Redditi degli italiani scesi del 7% in 20 anni. Anief: “Stipendi miserevoli ai dipendenti pubblici, scuola in testa. Recupero IVC e anno 2013 tramite ricorso”
All’interno del 58º Rapporto Censis sulla Situazione Sociale del Paese pubblicato in questi giorni c’è una sezione che non avuto la giusta eco: riguarda il capitolo «I soggetti economici dello sviluppo», all’interno della quale si descrive una situazione di immobilismo economico e sociale, con redditi reali addirittura ridotti del 7% in 20 anni. “Il problema – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che i redditi medi sono di fatto fermi per colpa di quelli miserevoli assegnati ai dipendenti pubblici. Vale come esempio quello che è accaduto negli ultimi 24-30 mesi, durante i quali il costo della vita si è elevato del 16-17% mentre adesso ci accingiamo ad avviare le trattative per il rinnovo contrattuale dello stesso periodo, 2022-24, con meno del 6% di aumento. Se pensiamo che la scuola pubblica raccoglie oltre un milione di dipendenti e altri due milioni lavorano in tutti gli altri ministeri, allora si comprende dove sta la ‘zavorra’ che tiene fermi i redditi dei lavoratori italiani”.
COSA CHIEDE IL SINDACATO
“Come sindacato – spiega il presidente Anief Marcello Pacifico – cominciamo a dare ai dipendenti pubblici l’indennità di vacanza contrattuale piena prevista per legge, che comporta l’impegno di risorse pubbliche pari a circa 8 miliardi, come pure l’anticipo degli aumenti mensili di 150 euro dal 1° gennaio 2024, più 3 mila euro di arretrati. In questo modo potremmo iniziare a parlare di retribuzione giusta e finalmente equiparabile al settore privato. Invece, i lavoratori della scuola continuano a essere costretti a chiedere l’indennità di vacanza contrattuale tramite ricorso al giudice del lavoro. Come pure per il riconoscimento dell’anno 2013 al fine della progressione di carriera e conseguente adeguamento stipendiale attraverso una precisa azione giudiziaria a beneficio di tutti gli iscritti”, conclude il leader del sindacato autonomo.
COSA DICE IL CENSIS
“La sindrome italiana – scrive il Censis – è la continuità nella medietà, in cui restiamo intrappolati. Il Paese si muove intorno a una linea di galleggiamento”.
Ne consegue, continua il Centro Studi Investimenti Sociali, che “la spinta propulsiva verso l’accrescimento del benessere si è smorzata. Negli ultimi vent’anni (2003-2023) il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in termini reali del 7,0%.
E nell’ultimo decennio (tra il secondo trimestre del 2014 e il secondo trimestre del 2024) anche la ricchezza netta pro-capite è diminuita del 5,5%.
La sindrome italiana nasconde non poche insidie. L’85,5% degli italiani ormai è convinto che sia molto difficile salire nella scala sociale”.