Il fisco alla rovescia come laboratorio per conoscenze e competenze. Perché è importante l’educazione finanziaria

Gli studenti degli istituti tecnici economici devo imparare a redigere la dichiarazione dei redditi oppure conoscere l’anima delle norme fiscali? La riforma fiscale in atto è un buon laboratorio scolastico per discutere di conoscenze e competenze.
Tra il sapere e il saper fare i pedagogisti prediligono oggi le competenze facendo arrabbiare gli insegnanti più tradizionali. Ma mai come in questi mesi saranno determinanti le conoscenze in materia di tributi. Conseguire un diploma sapendo compilare un 730 consentirà di lavorare subito, magari come stagionale presso un Caf o un patronato, in attesa di una migliore occupazione .
Ma se non conosci l’Abc del fisco, potrebbe in astratto succedere che con la riforma, che sulla carta promette di schierarsi a favore di chi finora guadagnando di meno ha pagato di più, in contrasto con il principio costituzionale della capacità contributiva, costui paghi un giorno ancora di più senza che se ne accorga. Già Don Milani nel ‘67 scriveva, nella sua Lettera più famosa, come certe imposte invisibili, indolori e insapori (l’IVA) colpiscano i poveri senza che i medesimi se ne accorgano, visti gli effetti regressivi delle imposte indirette sui consumi.
Basterebbe pensare alle detrazioni uguali per tutti (“Nulla è più ingiusto che far le parti uguali tra disuguali”), e agli oneri deducibili, che consentono ai ricchi, rispetto ai più poveri, di sottrarre al fisco fino al doppio della base imponibile soggetta all’Irpef. Un conto è infatti salvare parte del proprio reddito dall’aliquota del 43 per cento, altra storia è sottrarla a quella del 23 per cento, o da nessuna aliquota se si è incapienti. Molti portano a casa lo scontrino della farmacia o la fattura del dentista che però non potranno mai “scaricare” perché incapienti, cioè poveri.
Se le spese mediche fossero addirittura deducibili, invece che detraibili, sulla stessa fattura medica da 10000 euro il milionario potrebbe risparmiare 4300 attraverso la deduzione, mentre l’operaio solo 2300, il povero di prima addirittura zero. Era così fino agli anni ‘90, poi le spese mediche sono diventate detrazioni, almeno questo. Tuttavia l’agevolazione, che premia i ricchi e colpisce i poveri, è ancora oggi riservata alle spese mediche e di assistenza nei casi di grave e permanente invalidità sostenute dai disabili (o dai propri parenti) e deducibili dalla base imponibile.
Dunque l’agevolazione consente in questi casi ai ricchi ai pazienti ricchi e ali propri parenti di risparmiare fino al doppio rispetto agli altri pazienti. E si pensi al coniuge separato, che deduce dall’imponibile l’assegno di mantenimento dell’ex. La collettività in sostanza si fa carico della sua separazione. Con l’aggravante che non trattandosi di detrazione ma di onere deducibile, esso medesimo riduce la base imponibile facendo sì che la collettività finanzi in maniera progressiva i separati ricchi (che hanno un’aliquota più alta) rispetto ai separati più poveri, sottoposti ad aliquote più basse, e ai separati poveri che spesso non hanno nessuna aliquota perché incapienti e dunque non possono dedurre né detrarre alcunché. Insomma, esattamente il contrario di quanto sancisce la Costituzione in tema di capacità contributiva.
Molte persone sono competenti nel riportare utilmente questo premio nel rigo giusto del modello 730, ma quanti sanno di cosa si tratti? È sufficiente saper fare? Ai miei studenti di Scienza delle finanze insegno che da detrazioni, deduzioni e incapienza passa il rispetto del principio di equa distribuzione del carico fiscale. Come tutti gli anni, tempo fa – proprio quando ancora le spese mediche erano deducibili e non ancora detraibili, premiando i ricchi e colpendo i poveri – riportai questo concetto nella relazione di accompagnamento alla programmazione che va agli atti della conclusione delle attività nelle classi quinte dirette agli esami di Stato. Il coordinatore della classe mi chiese sardonicamente si eliminare il brano incriminato dalla relazione. Infruttuosamente.
Ai miei studenti segnalo pure e insistentemente che ogni agevolazione accordata agli uni è scaricata sulla collettività. E in questi giorni indico dalla finestra le tante gru del bonus fiscale cosiddetto “110 per cento” con cui chi non ristruttura il proprio condominio sta finanziando il cappotto, la centrale termica e gli infissi nuovi dei condomini più intraprendenti. E ricordo sempre che esistono le imposte sui prestiti e sui mutui che chi non ha soldi – tanto da doverli chiedere a una banca – paga all’atto della concessione del finanziamento alla banca medesima quale sostituto di imposta? Ma che razza di ricchezza è un mutuo? Il mutuo è indice di povertà. Elimineranno questa indecenza con la Grande Riforma in atto?
Che il fisco italiano sia un fisco alla rovescia, che dice una cosa addirittura nella Costituzione (tassazione progressiva) e invece ne faccia spesso un’altra (effetti regressivi e ingiusti, benché nascosti, di imposte, detrazioni e deduzioni), i miei studenti anche quest’anno lo stanno scoprendo pian pianino. L’altro ieri grazie alla rete e alla nostra sete (di conoscenza) abbiamo scoperto dalle pagine interne del Corsera che esiste da tempo immemorabile un’imposta sostitutiva (dell’Irpef), tra le tante, che agevola i ricchi e colpisce i non ricchi, giusto il contrario, ancora una volta, di quel che sancisce la Costituzione. Con questa agevolazione da Robin Hood all’incontrario – che, grazie a proroghe annuali inserite in Finanziarie e decreti collegati con norme apparentemente incomprensibili, ha consentito e consente tuttora di pagare il 5 per cento (cinque per cento!) – sono stati sottratti al gettito e dunque alla collettività ben 25 miliardi (miliardi!) di euro. Quante cose si sarebbero potute fare con 25 miliardi? Il già ministro dell’Istruzione, Fioramonti, per dire, si dimise nel 2019 perché non gli riconobbero poco più di un miliardo da spendere nella scuola. Ed è singolare che sia un Draghi “ricco e dittatore” a scoprirlo, nell’ambito dei lavori legati alla delega per la Grande Riforma Fiscale e a volerla finalmente eliminare, la citata indecenza, dopo tanti governi trascorsi. E pensare che le masse si mobilitano e pure con sollecitudine contro le quisquilie, come successe al centesimo di euro sul sacchetto della frutta oppure, per stare al fisco, con la recente richiesta di riduzione dei dell’IVa sugli assorbenti.