Il registro elettronico: più DDR che strumento educativo? Su HuffPost un appello al ministro Valditara: “Lo cambi, così è una macchina infernale”

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Mentre la tecnologia avanza, talvolta sembra che ci trascini indietro nel tempo, portando alla luce vecchie dinamiche e problematiche. Tale è il caso del registro elettronico scolastico, che molti definiscono un residuo di DDR in un’era ultra-tecnologica.

Su HuffPost, a cura di Fabio Luppino, appello al ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.

Tanti genitori, grazie a questo strumento, vengono a sapere dei voti dei propri figli ancor prima di esserne informati da loro stessi. Suona come una manna dal cielo per i genitori ansiosi, ma quale impatto ha realmente su studenti e famiglie?

Una volta, il ritorno a casa da scuola era un momento di tensione e ansia solo dopo aver ricevuto un voto particolarmente basso. I genitori, all’oscuro fino al momento della confessione, potevano reagire in vari modi, dalla comprensione alla severità. Ma c’era sempre la possibilità di scegliere il momento giusto per parlare di quel brutto voto, magari in una serata tranquilla o in un momento di buonumore familiare.

Oggi, il registro elettronico ha stravolto questo delicato equilibrio. Con una semplice notifica, i genitori sono immediatamente messi al corrente dei risultati scolastici dei figli. Questo accesso in tempo reale, più che avvicinare, può creare un divario tra genitori e figli. Il dialogo, che una volta avveniva naturalmente e spesso in un contesto positivo, ora è forzato e spesso carico di tensione.

Non solo, “c’è il rischio che questo strumento deresponsabilizzi sia gli studenti sia i genitori. Gli studenti potrebbero non sentire più il bisogno di comunicare apertamente con i propri genitori, mentre questi ultimi potrebbero affidarsi ciecamente alla tecnologia, perdendo l’opportunità di ascoltare e comprendere le sfide e le preoccupazioni dei propri figli”.

“Un appello, quindi, al Ministro Valditara: rivediamo l’utilizzo del registro elettronico. Non è un nemico da abolire, ma certamente necessita di essere adattato in modo da promuovere la comunicazione e non eroderla”, chiede il giornalista.

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