Il servizio scuola si misura in qualità e non in tempo. Lettera

inviata da Francesco Cutolo- Nel pieno di un’emergenza mai vista prima, per intensità e vastità, ai docenti è stato richiesto, almeno in alcuni casi, di reinventarsi il lavoro. Per ciò che riguarda la didattica digitale, senza una formazione specifica, e in alcuni casi, senza alcuna formazione si è passati poi, allegramente, dalla DAD alla DID.
Senza connessione adeguata, senza devices per tutti, senza gli strumenti minimi ci si è inventati il lavoro di insegnanti digitali a distanza. Da non trascurare anche l’aspetto relativo agli studenti e genitori digitali a distanza. Laddove nessun piano nazionale digitale, nessuna formazione spinta era riuscita è riuscita la pandemia.
A parte gli annunci roboanti di piani di formazione, smantellamento delle classi pollaio, potenziamento delle connessioni delle istituzioni scolastiche e, già che ci si trovava, pure degli utenti, della creazione di una piattaforma unica per la DAD e del registro elettronico unico nazionale, nei fatti si è visto ben poco e quel poco ha avuto un impatto molto residuale sul contenimento del Covid-19 nella scuola.
Abbiamo aspettato i banchi singoli e i devices come una manna, come una specie di panacea che potesse far riprendere le lezioni in presenza o con una qualità migliore da remoto.
Un lieve miglioramento c’è stato per la verità non fosse per i potenti mezzi almeno per la maggiore consapevolezza nell’utilizzazione ottimale di quello che si aveva. Tutto sbagliato.
La DAD è stata una specie di perdita di tempo, che occorrerà recuperare a luglio secondo le indiscrezioni di queste ore. Ma scherziamo? E le ore e ore trascorse a cercare materiali nel web a riadattarli alla classe virtuale a inventarsi nuovi test, esercizi, video, verifiche e finanche orari e modalità e-learning mai usate per un tempo così lungo? Inoltre non essendo stato previsto un digital detox per alunni e docenti chissà quali effetti avranno dal punto di vista psicosomatico a lungo termine?
Questa è un aspetto ancora troppo poco indagato che credo comunque alla lunga presenterà il suo conto. Poi si è chiesto con una circolare di superare i voti e adottare i livelli come se fosse una normale “evoluzione” della 62/17 in un momento in cui la scuola viveva di “stop and go” e pure quello si è fatto.
Quindi mi chiedo dove si è fermata la scuola? Quando? E ora si dice che è questione di tempo, che prolungando o integrando il calendario scolastico, fermo restando che si possa con gli attuali organici, si recupererà il tempo perso.
Ma perso da chi e dove? Non certo dai docenti. Di tempo se ne è perso quando non si è intervenuti sul sistema dei trasporti pubblici, lo smantellamento delle classi pollaio, il recupero di spazi alternativi alle classi, il potenziamento e la gratuità dell’internet, il rompete le righe, liberi tutti, dell’estate scorsa, ecc.
Forse in tutto questo mare magnum la scuola con i pochi mezzi e ottimizzando quelli che venivano messi a sua disposizione è stata lì, ha risposto presente, ha supportato ogni decisione dei vari governi, da quello nazionale a quelli locali, con ordine e disciplina, serrando i ranghi con professionalità e responsabilità.
Se qualcuno provasse a fare un giro nelle classi anguste e pollaio, dalla primavera in poi, si renderebbe facilmente conto che è già un disagio, una specie di tortura, per gli alunni convivere in ambienti stretti spesso invivibili in cui il caldo spossa la loro attenzione e anche il loro fisico.
Non è un quadro a tinte fosche, diciamo che al sud e non solo, queste problematiche sono sempre state alla base di potenziali ipotesi di prolungamento estivo del calendario scolastico per combattere pure, tra le varie altre cose, la dispersione scolastica ma sono rimaste sempre idee peregrine per motivi di forza maggiore.
Il problema è ben più articolato di un mero calcolo quantitativo circa la durata dell’anno scolastico. Certo il tempo scuola, l’articolazione dell’orario sono tutte modalità che già la legge sull’autonomia aveva contribuito a superare come dogma ma resta sempre la mistica e, di tanto in tanto salta fuori, della quantità del servizio scolastico erogato che invece per sua stessa natura va esclusivamente misurato in qualità.
O si supera questa mistica o ogni volta si ricomincia sbagliando diagnosi e terapia. Un po’ di tempo c’è ancora e quindi a chi di dovere il compito di sciogliere la prognosi magari confrontandosi un poco in più con la base.