Il sostegno al tempo della Didattica a Distanza. Lettera

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Inviata da Fabrizio Valenza – IRC – La mia non vuole essere una critica a prescindere allo strumento della cosiddetta Didattica a Distanza, bensì il compimento (parziale, limitato, ma spero, fruttuoso) di quel senso
critico che ogni insegnante dovrebbe avere prima di mettersi all’opera su un nuovo versante. Soprattutto se è così tanto nuovo come la DaD.

Soprattutto se è così tanto nuovo come la DaD.
Un aspetto che mi ha interrogato fin dall’inizio di questa avventura (o sarebbe meglio dire: di questa peripezia?) è relativo agli insegnanti di sostegno e ai bambini al cui bene dovrebbero contribuire, anche in tale situazione: si tratterà di interventi efficaci anche per questa via? Ci sono aspetti positivi, oppure si riscontrano soprattutto limiti? Cosa poter
dire circa questo ambito che, per lo meno per gli insegnanti, è a cavallo tra il supporto alla classe intera e il supporto al bambino specifico?
Mi sono confrontato a tal riguardo con diversi insegnanti di sostegno. Lavorando su più istituti e su quattro plessi, ho modo di entrare in contatto con alcuni “sostegni”, ma altri ne ho cercati al di fuori della mia ristretta cerchia, così da avere più pareri differenti. Ci sono state delle sorprese, che in parte sono anche delle conferme. Andiamo per gradi.

Diverse tipologie di sostegno. Il primo dato fondamentale è una caratteristica che, ancora una volta, la DaD fa emergere in tutta la sua chiara brutalità: ogni bambino certificato ha caratteristiche proprie, che rendono il sostegno uno strumento non solo insostituibile, ma calibrato sul bambino stesso, così da rendere de facto l’insegnante di sostegno un docente specializzato su quel bambino. Con il sostegno non si può fare un
tanto al chilo, e nemmeno si può improvvisare. Soprattutto, però, l’insegnante di sostegno non può diventare di colpo, a motivo dell’emergenza Coronavirus, un insegnante a sostegno di tutta la classe anziché del bambino specifico, perché in una situazione di isolamento come quella che viviamo, il bambino certificato ha ancora più bisogno di un
intervento formativo, nei limiti del possibile.

Il rischio del “cerchio chiuso”. Da più parti giunge questa preoccupazione: la Didattica a Distanza, che ridotta in soldoni vuol dire tu e il computer, tu e lo schermo, può trasformarsi in un cerchio chiuso, cioè in uno stimolo che non prevede una risposta capace di suscitare un innalzamento di livello rispetto al punto di partenza, che rimane sempre il computer e lo
schermo. La DaD rischia di trasformarsi in una risposta che si infrange contro il vetro di uno schermo. L’intervento dell’insegnante può diventare, perciò, di scarsa importanza, se non è previsto uno scambio e un rapporto il più possibile a tu per tu tra docente e alunno.

Nel caso dei bambini certificati, questo aspetto può essere ancora più evidente. Per questo motivo è necessario un altro tassello, cioè:
il supporto della famiglia. L’insegnante di sostegno non può fare tutto ciò che faceva in precedenza, perché la distanza è quasi sempre un aspetto negativo determinante. La DaD aumenta la distanza, e finisce per caricare sulle spalle dei genitori interventi che prima erano compiuti dall’insegnante di sostegno. E dire che l’importanza della scuola per il bambino certificato sta soprattutto in questo intervento educativo mirato… proprio a motivo
dell’impossibilità  dei genitori di adempiere a tutto ciò che è necessario per far uscire il bambino dalla sua condizione svantaggiata. Tuttavia, come si può superare questo scoglio? I tentativi che gli insegnanti di sostegno fanno a tal riguardo, presentano due facce: da un lato, infatti, sono spesso destinati a cadere nel vuoto (o quasi), poiché si vedono costretti a dover istruire le mamme o i papà o entrambi circa modalità di intervento che
gli stessi insegnanti hanno impiegato anni a imparare e a mettere in pratica, con quell’attenzione al dettaglio che è loro tipica. Come i genitori dei bambini non certificati si devono trasformare di colpo in insegnanti, così i genitori dei bambini certificati si devono trasformare di colpo in insegnanti di sostegno. Il che è implicitamente impossibile. Così gli insegnanti si trovano a passare molto del loro tempo nel tentativo di spiegare ai genitori
quali comportamenti mettere in atto per supplire alla loro distanza e/o alla loro assenza; d’altro canto, gli insegnanti di sostegno possono così entrare nelle case e vedere con i loro occhi cosa accade nelle famiglie, comprendere il modo in cui i genitori si rapportano al bambino certificato. Possono, in poche parole, cogliere l’ambiente di crescita del bambino e la sanità di tale ambiente. Un vantaggio non indifferente. Tanto che più di un insegnante riferisce di augurarsi che tale modalità possa continuare anche dopo il termine dell’emergenza.

Lo strumento amplifica: c’è da rilevare un aspetto affatto secondario. Anzi, se mirato, si tratta di un aspetto che può rivelarsi una leva che solleva un mondo altrimenti statico e difficile da smuovere. Mi riferisco alle caratteristiche proprie dello strumento digitale. Se per gli studenti non certificati, lo schermo può diventare il limite contro il quale si infrange
l’efficacia di un’azione educativa non riflessa, per gli studenti certificati può trasformarsi in un’occasione senza precedenti, soprattutto grazie agli strumenti digitali a esso connessi.

Vi sono infatti diverse tipologie di sostegno, per esempio quello per gli autistici, che possono avvantaggiarsi di tale metodologia. Oltretutto, una caratteristica specifica del mondo digitale connesso, cioè immerso nel mare magnum di internet, consiste nella sua indipendenza relativa da spazio e tempo: l’azione educativa mirata può essere agita non solo a scuola, ma anche al di fuori dello spazio strutturale scolastico, e non prevede limiti
di tempo, essendo per sua natura, il digitale, flusso che non termina e che non risente di limitazioni temporali. Si dà la possibilità, perciò, di un intervento ancora più efficace di quello meramente scolastico, perché più pervasivo in termini di spazio e di tempo, il che non è affatto poco.

Un rapporto da ricostruire. Tuttavia, c’è un grave problema, che la Didattica a Distanza non fa altro che portare alla luce in maniera drastica, ancor più che con gli studenti non certificati; un problema che non è facilmente aggirabile se non con il tempo e con un intervento ad hoc, anche in questo caso: il bambino o il ragazzo che viene raggiunto con la DaD non si sta rapportando al suo insegnante, bensì allo schermo. La modalità
intermediatrice, il medium digitale, diviene ambiente completamente diverso da quello in classe, motivo per cui il rapporto tra bambino e insegnante va ricostruito, va ristrutturato.
“Ma per pochi mesi!” dirà  qualcuno. E cosa ne sappiamo, noi? L’emergenza potrebbe durare anche più di un anno, e sappiamo bene quanto un anno sia importante, soprattutto alla Scuola dell’Infanzia, per offrire un aiuto determinante ai bambini certificati.

Ciò che ho avuto modo di riflettere in questi confronti con gli insegnanti di sostegno, credo sia comunque utile e fortemente indicativo anche per gli insegnanti di sezione e per qualunque altro docente che voglia avere un rapporto vero con i propri studenti. In questo articolo ho presentato non solo limiti, ma anche luci della Didattica a Distanza. Spero possiamo farne tutti buon uso.

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