Il caso dell’insegnante di Palermo è il caso di un errore non corretto. Lettera
inviata da Giuseppe Bruno – Sul caso della insegnante di Palermo e il Decreto sicurezza. Torniamo a ragionare con, calma ormai passate le elezioni, su un caso un po’ troppo gonfiato.
Se ne sono sentite e fatte di cotte e di crude riguardo al caso dell’insegnante di Palermo i cui allievi hanno paragonato il Decreto sicurezza varato dall’attuale governo alle leggi fasciste antiebraiche del ‘38- ‘39 e lo sgombero del centro d’accoglienza alle deportazioni degli ebrei dello stesso periodo.
Parlando da ex Dirigente Scolastico dico che tutta la vicenda non meritava assolutamente il clamore mediatico che ne è venuto fuori. Il primo a sbagliare è stato sicuramente quel qualcuno “ben informato” di ciò che accadeva in quella scuola, quindi genitore, studente, docente o non docente che ha fatto si che la “ghiotta” notizia arrivasse ad un attivista di destra e da questo fosse lanciata opportunamente e preventivamente strumentalizzata senza neanche un minimo serio accertamento dei fatti nell’arena infuocata del web preelettorale.
Sarebbe bastato avere quel minimo di coraggio e di lealtà, che dovrebbe essere presente in tutti gli attori della scuola – ma purtroppo (ahimè!) c’è sempre meno – perché tutto restasse come doveva restare nel perimetro scolastico e servisse, come dovrebbe essere normale in ogni scuola, a rendere più serio, approfondito e partecipato il dibattito in corso in quella classe in merito all’argomento trattato.
Bastava che quel qualcuno, magari abituato a considerare la scuola non dico una famiglia ma almeno un ambiente emozionalmente positivo volto alla vera formazione dei più giovani e non un’arena di diuturno scontro, palesasse le sue perplessità a chi di dovere, in primis alla docente stessa.
Probabilmente fatto col dovuto garbo lei stessa sarebbe stata la prima a convenire che era del tutto spropositato quel paragone e col dovuto rispetto della “libertà di pensiero” dei suoi alunni li avrebbe resi consapevoli dell’errore – perché di questo si tratta – che stavano commettendo.
Ciò che ne è seguito a livello prima di Miur e poi soprattutto di Usr mostra un certo “nervosismo”, dovuto forse al rovente clima politico, anche nei custodi della correttezza dell’Istituzione che avrebbero potuto essere più miti e dialoganti con la docente anche prima e non solo dopo che il caso era ormai divenuto un “caso politico”.
Comunque l’assurdo del pubblico dibattito che ne è venuto fuori, delle prese di posizione più o meno ufficiali, delle pubbliche manifestazioni di solidarietà e delle petizioni è dato dalla quasi totale assenza in essi di una semplice considerazione che dovrebbe essere invece alla base di tutto ciò e cioè che i ragazzi che vanno a scuola ci vanno per imparare, che quindi spesso e volentieri sbagliano e i docenti ci sono proprio per correggere i loro errori e farli progredire nel conoscere e nel pensare in modo critico e corretto.
Ed proprio questo un caso di errore non corretto; forse per mancanza di tempo, inavvertenza, fretta, dimenticanza o qualche altro errore umano che anche i docenti, essendo esseri umani come gli altri, possono commettere, o forse solo perché doveva esserci una seconda fase di revisione che per qualche motivo, magari proprio per il precipitare degli eventi e le sue ripercussioni mediatiche, è venuta meno; certo ci rifiutiamo di credere che la docente abbia non corretto l’errore per rispettare il “libero pensiero” degli allievi come molte menti illuminate hanno detto nel pubblico dibattito : e se gli alunni le avessero detto in una verifica che il sole gira intorno alla terra avrebbe lo stesso dovuto rispettare il loro “libero pensiero”?
Infatti paragonare la partecipazione dell’Italia del ‘39 ad un genocidio dei più immani nella storia- il varo delle leggi fasciste antiebraiche- ad un decreto sicurezza varato oggi da un governo liberamente eletto e firmato da un Presidente, garante della Costituzione italiana, con solo qualche raccomandazione su qualche articolo, non può essere considerato che un errore ed anche abbastanza grave visto che mostra una totale ignoranza dei due contesti storici.
Per non parlare della “deportazione”, paragonata allo sgombero del centro d’accoglienza. I ragazzi sono stati vittima di una propaganda politica e mediatica che purtroppo in un Italia quasi sempre, ma particolarmente in un momento preelettorale, in competizione politica è molto frequente ed altrettanto invasiva.
Ma la scuola è un’altra cosa… Sarebbe bastato far argomentare ai ragazzi il perché di quel paragone con fatti storici precisi che li portassero a riflettere sui diversi contesti, alla fine ne sarebbe uscito sicuramente qualcosa di originale e interessante valido e corretto, qualunque fosse stato il loro giudizio sul decreto sicurezza, utile a se stessi e agli altri, anche a tanti adulti che specie in televisione hanno dimostrato che della vera scuola non sanno nulla e non gliene importa neanche nulla, salvo a interessarsi di essa e servirsene per fare propaganda.