanto già sostenuto in passato e, confermando un orientamento che già diffusosi tra i giudici di merito, hanno escluso la possibilità di poter applicare in via generale ed astratta il principio di diritto sancito nella sentenza resa dalla Corte di Giustizia Europea lo scorso 20 settembre 2018 nel caso Motter.
La valutazione della legittimità del trattamento che il datore di lavoro attua nei confronti dei propri dipendenti, che durante il precariato si vedono attribuire sempre ingiustamente la retribuzione iniziale e, una volta ottenuta l’immissione in ruolo, si vedono ricostruire solo parzialmente la propria carriera, non può, infatti, prescindere da un esame del caso concreto. Una simile valutazione deve necessariamente essere effettuata dal Giudice nazionale sulla base degli elementi probatori forniti dalle parti del giudizio.
A tale ultimo proposito, i Giudici della Corte hanno fatto una importante e doverosa precisazione chiarendo che è a carico del datore di lavoro l’onere di fornire la prova concreta della sussistenza di tutti quegli elementi invocati dal Governo nel caso Motter che potrebbero, a detta della Corte di Giustizia, giustificare il trattamento discriminatorio attuato nei confronti dei lavoratori assunti a tempo indeterminato dopo diversi anni di precariato.
La logica conseguenza di questa affermazione è che qualora il datore di lavoro non sia in grado di fornire la prova della sussistenza di quelle ragioni oggettive considerate idonee a legittimare la discriminazione, la condotta del medesimo non potrà certamente considerarsi legittima.
Sulla base di tali considerazioni la Corte di Cassazione ha, quindi, accolto integralmente le pretese avanzate da un lavoratore stabilizzato dopo diversi anni di pre-ruolo, condannando il datore di lavoro, anche alla luce della sentenza Motter, alla ricostruzione integrale della carriera del proprio dipendente e alla corresponsione in favore del medesimo delle differenze stipendiale maturate.”sente