In Argentina il governo riabilita termini offensivi per le persone con disabilità: “idioti” e “imbecilli” tornano nei documenti ufficiali. Polemica e indignazione nel Paese

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Un controverso decreto firmato dal presidente dell’Argentina, Javier Milei, ha riabilitato l’uso di termini considerati altamente offensivi per riferirsi alle persone con disabilità intellettive nei documenti ufficiali.

La riforma, elaborata dall’Agenzia Nazionale per la Disabilità, reintroduce espressioni come “idioti”, “imbecilli” e “deboli di mente”, oltre a ripristinare il “ritardo mentale” tra le patologie riconosciute.

Come segnala Adnkronos, la risoluzione, pubblicata il 14 gennaio ma inizialmente passata inosservata, ha scatenato un’ondata di indignazione tra le associazioni per i diritti delle persone con disabilità. Il provvedimento, nato per modificare le procedure relative alle pensioni di invalidità, contiene un allegato che definisce esplicitamente le categorie di disabilità con un linguaggio che l’Argentina aveva abbandonato da anni, in linea con gli standard internazionali sulla dignità umana.

Le definizioni controverse nel testo del decreto

Nel documento ufficiale, come riportato da El País, vengono fornite definizioni che richiamano obsolete classificazioni mediche: “L’idiota non ha attraversato la fase glossica, non legge né scrive, non sa cosa sia il denaro, non controlla i suoi sfinteri, non soddisfa i suoi bisogni primari, non potrebbe sopravvivere da solo. L’imbecille non sa né leggere né scrivere, soddisfa i suoi bisogni primari ed è in grado di svolgere compiti rudimentali”.

“Basta eufemismi woke”

Milei ha difeso la controversa decisione sostenendo la necessità di “chiamare le cose con il loro nome” senza ricorrere a quello che definisce linguaggio politically correct. Secondo il leader argentino, questi termini avrebbero “radici scientifiche” e sarebbero sempre stati utilizzati per descrivere le differenti capacità cognitive. La posizione del governo si inserisce nella più ampia agenda anti-progressista di Milei, che ha fatto della lotta contro quella che definisce “cultura woke” uno dei pilastri della sua amministrazione.

In Italia non si dice più “handicap”, “handicappato” o “diversamente abile”, ma “persona con disabilità”

La scelta linguistica, tuttavia, si scontra con i progressi compiuti a livello internazionale nel campo dei diritti umani e dell’inclusione sociale, sollevando interrogativi sulla direzione che l’Argentina intende prendere in materia di politiche sulla disabilità. Tali formulazioni hanno sollevato serie preoccupazioni sul perpetuarsi di stereotipi negativi e sulla potenziale violazione delle convenzioni internazionali sui diritti delle persone con disabilità, che l’Argentina ha sottoscritto.

In Italia, intanto, a fine ottobre, il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha diramato una nota per aggiornare il linguaggio utilizzato in materia di disabilità nelle scuole.

La direttiva, recepita dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, si allinea al decreto legislativo n. 62 del 2024, entrato in vigore il 30 giugno 2024. L’obiettivo è promuovere una comunicazione più inclusiva e rispettosa, allineando il linguaggio utilizzato nelle scuole a una terminologia più appropriata.

Espressioni obsolete come “handicap”, “portatore di handicap” o “diversamente abile” sono state sostituite da “condizione di disabilità” e “persona con disabilità“. Modifiche importanti riguardano anche la descrizione della gravità della disabilità, con l’introduzione di termini come “necessità di sostegno elevato” o “intensivo“.

Il governo ha sottolineato l’importanza di adottare la nuova terminologia in ogni contesto, sia istituzionale che amministrativo.

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