Il caso della scuola dove il 99% degli alunni è di origine straniera. La preside: “Qui non facciamo inclusione, ma il nostro mestiere. Dobbiamo dare un futuro a questi ragazzi”

Su La Repubblica c’è spazio per la storia della scuola primaria Radice, a Milano. Un microcosmo di multietnicità, dove il 99% degli alunni ha origine straniera.
Tra i banchi, la lingua di Dante si tinge di diversi accenti, principalmente arabo, riflettendo la provenienza egiziana e marocchina della maggior parte dei bambini.
Inclusione senza paternalismi
La preside Annamaria Borando sottolinea come l’inclusione non sia una concessione, ma un dovere. La scuola non si limita ad accogliere, ma si impegna a valorizzare le diverse culture presenti.
Sfide e soluzioni
La quasi totalità di alunni stranieri rende impraticabile il tetto del ministro Valditara. La sfida principale è la lingua, che richiede l’utilizzo di mediatori e interpreti. La didattica viene differenziata per supportare sia i ragazzi di seconda generazione che quelli appena arrivati in Italia. Il metodo Pizzigoni, basato sull’esperienza diretta, aiuta a superare le barriere linguistiche.
Oltre la scuola
L’impegno dei docenti va oltre l’insegnamento: aiutano le famiglie con visite mediche, pratiche burocratiche e ricerca di alloggio. Un sportello settimanale è dedicato al supporto dei genitori. La scuola si impegna a dare ai ragazzi un futuro migliore. Le difficoltà non mancano, ma la speranza è di alimentare la loro “fame di futuro” offrendo loro opportunità e sostegno.
Un modello di integrazione
La scuola Radice rappresenta un modello di integrazione, dove la diversità diventa ricchezza e l’educazione diventa la chiave per costruire un futuro migliore per tutti. La scuola, insieme ad altre realtà come l’istituto Iqbal Masih di Pioltello, rappresenta un esempio di come la scuola possa essere un luogo di incontro e di crescita per tutti, indipendentemente dalle origini.