Il pedagogista Mantegazza: “Il registro elettronico è uno strumento di trasparenza, ma i genitori lo aprano una volta a settimana insieme ai figli”

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Cinquant’anni fa, l’introduzione dei decreti delegati sanciva l’ingresso di genitori e studenti negli organi collegiali della scuola. L’obiettivo era ambizioso: creare un’alleanza educativa tra famiglia e scuola, a beneficio di tutte le parti coinvolte.

A distanza di mezzo secolo, il bilancio appare controverso. Le cronache riportano episodi di aggressioni a docenti e ricorsi contro le istituzioni scolastiche, sintomi di una relazione sempre più tesa.

Raffaele Mantegazza, pedagogista dell’Università di Milano Bicocca, ex insegnante e padre di due studenti, analizza, in un’intervista a Famiglia Cristiana, le cause di questa crescente conflittualità. Secondo Mantegazza, il deterioramento del rapporto scuola-famiglia non risale al ’68, ma agli anni ’90, con l’affermarsi di una cultura individualistica che vede la scuola come un “distributore automatico” di servizi, anziché come una comunità educante.

“Spesso, nei colloqui scuola-famiglia, non è al centro il ragazzo, ma questioni personali, quasi fosse in gioco l’onore di qualcuno”, osserva Mantegazza, sottolineando l’importanza di riportare il dialogo sull’esperienza scolastica dello studente.

Il pedagogista suggerisce un cambio di paradigma: la scuola dovrebbe abbandonare il tradizionale modello “lezione frontale – studio a casa – verifica” per adottare metodologie più attive e coinvolgenti, adatte a studenti cresciuti nell’era digitale.

Ai genitori, Mantegazza consiglia di dare valore all’esperienza scolastica nel suo complesso, non solo al voto, supportando i figli nel loro percorso di apprendimento senza sostituirsi a loro. “Un genitore dovrebbe essere per un figlio che va a scuola come la persona che gira le pagine al pianista: ti sto accanto, ma devi suonare tu”, conclude Mantegazza, auspicando un ritorno a una collaborazione più serena e costruttiva tra scuola e famiglia.

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