Il Covid ha contribuito a scoperchiare il vaso di Pandora della pratica scolastica. Lettera

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Inviato da Romina D’Amico – È la guerra di Piero quella che vivono i nostri maturandi questo Maggio, nel tentativo di sopravvivere al rientro in presenza tra interrogazioni, verifiche ed elaborato.

“Prof. fino a ieri avevo tutte le materie sopra, ora ne ho tre con il 5,25, ho l’ansia” “ Prof. questa settimana ho quattro verifiche e interrogazioni tutti i giorni”, “Prof. non so più da che parte girarmi”, “Prof. non so cosa sto studiando, confondo le materie”.

Queste sono le frasi quotidiane che un insegnante (quello che chiede: “come va?”) sente in classe: la pandemia non ha modificato la solita corsa al voto di fine anno, resa più faticosa dalla ciliegina sulla torta, l’elaborato, da cui partirà il colloquio d’Esame.

Un lavoro personale su un tema stabilito, che, come dicono i ragazzi, “non poteva essere chiesto in mese migliore” (assegnazione del tema a fine aprile e consegna il 31 maggio). Il Covid ha contribuito a scoperchiare il vaso di Pandora della pratica scolastica, già in bilico prima della pandemia: l’affanno, di cui parlano i ragazzi, è sintomo di qualcosa, che nel sistema spiegazione – verifica – valutazione, non funziona e il Covid poco c’entra. I ragazzi non colgono il senso della scuola (i docenti invece sì?) e si chiedono cosa studiano (i docenti invece sanno cosa insegnano?).

Cercasi un fine, onesto, grande, che scansi l’accumulo e permetta di godere la scuola, e sì, anche a maggio, perché dritto all’inferno avrei preferito andarci d’inverno.

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