Il Plan-do-check-act: l’applicazione di un modello gestionale al campo della scuola
Oggi come lo scorso inverno, il persistere di uno stato di emergenza sta rendendo cogente un cambio strutturale della scuola, che non deve solo adattare i propri criteri gestionali e valutativi alla DaD/DDI, ma deve ripensare i propri modelli teorici.
L’educazione in digitale
Nel farlo, l’educazione in digitale sta seguendo alcune principali direzioni, che vanno dal cambio dell’orario scolastico (lezione sincrona e lezione asincrona, debitamente scandite), all’adozione di modalità di libri di testo diverse (prima principalmente cartacee, ora principalmente digitali), e così via.
Ultimo ma non meno importante: cambia il ruolo dell’insegnante, che scende dalla cattedra per diventare catalizzatore di esperienze di apprendimento.
In altre parole, il docente potrebbe paragonarsi a un abile supervisore che cerca di facilitare il proprio compito a tutte le persone che coordina.
È per questo che, oggigiorno, alcune metodologie didattiche mutuano dei veri e propri schemi gestionali aziendali, atti a scandire e valutare la didattica.
Uno di questi schemi è il PDCA – acronimo di Plan–Do–Check–Act, che in italiano si traduce con Pianificare -Fare -Verificare-Valutare (Monitorare) e Agire.
Il Plan–Do–Check–Act
Si tratta di un metodo di gestione interativo, utilizzato per il controllo e il miglioramento continuo dei processi e dei prodotti-risultati. Esso può essere usato a tutti i livelli dell’organizzazione scolastica, e ovviamente soprattutto con gli studenti.
Viene infatti utilizzato sia per una migliore gestione del PTOF, da parte dei dirigenti, sia per una buona programmazione disciplinare, da parte dei docenti.
Le domande della check list del PDCA suggeriscono: un’analisi dei risultati, una casistica delle criticità, un’analisi delle cause, dei progetti di intervento (con individuazione di responsabili, tempistica e organizzazione), verifiche finali e conseguenti azioni di revisione e miglioramento.
Lo scopo della procedura è promuovere il miglioramento attraverso la progettazione didattica e organizzativa.
Plan/Do
Nel primo passaggio, che rappresenta lo stadio iniziale del ciclo, il docente dovrebbe individuare i punti di forza e debolezza della classe, analizzandone le cause.
Poi dovrebbe definire le priorità per elaborare il proprio PdM – Piano di Miglioramento (ad esempio, una nuova pianificazione dei processi didattici, e conseguenti azioni – coerenti e funzionali).
Nel secondo passaggio, si realizza il proprio PdM, e qui si conclude la prima metà del ciclo: la seconda è relativa a una valutazione e un ri-esame del proprio PdM.
Check/Act
Nella prima fase della seconda metà del modello, si deve controllare quanto fatto fino a quel momento: si attua dunque una verifica e valutazione dei risultati in relazione a quanto previsto nella pianificazione del PdM.
Invece, nell’ultima fase, forse la più delicata (Act), si è allo stadio finale del modello, dove tuttavia il ciclo può eventualmente riprendere vita: questo perché si procede a un ri-esame del PdM, e si adottano delle azioni correttive o di miglioramento (o quelle necessarie per la stabilizzazione dei livelli di perfomance raggiunti, cioe la standardizzazione).
Un esempio pratico: il RAV
Esempi di applicazione del modello PDCA a scuola si possono ritrovare anche nella sfera dell’inclusione.
Stilare un RAV (Rapporto di Valutazione che ogni scuola deve pubblicare nella sezione apposita di “Scuola in Chiaro”) è un lavoro che può essere gestito al meglio grazie al modello PDCA, anche per quanto riguarda il percorso che i docenti e la scuola hanno fatto per la sfera dell’inclusione. Vediamo insieme un possibile schema:
1-Pianificazione (Plan)
Qui, in gergo aziendale, si direbbe che bisognerebbe fare innanzitutto un’analisi dei bisogni dell’utenza (dunque un profilo degli allievi e il loro rischio di abbandono scolastico).
Poi una pianificazione, in accordo con quanto analizzato in precedenza, dei diversi interventi di recupero: ognuno di questi dovrebbe coprire un obiettivo che riguarda le esigenze degli alunni con BES (sia direttamente che indirettamente).
2-Fare (Do)
In questa fase si dovrebbe realizzare ogni intervento programmato per gli studenti-target: svolgimento del recupero, tutoraggio tra pari, attività pomeridiane di apprendimento ludico per i ragazzi a rischio dispersione ecc..
3- Valutare (Check)
L’efficacia di quanto fatto fino a questo momento va valutata con indicatori della performance (Key Performance Indicator), che non corrispondono ad altro che agli obiettivi fissati in precedenza: dunque ci si deve chiedere se il progetto abbia portato a un tasso di riduzione dell’abbandono scolastico in quell’istituto rispetto all’anno prima, o rispetto agli anni in cui il progetto non era stato lanciato.
Si raccolgono inoltre dei feedback qualitativi da parte di studenti e genitori.
4- Agire (Act)
Qui è necessaria una riprogettazione dell’intero percorso, atta a superare i punti deboli scoperti con la prima prova empirica di tutto il progetto, o scaturiti dai ai feedback dell’utenza.