Il sostegno non può essere l’ultima spiaggia per non perdere il posto di lavoro
di Gianfranco Palmariggi – L’integrazione scolastica degli alunni diversamente abili, con l’entrata in vigore della legge 104/92, è il fiore all’occhiello del sistema scolastico italiano, invidiato da moltissime nazioni. Da venti anni, quindi, per preparare i docenti di sostegno alla “missione” dell’integrazione scolastica si è passati attraverso vari canali di formazione iniziale.
di Gianfranco Palmariggi – L’integrazione scolastica degli alunni diversamente abili, con l’entrata in vigore della legge 104/92, è il fiore all’occhiello del sistema scolastico italiano, invidiato da moltissime nazioni. Da venti anni, quindi, per preparare i docenti di sostegno alla “missione” dell’integrazione scolastica si è passati attraverso vari canali di formazione iniziale.
In particolare si è iniziato con corsi universitari di durata biennale che prevedevano anche un congruo numero di ore da effettuare, come tirocinio, nelle scuole e nelle classi dove l’alunno disabile, come tutti gli altri scolari, compie il suo dovere.
Tale modello di formazione, negli ultimi anni, ha visto accorciati i tempi di studio. Con l’avvento delle S.I.S.S.(scuola di specializzazione insegnamento secondario) sono bastati sei mesi per prendere il titolo di specializzazione per le attività di sostegno agli alunni diversamente abili.
Il MIUR, in uno degli ultimi incontri di “palazzo” con i rappresentanti sindacali, ha comunicato che stanno lavorando per i corsi di riconversione sul sostegno per i docenti soprannumerari. Speriamo che si faccia tesoro delle esperienze positive formative avvenute in passato e si stabilizzi, prima di tutto, il posto di lavoro di chi in questo meraviglioso settore ha dato, e continuare a dare, tutto se stesso.
Si accantonino, definitivamente, i percorsi formativi obbligati e di breve durata che, di sicuro, non garantiranno un percorso qualitativo. Gli alunni più deboli hanno bisogno di professionisti, i migliori professionisti, che da numerosi anni, con quotidiani sacrifici e nella precarietà del posto di lavoro, cercano di dare il massimo per il successo formativo degli alunni disabili.
Il sostegno, inoltre, non può essere, e non deve essere, l’ultima spiaggia per non perdere il posto di lavoro.