Il latino alle medie e la morte del corsivo. Lettera

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Inviata da Mario Bocola – Si parla dell’introduzione della lingua latina alle scuole secondarie di I grado (scuole medie) per migliorare la lingua italiana. È vero che il latino è la nostra Lingua madre, ma lasciamolo insegnare ai Licei. Nella scuola secondaria di I grado puntiamo sulla grammatica italiana (morfologia, sintassi e analisi del periodo)

Ma vogliamo una volta per tutte osservare attentamente la realtà della scuola e del livello culturale dei nostri studenti? O vogliamo ancora una volta mettere in campo una riforma del nostro sistema d’istruzione facendo la mossa del gattopardo? Invece di pensare all’introduzione dello studio del latino perché non si pensa a potenziare le basi grammaticali dell’italiano, in quanto i nostri alunni non leggono e non scrivono quasi più e quando vengono interrogati o svolgono un compito scritto utilizzano un lessico poverissimo.

Perché, invece del latino, non introduciamo lezioni di lessico per far apprendere ai nostri studenti il significato delle parole che non lo conoscono affatto. Bisogna insistere sullo studio della grammatica italiana (fonologia, morfologia e sintassi) dato che gli alunni non sanno pronunciare correttamente i vocaboli non rispettando gli accenti. Inoltre gli alunni sono carenti nelle materie scientifiche: in matematica, ad esempio, non conoscono la differenza tra la moltiplicazione e l’elevazione di un numero a potenza e quindi bisogna insistere sullo studio delle discipline STEM perché serviranno in futuro laureati in materie scientifiche che ora stanno scarseggiando. Se esistono tutte queste problematiche di fondo delle anomalie della scuola e anziché cercare di colmare il gap con gli altri Paesi europei, cosa si pensa di fare? Si pensa che la panacea di tutti i mali della scuola italiana sia lo studio del latino. Reintroducendo il latino alle scuole medie non risolviamo nessun problema strutturale e di fondo dei nostri ragazzi, anzi lo aggraviamo ulteriormente perché non interveniamo sulle effettive carenze degli studenti, ossia colmare quelle lacune linguistiche e lessicali che ormai sono diventate incolmabili.

Altra questione è la “morte del corsivo”. È ormai conclamato che gli alunni non conoscono più la grafia in corsivo e quando scrivono lo fanno solo in stampatello.
Infatti, quando scrivono in corsivo la loro grafia diventa pressoché indecifrabile, indefinibile, priva degli spazi: anzi le parole vengono scritte tutte unite, prive di
punteggiatura, di maiuscole, minuscole. Insomma la scrittura dei nostri alunni è soltanto un guazzabuglio grafico, perché non sono più abituati fin dalle scuole
primarie a confrontarsi con un testo scritto, non si esercitano più nella scrittura corretta e, quindi, arrivano alle scuole superiori, dopo i tre anni della scuola media,
che non sanno scrivere in corsivo e la loro produzione è soltanto in carattere stampatello. Inoltre non sanno più impugnare bene la penna, quasi sembra che, invece
della penna, i nostri alunni impugnino una “zappa”, facciano un lavoro pesante quando devono scrivere, una fatica enorme! Certamente l’uso quotidiano della tastiera del PC o dello smartphone ha provocato una regressione o meglio un utilizzo distorto della grafia. È vero che la tastiera offre un modo più rapido, istantaneo di scrittura con correzione automatica degli errori, ma è altrettanto vero che la scuola ha il dovere di fare abituare gli alunni all’uso corretto della grafia facendo capire loro la distinzione tra la scrittura corsiva e quella in stampatello. Il testo digitale non deve in alcun modo sostituire la scrittura a mano anzi la deve soltanto accompagnare e i nostri alunni devono essere in grado di saper impugnare bene la penna e di produrre una grafia leggibile, decifrabile con la giusta spaziatura tra le parole.

Questo compito è affidato ovviamente alla scuola primaria, ossia a quel segmento di scuola, che deve essenzialmente lavorare sulla plasticità del cervello degli alunni, in quanto nei primi anni di scuola l’alunno conosce e costruisce la sua identità e nel contempo genera un suo modo personale di scrittura. Inoltre nella scuola media occorre abituare gli alunni a prendere appunti durante la lezione, a scrivere riflessioni personali sul diario, ad annotare qualsiasi cosa perché questi processi aiutano la mente a ricordare, a fissare i concetti nel tempo. Scrivere a mano produce sentimenti, emozioni, ricordi, sensazioni che mettono in stretta correlazione cervello e mano, in quanto il pensiero elaborato nella mente corre veloce attraverso l’impugnatura della penna e la mano decodifica il nostro pensiero attraverso la scrittura e ciò favorisce molto la memorizzazione.

Invece l’uso della tastiera è tutt’altro che emozionale, è arido, spoglio, distaccato in quanto produce soltanto un qualcosa di istantaneo, di labile, di non sedimentarsi
affatto nel tempo e nello spazio. Fatto sta che esiste una grande disaffezione a potenziare da parte degli alunni l’abilità della scrittura e delle sue diverse forme e
questo si ripercuote molto anche sull’uso corretto della lingua italiana. Anche quando due alunni sono seduti sullo stesso banco non dialogano: si scambiano le “emoticon”,
perché non sanno più elaborare un pensiero scritto, bensì denotano frammentarietà e povertà culturale. E di questo passo siamo destinati all’oblio, ad avere alunni senza
emozioni e al tramonto inesorabile della scrittura bella, organica, compiuta.

Precisiamolo ancora meglio. Un tempo a scuola si scriveva in corsivo e fin dalle scuole elementari gli insegnanti ci facevano scrivere in corsivo. Ora questo metodo di
scrittura è quasi scomparso. La stragrande maggioranza degli alunni, durante le verifiche scritte, adopera lo stampatello e addirittura appone la propria firma anch’essa in stampatello. Il corsivo ha una lunga storia nella nostra scrittura che risale al IV-V secolo. Dobbiamo far riscoprire a scuola l’importanza dello scritto in corsivo, del modo corretto dell’impugnatura della penna. Gli studenti di oggi scrivono poco e, quindi, fanno molta fatica a scrivere. Quasi la scrittura sia diventata un “lavoro forzato”, un impegno gravoso cui gli alunni non sono più abituati. Gli insegnanti di tutto il primo ciclo d’istruzione dovrebbero far esercitare molto i propri alunni all’utilizzo del corsivo attraverso un costante lavorio di scrittura. Insomma correggere un compito in stampatello è veramente brutto. I laboratori di scrittura creativa sarebbero un’ottima palestra per abituare gli alunni alla reinvenzione del metodo di scrittura in corsivo che sta diventando, col passare degli anni, una cosa rara.

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