Il digitale nella scuola, secondo il presidente dell’Invalsi: riflessioni e limiti. Lettera

Inviata da Enrico Fortunato Maranzana – Il presidente dell’Invalsi, Roberto Ricci, ha recentemente pubblicato Le competenze digitali nella scuola. Un ponte tra passato e futuro. Il suo contributo merita attenzione, poiché l’ente da lui diretto svolge un ruolo essenziale di feed-back: misura il divario tra gli obiettivi educativi e i risultati effettivamente raggiunti.
Tuttavia, l’assenza di un percorso chiaro e strutturato verso il futuro indebolisce l’impostazione generale del volume. Esso offre consigli e suggerimenti volti a stimolare la riflessione e la consapevolezza sulla funzione del digitale nella scuola ma manca di un disegno organico d’orientamento. Inoltre, benché la scuola statale operi all’interno di un quadro normativo preciso, il testo omette riferimenti espliciti ai vincoli istituzionali che la governano.
Si pensi, ad esempio, alle norme sull’autonomia scolastica, che si sostanzia nella progettazione formativa, educativa e dell’istruzione, e alla legge del marzo 2020, che definisce, come finalità dei processi formativi, “lo sviluppo delle capacità e delle competenze, attraverso conoscenze e abilità, generali e specifiche”. Alla luce di ciò, il volume avrebbe dovuto tracciare una gestione scolastica unitaria, anziché sottendere un approccio parcellizzato. Le capacità e le competenze generali avrebbero dovuto costituire il fondamento della riflessione proposta.
Un secondo punto critico riguarda la centralità attribuita alle competenze digitali. Queste rappresentano, infatti, soltanto la parte emergente dell’iceberg informatico, il cui avvento ha profondamente trasformato la società e ogni campo del sapere. Non esiste disciplina che non sia stata radicalmente influenzata dall’introduzione del pensiero computazionale.
Da ciò discende l’indifferibile necessità di aggiornare la formazione dei docenti, affinché siano in grado di analizzare le proprie discipline evidenziando come le nuove tecnologie costituiscano strumenti fondamentali per il progresso delle relative conoscenze. La competenza digitale, pertanto, non può essere ridotta a un’abilità strumentale aggiuntiva, ma va intesa come parte integrante delle competenze disciplinari, trasformandone in profondità contenuti e modalità di apprendimento.
Senza questa prospettiva sistemica e interdisciplinare, ogni riflessione sul digitale nella scuola rischia di restare superficiale, scollegata tanto dalle esigenze formative quanto da quelle educative.
In conclusione, il volume di Roberto Ricci, pur offrendo spunti di riflessione stimolanti, appare privo di quella visione complessiva indispensabile per guidare l’innovazione scolastica verso il futuro. L’introduzione delle competenze digitali nella scuola richiede, infatti, una dilatazione del tradizionale concetto di materia d’insegnamento, non più solo fondato sui saperi depositati nei sacri testi ma arricchita dai metodi propri delle discipline e dai problemi che sono all’origine della loro scoperta. Si tratta di una mossa strategica perché la manifestazione di una capacità è sovrapponibile ai processi di ricerca disciplinari. Solo in questo modo il pensiero computazionale e l’uso delle tecnologie potranno innervare una gestione didattica collegiale, costruendo un autentico ponte verso il futuro.
Nel suo libro Le competenze digitali nella scuola. Un ponte tra passato e futuro, Roberto Ricci, presidente dell’Invalsi, propone una riflessione importante sul ruolo delle competenze digitali nella scuola. Tuttavia, il testo manca di una visione chiara e sistemica per il futuro, offrendo suggerimenti utili ma senza un disegno organico. Inoltre, pur operando all’interno di un sistema normativo preciso, non si fa alcun riferimento alle regole che governano la scuola statale, come l’autonomia scolastica e le leggi che definiscono gli obiettivi educativi.
Un altro limite riguarda l’approccio alle competenze digitali, che sono presentate come un’area separata rispetto alle discipline. In realtà, la competenza digitale dovrebbe essere integrata nelle diverse materie, influenzando contenuti, problemi e processi di ricerca, modalità di apprendimento. Solo così sarà possibile rispondere in modo efficace alle sfide poste dall’evoluzione tecnologica.
In conclusione, il volume di Ricci offre spunti interessanti, ma risulta privo di una visione sistemica che permetta di affrontare l’innovazione scolastica in modo completo e vincolante. L’introduzione delle competenze digitali richiede un approccio interdisciplinare che unifichi l’azione didattica, realizzando il sogno dei decreti delegati del 74.