Il “Rapporto” del nuovo ministro Bianchi e le ambiziose, allettanti, ardue prospettive di una vera democrazia scolastica. Lettera

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Inviata da Giuseppe Bruno ex Dirigente Scolastico – Basta seguire la Costituzione come “riferimento” per avere un programma valido e coerente per la scuola
Italiana e cioè mirare a realizzare “…una scuola italiana aperta, coesa e inclusiva, in quanto luogo di formazione della persona e del cittadino, radicato nel proprio territorio e sostenuto dalla partecipazione attiva di tutta la comunità:

una scuola autonoma capace di essere motore di integrazione civile, di uguaglianza e di sviluppo” questo più o meno il cuore del Rapporto della Task force della scuola a firma del neo ministro della pubblica istruzione Patrizio Bianchi, presentato lo scorso luglio. Sperando in esso sia racchiuso anche il pensiero del neo Ministro riguardo al futuro della Nostra Scuola, non possiamo che dire: Ottimo! Chi può non essere d’accordo con una così bella frase ? Infatti sugli obiettivi è abbastanza facile
raggiungere l’accordo nella Nostra scuola.

Il problema vero nasce quando poi si cerca di realizzare gli obiettivi. Continuiamo a leggere. In questo processo Il punto di partenza sono i “Patti educativi di comunità”, si legge infatti : “… un ruolo decisivo possono assumere le alleanze territoriali proposte attraverso lo strumento dei Patti educativi di comunità”. E si ribadisce che Il principio guida è quello di una
“autonomia responsabile, intesa come “leva” per poter aprire la scuola al territorio, estendendo a tutto il Paese le tante esperienze già presenti nelle diverse realtà territoriali”. Bellissimo! Come non condividere questo “sogno” che tutte le forze politiche (almeno a parole, molto, molto meno, nei fatti) portano avanti dalla nascita della Democrazia (1974) e soprattutto dell’Autonomia (1997) scolastiche? Ma anche qui. In che modo? E lo si vuole davvero? Continuando a scorrere il Rapporto si intravede, con soddisfazione, sempre più chiaramente, una impostazione che cerca di rilanciare il meglio, sotto l’aspetto dell’autonomia organizzativa, nelle scuole arrivando anche a prospettare “tempi” e “spazi” di formazione flessibili e più
rispondenti alle reali esigenze degli studenti e dei contesti. Si direbbe, la scuola tutta, intesa come un grande e “flessibile” “ambiente di apprendimento”.

Ma ciò, per poter tradursi finalmente dalle parole ai fatti richiede che ci si butti dentro animo e corpo e si gettino le “basi” che sono il presupposto di questo tipo di gestione ottimale della scuola. Non basi teoriche, che ci sono già, ma traduzione di queste basi teoriche in realtà agenti e operanti da protagonisti convinti.

Tutto ciò presume due cose: il “coinvolgimento” delle principali componenti scolastiche soprattutto docenti, genitori e studenti e la loro “preparazione” a tale coinvolgimento. Come fare a realizzare realmente “Patti di Comunità” che includano
in essi “Patti di corresponsabilità educativa” e che rivitalizzino di fatto gli “Organi collegiali”? Questa è la sfida: far nascere quella “Comunità Educante” di cui si parla da decenni, ma che è sempre restata un sogno o un modello solo “approssimato” da qualche più che rara virtuosa realtà. Come tradurre in pratica coinvolgimento e partecipazione. Forse l’emergenza che stiamo vivendo ha in qualche modo riacceso quanto si stava sempre più spegnendo in una “buona scuola” troppo pilotata dal centro.

Si l’esigenza di reagire realmente luogo per luogo a quanto ci travolgeva ha fatto sì che si riaprisse uno spiraglio per ripensare ad una scuola realmente democratica e autonoma come ulteriore possibile ancora di salvezza.

Infatti la “pandemia” è come un filo rosso che traspare qua e la nelle righe del Rapporto Bianchi. Ma la preparazione, non voglio usare il termine formazione troppo impegnativo e polisemico, deve precedere il coinvolgimento, la partecipazione se questa deve essere, e non può non esserlo, specie in questo momento, competente e responsabile. Uno strumento a cui si fa cenno nel Rapporto potrebbe essere il punto, la “leva” su cui poggiare per lanciare veramente questo disegno della scuola del nostro presente e del nostro futuro, questa leva è costituita dai “laboratori educativi attivi. “Nei diversi contesti di vita, in
famiglia, nella scuola o nelle aggregazioni sportive, nell’associazionismo o nel volontariato, gli adulti devono riappropriarsi della propria funzione educativa e formativa.” Se sono questi gli obiettivi e la funzione di questi laboratori e si farà che essi siano realmente e come meritano realizzati, forse questo sogno ridelineato nel Rapporto comincerà a porre le premesse per trasformarsi finalmente in realtà. Ma anche qui ci saranno i tempi e la coesione necessari?

Da anni l’esperienza nella scuola mi ha convinto di una verità molto semplice e molto antica che è persino contenuta, e per chi crede questo è un ulteriore garanzia, nella Bibbia. “Capi, di migliaia, capi di centinaia, capi di decine..” così Mosè organizza il suo Popolo sempre più numeroso e bisognoso: non si occuperà più lui di tutti e di tutto, ma attuerà la delega; quello che nella
normativa citata e nel Rapporto Bianchi è richiamato come principio di sussidiarietà, principio cardine di ogni autonomia. Ma ricordiamoci i tempi: prima preparare, poi differenziare, poi delegare e coinvolgere. In tutte le realtà decentrate se non si prepara e si differenzia non si può delegare e tanto meno coinvolgere.

Non può tutto nascere insieme e simultaneamente funzionare. Allora l’unico nemico è la fretta e il suo compagno il facile consenso a tutti i costi. Se si rispetteranno i tempi e si programmerà tutto senza demagogia questo forse è il momento buono che l’Autonomia passi dalle parole ai fatti e realizzi quel disegno di delega e sussidiarietà di cui ha bisogno la “società complessa” per funzionare realmente e non trasformarsi, rischio sempre più in agguato, in società dittatoriale. Molti pensano di accorciare credendo che globalizzazione e complessità siano sinonimo di centralismo. Si l’illusione che sia così è forte e le
difficoltà che si incontrano inevitabilmente a realizzare il complesso e virtuoso disegno dell’autonomia democratica spingono purtroppo in questa direzione, ma a questo punto dovrebbero essere le Associazioni, che ruotano intorno al mondo dell’Educazione – di cui si fa spesso, non a caso, menzione nel Rapporto – a farsi carico di garantire la democratica realizzazione di questo ambizioso disegno garantendo nello stesso tempo la Democrazia scolastica e la vitalità, che si va sempre più appannando, della loro stessa funzione.

Così potrebbe essere e sarebbe bello, ma purtroppo questo Rapporto, ammesso che sia il possibile programma per la Scuola di questo nuovo governo, rischia di restare un “bel libro dei sogni” a causa della purtroppo prevedibile breve durata e della eccessiva eterogeneità della maggioranza che lo sostiene. Ma almeno, questo è l’augurio e l’invito, le associazioni del mondo della educazione colgano l’occasione e comincino a pensare sul serio ad una prospettiva come questa illustrata, sempre che credano davvero nella Democrazia e nella Autonomia scolastiche.

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