Il tempo della parola in classe, l’80% è per i docenti, il 20% è per gli studenti, ma non è distribuito equamente. Il dibattito sui social: “Un simbolo delle disuguaglianze”

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Lo scrittore Michele Arena, con la sua tesi, solleva una questione cruciale: la distribuzione del potere all’interno delle aule scolastiche. Partendo da un dato OCSE, secondo cui l’80% del tempo di parola in classe è appannaggio degli insegnanti, Arena denuncia una dinamica che riproduce le disuguaglianze sociali.

Il restante 20%, frammentato tra gli studenti, non è distribuito equamente, ma risente di fattori come genere, provenienza geografica, rendimento scolastico e, soprattutto, classe sociale.

“È possibile – si chiede Arena su Facebook – che in un paese dove si laurea quasi esclusivamente chi proviene da un contesto privilegiato, noi educatori portiamo avanti inconsciamente un’educazione coloniale, dove i poveri continueranno sempre a fare cose da poveri?”. Un’educazione, dunque, che non redistribuisce il potere, ma lo tramanda per via ereditaria, citando Bourdieu.

La tesi di Arena, frutto di un’indagine che ha coinvolto 800 tra docenti e studenti, analizza se e perché la scuola non abbia come obiettivo primario quello di dare lo stesso potere a tutti. L’analisi si concentra sul tempo di parola, inteso come metafora del potere stesso: chi parla ha la possibilità di esprimere il proprio pensiero, di influenzare gli altri, di costruire la propria identità.

I commenti dei lettori alla tesi di Arena sottolineano l’importanza di affrontare il tema del potere nelle relazioni educative. “Svelare, riconoscere, nominare le dinamiche di potere è un tema cruciale”, scrive un utente. Altri evidenziano la necessità di un cambiamento profondo nel sistema scolastico: “Si possono mettere quante risorse vogliamo, i rapporti di classe vanno avanti come se niente fosse”. C’è chi, infine, accosta il lavoro di Arena a quello di Don Lorenzo Milani, sottolineando la continuità di un impegno per una scuola più giusta e inclusiva.

La provocazione lanciata da Arena apre un dibattito fondamentale sul ruolo della scuola nella costruzione di una società più equa. La distribuzione del tempo di parola in classe, lungi dall’essere un dettaglio tecnico, diventa un simbolo delle disuguaglianze che la scuola, invece di combattere, rischia di perpetuare. Un invito, dunque, a ripensare le dinamiche di potere all’interno delle aule, per garantire a tutti gli studenti le stesse opportunità di espressione e di crescita.

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