Imparare a perdere, il caso di Benedetta Pilato a Parigi 2024: una lezione di vita che parte dalla scuola

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Le parole di Benedetta Pilato, quarta classificata alle Olimpiadi di Parigi 2024 nei 100 metri rana per un centesimo, hanno diviso l’opinione pubblica. Nonostante la delusione per aver mancato il podio per un soffio, la giovane atleta ha dichiarato ai microfoni della Rai dopo la gara: “Ci ho provato fino alla fine. Peccato, ma nonostante tutto è il giorno più felice della mia vita”.

Un’affermazione che ha scatenato le critiche di Elisa Di Francisca, ex schermitrice e campionessa olimpica, la quale ha definito “assurdo” e “surreale” l’atteggiamento positivo di fronte a una sconfitta.

Tale episodio, al di là delle posizioni personali, offre lo spunto per una riflessione più ampia sulla cultura della sconfitta, soprattutto in ambito scolastico. Se da un lato è giusto incoraggiare l’eccellenza e la meritocrazia, dall’altro è fondamentale fornire agli studenti gli strumenti per gestire le sconfitte, inevitabili nella vita come nello sport.

Negli ultimi anni, accanto al mito del “primo della classe”, si sta facendo strada un approccio educativo più “slow”, che valorizza il percorso di apprendimento e non solo il risultato finale. Numerosi progetti scolastici, negli ultimi anni, finanziati anche dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, mirano a insegnare ai ragazzi che “saper perdere” è una competenza fondamentale per affrontare le sfide della vita.

Dalla teoria alla pratica: come la scuola può insegnare a perdere

Attraverso simulazioni, giochi di ruolo, attività sportive e progetti specifici, gli studenti imparano a gestire la frustrazione, a trasformare gli errori in opportunità di crescita e a sviluppare la resilienza.

Ecco alcuni esempi concreti:

  • Rotazione dei ruoli: gli studenti leader assumono il ruolo di “perdenti” e viceversa, sperimentando sulla propria pelle entrambe le situazioni.
  • Narrazioni autobiografiche: attraverso racconti, temi e dialoghi, gli studenti condividono le proprie esperienze di sconfitta, imparando a elaborarle in modo costruttivo.
  • Attività sportive inclusive: l’obiettivo non è solo la vittoria, ma la partecipazione attiva, la collaborazione e il rispetto delle regole.

I benefici di una sana cultura della sconfitta

Imparare a perdere non significa sminuire l’importanza dell’impegno e della dedizione, ma fornire ai giovani gli strumenti per affrontare le difficoltà con maggiore serenità e consapevolezza.

I benefici di una sana cultura della sconfitta sono molteplici:

  • Prevenzione del bullismo: spesso i bulli sono ragazzi insicuri che non sopportano la sconfitta e sfogano le proprie frustrazioni sugli altri.
  • Contrasto alla dispersione scolastica: la paura di fallire può portare all’abbandono degli studi. Insegnare a gestire l’ansia da prestazione può aiutare i ragazzi a vivere la scuola con maggiore serenità.
  • Preparazione alla vita adulta: il successo non è mai garantito, è importante saper affrontare gli ostacoli, imparare dai propri errori e rialzarsi dopo una caduta.

La scuola ha il dovere di insegnare ai giovani non solo a vincere, ma anche a perdere. Soltanto in questo modo potranno diventare adulti sereni e capaci di affrontare le sfide del futuro.

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