Il nodo stipendi e blocco 2013, Nunziata (Snals): “Problema per le casse dello Stato? Il diritto si applica”. Miceli (Anief): “I docenti devono pagare le conseguenze delle scelte politiche?”

L’anno 2013 rappresenta un nodo critico per il personale scolastico, poiché rimane escluso dal computo utile alla progressione giuridica ed economica della carriera. A differenza degli anni 2010, 2011 e 2012 – inizialmente anch’essi soggetti a blocco – il 2013 non è stato successivamente recuperato, nonostante le richieste avanzate da sindacati e lavoratori.
La questione è stata approfondita dagli avvocati Gianfranco Nunziata (SNALS) e Walter Miceli (Anief) a margine dell’udienza in Cassazione del 2 Aprile.
Il caso approdato in Cassazione
La vicenda giudiziaria trae origine dal decreto di ricostruzione di carriera di una docente immessa in ruolo nel 2015. L’anno 2013 non era stato computato, secondo quanto previsto dal D.P.R. 122/2013. La docente ha quindi presentato ricorso, sostenuta dallo SNALS, che è stato respinto in primo grado dal Tribunale di Lucca e poi accolto in appello dalla Corte d’Appello di Firenze.
Durante l’udienza in Corte di Cassazione, sono stati discussi due casi analoghi (uno riguardava una docente e l’altro il personale ATA), poi riuniti. All’udienza non era presente il Ministero dell’Istruzione, mentre hanno partecipato lo SNALS, a supporto dei ricorrenti, e l’INPS, a sostegno delle tesi ministeriali.
Effetti attesi da una sentenza favorevole
In caso di rigetto del ricorso ministeriale, la sentenza della Corte d’Appello di Firenze resterebbe valida, determinando il riconoscimento dell’anno 2013 nella ricostruzione di carriera. Ciò comporterebbe conseguenze dirette sulla maturazione degli scatti stipendiali e sulla posizione giuridica del personale, attivo o già in pensione. “Sarebbe un atto di giustizia verso tutto il personale scolastico – ha commentato l’avv. Nunziata (SNALS) che ha seguito la vicenda in prima persona – la tesi del Ministero puntava invece a cancellare in modo permanente quell’anno dalla progressione di carriera. Se la Cassazione confermerà la nostra posizione, sarà una vittoria per il diritto dei lavoratori”.
L’interpretazione costituzionalmente orientata
“Tutto nasce dal DPR 122 del 2013 – spiega Nunziata – che ha esteso al personale scolastico il blocco delle fasce stipendiali. Inizialmente erano stati bloccati gli anni 2010, 2011 e 2012 dal governo Berlusconi-Tremonti. Successivamente, il governo Letta ha esteso il blocco anche al 2013. Gli anni 2010, 2011 e 2012 sono poi stati “sbloccati” con un accordo interministeriale e con due contratti collettivi. Il 2013, invece, è rimasto escluso da qualsiasi intervento normativo che ne consentisse il recupero”.
La sentenza d’appello ha adottato una lettura costituzionalmente orientata del blocco normativo. Secondo tale interpretazione, le misure di contenimento della spesa pubblica – come confermato anche dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Giustizia Europea – sono legittime solo se temporanee. Il blocco permanente del 2013 risulterebbe, quindi, non compatibile con i principi costituzionali.
“Nella nostra arringa – continua Nunziata – abbiamo citato diverse sentenze, tra cui la 178 del 2015 della Corte Costituzionale, che dichiarò illegittimo il blocco della contrattazione collettiva. Questo principio si estende anche al blocco delle progressioni stipendiali. Inoltre, la Corte di Giustizia Europea ha stabilito che i blocchi possono essere ammessi solo in forma temporanea. Un caso analogo riguardava i magistrati portoghesi, ai quali erano state ridotte le retribuzioni: la Corte Europea stabilì che misure del genere non possono essere permanenti“.
SNALS: “E adesso lo Stato come farà? Ma il diritto è diritto e va applicato”
Tra le obiezioni sollevate dal Ministero figurano la non applicabilità, nel caso specifico, dell’interpretazione costituzionalmente orientata (il dato letterale del testo di legge non lo permetterebbe) e le ripercussioni economiche per lo Stato.
