Il caporalato non si applica al lavoro intellettuale: “L’intelletto non può essere svilito”. L’intervento della Corte di Cassazione. SENTENZA

Con la sentenza n. 43662 depositata lo scorso 28 novembre, la Corte di Cassazione ha stabilito che il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, previsto dall’articolo 603-bis del codice penale, non può essere esteso alle prestazioni di natura intellettuale.
La norma, introdotta per contrastare il fenomeno del caporalato in ambito agricolo, non è applicabile per analogia a contesti lavorativi che coinvolgono attività intellettuali, poiché queste ultime non rientrano nella nozione di “manodopera”.
La decisione è arrivata in seguito al ricorso presentato dalla presidente del Consiglio di amministrazione di una cooperativa operante nel settore dell’istruzione secondaria, accusata di sfruttamento dei lavoratori e sottoposta agli arresti domiciliari anche per il reato di estorsione. Il Tribunale di Roma, in sede di riesame, aveva confermato la misura cautelare, ritenendo che l’imputata avesse approfittato dello stato di bisogno dei lavoratori, costringendoli a restituire parte della retribuzione o a lavorare sottopagati sotto minaccia di non essere riassunti.
Tuttavia, la Cassazione ha annullato l’ordinanza per quanto riguarda il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, rinviando al Tribunale di Palermo per un nuovo giudizio sulle esigenze cautelari legate al reato di estorsione.
La genesi della norma e i limiti di applicazione
La Corte ha sottolineato che l’articolo 603-bis c.p. è stato introdotto con il decreto-legge 138/2011, convertito nella legge 148/2011, per rispondere al fenomeno del caporalato agricolo, particolarmente diffuso nelle campagne del Sud Italia. Successivamente, con la legge 199/2016, la norma è stata ampliata per includere anche chi utilizza o impiega manodopera sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento. Tuttavia, la Cassazione ha chiarito che la norma non può essere estesa a fattispecie non previste dal legislatore, come il lavoro intellettuale, poiché il testo stesso della disposizione e il contesto normativo in cui è inserita si riferiscono esclusivamente a lavori manuali.
La Corte ha evidenziato che il termine “manodopera” è semanticamente legato a lavori manuali, privi di qualificazione, e non può essere applicato a prestazioni intellettuali, che invece rappresentano un elemento identitario e individualizzante. Inoltre, non sono stati soddisfatti i requisiti dello stato di bisogno e dello sfruttamento richiesti dalla norma. La generica crisi occupazionale non può essere considerata sufficiente per configurare uno stato di bisogno, mentre l’impegno lavorativo minimale o simulato, finalizzato all’acquisizione di punteggio, potrebbe rappresentare una scelta consapevole dei lavoratori.
Il reato di estorsione e il rinvio
Per quanto riguarda il reato di estorsione, la Cassazione ha respinto la tesi difensiva secondo cui i docenti, essendo consapevoli delle condizioni contrattuali, non sarebbero stati vittime di estorsione. La Corte ha ricordato che il reato si configura anche quando un datore di lavoro, sfruttando la possibilità di influire sul rinnovo dei contratti, minaccia di non rinnovarli per ottenere vantaggi illeciti, indipendentemente dalla consapevolezza delle vittime. Su questo punto, il caso è stato rinviato al Tribunale di Palermo per un nuovo esame.