Il laboratorio progettato per l’abbattimento delle barriere architettoniche, ne parliamo con la Dirigente Giammarruto

I laboratori hanno assunto un ruolo importante nei nuovi modelli educativi, sono luoghi di apprendimento esperienziale, ma anche luoghi di integrazione e di sviluppo di tecniche per la facilitazione dell’integrazione. Ne abbiamo parlato con la Professoressa Giovanna Giammarruto, Dirigente Scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “De Amicis – Cattaneo” di Roma.
Professoressa Giammarruto, il vostro Istituto è stato tra i primi ad avere realizzato i laboratori con i fondi del PNRR che di recente avete inaugurato alla presenza del Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. Quanto sono stati importanti questi fondi soprattutto per l’alta tecnologia che caratterizza questi laboratori e per la collaborazione con aziende del vostro territorio?
I fondi del PNRR sono stati una risorsa importante per progettare e realizzare laboratori di alta tecnologia con dei macchinari che sono presenti nelle grandi industrie. Abbiamo sfruttato questa risorsa riflettendo su chi eravamo e dove volevamo arrivare. Il nostro obiettivo era quello di rendere la nostra scuola altamente tecnologica nell’ottica anche di interdisciplinarità tra i vari indirizzi, perché nel nostro Istituto, essendo un tecnico professionale, sono presenti vari indirizzi come meccanica, meccatronica ma abbiamo anche servizi sociosanitari, odontotecnica, ottica, quindi abbiamo pensato che tutti gli indirizzi con questi laboratori potessero cooperare tra di loro ottenendo delle competenze tali da poter successivamente sfruttare nel mondo del lavoro. La sinergia con le aziende del territorio è chiaramente una grandissima risorsa, perché anche qui c’è uno scambio di formazione e competenze, non soltanto a livello di studenti ma anche di docenti. Questo è il percorso che intendiamo proseguire aprendo anche al territorio, ovvero anche agli altri Istituti di Roma e del Lazio, la possibilità di poter accedere ai nostri laboratori con uno scambio di competenze continuo.
Nella realizzazione dei vostri laboratori, oltre a pensarli come luogo di apprendimento esperienziale, li avete strutturati anche come luoghi di inclusione ed in particolare come luoghi di progettazione dell’abbattimento di barriere architettoniche, né un esempio il laboratorio di domotica. ci spiega questo aspetto?
La domotica ormai è un elemento sempre più presente nelle case moderne. Oltre ad aiutare nella gestione della casa in termini di risparmi, l’aspetto che ci è parso meritevole di particolare attenzione è stato l’uso della domotica come supporto per le persone disabili, come ad esempio l’uso di semplici comandi vocali che possono permettere anche a persone allettate di poter alzare le tapparelle, accendere o spegnere le luci oppure effettuare una chiamata telefonica. Ecco che in questi aspetti la domotica diventa un aiuto fondamentale nella disabilità perché permette alle persone di sentirsi un po’ più autonome.
Parlavamo di laboratorio come luogo di apprendimento, ma dietro c’è una riflessione sulla didattica laboratoriale. Qual è stato il vostro approccio.
Sono tante le metodologie utilizzate a scuola, di sicuro il cooperative learning, realizzato anche con i ragazzi diversamente abili, e soprattutto la metodologia del peer to peer tra studenti è fondamentale, in modo particolare progettare a livello interdisciplinare e coinvolgendo i vari indirizzi di scuole permette un’acquisizione di competenze in maniera trasversale.
A tal proposti voi avete realizzato, fuori dai fondi del PNRR, un laboratorio di cucina inserito all’interno del progetto del “Dopo di Noi” per portare verso l’indipendenza i ragazzi con disabilità. Ci spiega cosa vi ha portato a realizzare questo tipo di laboratorio nel vostro Istituto?
Come dicevo precedentemente questa scuola è altamente inclusiva, siamo anche uno dei Centri Territoriali di Supporto alla disabilità del Lazio e quindi nelle nostre prerogative, nelle nostre idee di vita, l’inclusione è preponderante. Abbiamo realizzato questa cucina perché riteniamo che un progetto del genere possa rendere quanto più possibile autonomo il ragazzo diversamente abile. In questo progetto è prevista l’acquisizione di diverse competenze, come ad esempio la cognizione di cosa mangiare, gli step temporali tra colazione, pranzo e cena, le quantità di cibo che bisogna manipolare e utilizzare, per cui sono tutte competenze che rendono i nostri ragazzi sempre più autonomi. È un progetto di cui ne vado particolarmente orgogliosa.
A monte dell’attività nel laboratorio di cucina c’è la fase di acquisizione delle materie da utilizzare, quindi fare la spesa per comprare il cibo.
Sono due step che si completano, il primo è quello di portare i nostri ragazzi nei luoghi dove si comprano i prodotti e noi abbiamo la fortuna di avere nelle vicinanze il mercato di Testaccio dove i nostri ragazzi speciali vanno con gli insegnanti ad acquistare i prodotti necessari all’attività in laboratorio. È chiaro che a monte c’è tutto un lavoro svolto dai docenti con gli alunni relativo allo studio della moneta e delle sue quantità, dello scambio prodotto/moneta, il tutto per portare gli alunni verso un’autonomia nelle pratiche della vita quotidiana, tra cui rientra fare la spesa al mercato. Il secondo step prevede l’attività pratica in laboratorio di realizzazione di quanto acquistato, quindi permettere al ragazzo di capire che fine fanno i prodotti alimentari comprati in precedenza e quando devono essere utilizzato nell’arco della giornata, ad esempio per la colazione al mattino, per il pranzo nel pomeriggio o per la cena la sera. Sono una serie di attività concatenate tra loro che gli insegnanti svolgono con molta dedizione, gli alunni sono molto attivi e interessati, partecipano ben volentieri a questo progetto, sono contenti di stare in cucina e di sporcarsi le mani con marmellate e cioccolate. Ritengo che questo sia un progetto veramente importante per questi ragazzi.