“Anche noi dello SNALS ci siamo posti il problema: “E adesso lo Stato come farà?”. Ma il diritto è diritto, e va applicato”. È chiaro l’avv. Nunziata quando spiega la sua posizione in merito, citando anche il caso della sentenza Mascolo, in cui la Corte Europea ha riconosciuto parità di trattamento ai lavoratori precari, senza considerare le conseguenze finanziarie. “Nascondersi dietro al rischio di un danno economico per le casse pubbliche – prosegue – non è una posizione giuridicamente sostenibile. Uno Stato serio, un buon governo, trova le risorse per garantire i diritti, se la Cassazione li riconoscerà. I cittadini fanno causa proprio per questo: per affermare un principio di diritto”.
Anief: “Devono essere i docenti a continuare a pagare le conseguenze?”
Il contesto storico del triennio 2010-2013 è legato alla crisi finanziaria e all’aumento dello spread. Secondo l’avv. Miceli (Anief), le misure adottate – tra cui blocco degli scatti e contrattazione – hanno inciso in maniera sproporzionata sugli insegnanti.
“L’ANIEF stimò – spiega Miceli – che nel triennio gli insegnanti persero il 15% dello stipendio, mentre per i dirigenti pubblici e i manager la perdita si aggirava tra il 2,5% e il 6%. Tra le misure introdotte: blocco della contrattazione, soppressione dello scaglione stipendiale 3-8 anni, divieto di monetizzazione delle ferie, e naturalmente il blocco delle progressioni stipendiali”.
E prosegue, “ora, dopo più di dieci anni, con lo spread sotto controllo, la Corte di Cassazione deve stabilire se siano ancora gli insegnanti a dover pagare le conseguenze di quelle scelte. È una decisione che ha certamente un valore giuridico, ma anche politico e sociale“.
Il ruolo della magistratura
Nel tempo, la magistratura ha svolto un ruolo centrale nel riconoscimento dei diritti dei docenti, come nel caso delle ferie non godute o della carta del docente estesa ai precari. “La Corte di Cassazione – sottolinea Miceli – ha restituito agli insegnanti il gradone stipendiale 3-8, ferie non godute, scatti stipendiali, ha attribuito la carta del docente anche ai precari: abbiamo molta fiducia nella magistratura. Troviamo biasimevole che debba essere la magistratura a dare questa risposta agi insegnanti, mentre dovevano essere la politica, il parlamento, il governo a fare una risposta rispetto a una misura che penalizza solo i docenti”.
Riconoscimento e ricostruzioni: cosa accadrà
Il riconoscimento dell’anno 2013 non sarà automatico: serviranno nuove ricostruzioni di carriera. Anche i pensionati potranno richiedere il calcolo dell’anno escluso, con impatti sul TFR e sull’importo pensionistico. A chiarirlo l’avv. Nunziata: “Pensiamo, ad esempio, a chi è andato in pensione il 31 agosto e non ha potuto maturare l’ultima fascia stipendiale, che sarebbe scattata il 1° settembre. Questo ha generato un danno non solo sulla pensione, ma anche sul TFR”.
Le segreterie scolastiche dovranno intervenire manualmente, almeno finché il sistema non sarà aggiornato. “Quando furono sbloccati gli anni 2010, 2011 e 2012 – spiega Nunziata – il Ministero delle Finanze emise una circolare esortando le Ragionerie territoriali a dare priorità a queste ricostruzioni, per evitare ritardi. Speriamo che, se la Cassazione confermerà la sentenza della Corte d’Appello, venga aggiornato anche il sistema informatico, perché al momento il 2013 non è recepito: le segreterie scolastiche devono intervenire manualmente”.
Prescrizione e azione individuale
Gli effetti giuridici del servizio non si prescrivono, mentre quelli economici sì. “Per evitare la perdita degli arretrati – ha concluso l’avv. Miceli – è essenziale interrompere la prescrizione con una lettera di diffida, da inviare direttamente al Ministero dell’Istruzione. Chi non agisce in tempo non potrà ottenere i benefici economici derivanti dall’avanzamento di carriera, salvo provvedimenti normativi estensivi”.
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