Il buono scuola è per il diritto dei genitori-educatori. Lettera

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Inviata da Giuseppe Richiedei – Il Ministro ha confermato in più occasioni la volontà di “introdurre il buono scuola per garantire la libertà di scelta educativa a tutte le famiglie, anche a quelle meno abbienti”. A queste promesse alcuni sindacati rilanciano ripetutamente la denuncia che ogni aiuto alle famiglie è uno stratagemma per sovvenzionare le scuole private (paritarie!) in modo indiretto.

Curiosa è questa interpretazione perché sarebbe come dire che “non si debbano aiutare i poveri a comprare il pane perché sarebbe uno stratagemma per sovvenzionare il
panificio”.

Forse in questa diatriba ideologica che divide da sempre la politica italiana occorrerebbe fa chiarezza tra il fine e il mezzo: si aiutano le famiglie per sovvenzionare le scuole
paritarie, oppure si sovvenzionano le scuole paritarie per aiutare le famiglie a pagare rette calmierate, non strettamente commisurate ai costi di gestione?

Nel nostro caso del “buono scuola nazionale” si vuole aiutare le famiglie, prioritariamente le meno abbienti, ad esercitare il diritto di scegliere la scuola per i propri figli, come accade in quasi tutti i Paesi democratici. Solo in Italia questo diritto, proclamato dalla Costituzione (art.30) non viene garantito se non a coloro che sono in grado di pagare le rette per la frequenza. I genitori poveri, in Italia, da sempre non possono esercitare uno dei diritti più importanti e decisivi per lo stesso sistema democratico. La libertà di pensiero e di parola va garantito a partire dalla case, per esserlo anche nelle piazze o nelle istituzioni.

A questo proposito la “Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia” afferma: “Gli Stati devono rispettare il diritto e il dovere dei genitori o alla occorrenza, dei tutori, di guidare il fanciullo nell’esercizio del diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione” (art. 14).

Il “buono scuola nazionale”, quindi persegue la finalità primaria di cominciare a riconoscere e garantire il diritto inviolabile di educare e istruire i figli; perseguendo questo
fine si raggiunge ovviamente anche “l’effetto collaterale” di aiutar anche le scuole frequentate, ma è scorretto invertire l’ordine logico e valoriale tra il fine e il mezzo.

La sovvenzione delle scuole paritarie è uno dei mezzi per riconoscere che i genitori non sono solo procreatori, lavoratori, cittadini, ma anche primi educatori dei figli, titolari del diritto costituzionale di essere aiutati in questo compito (art. 3, 34). E’ la stessa legge di parità a obbligare le scuole paritarie ”ad accogliere chiunque che, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con disabilità”.

Per altro, il diritto educativo dei genitori è riconosciuto non solo dalle scuole paritarie ma anche dalle scuole statali con la partecipazione di genitori e studenti negli organi collegiali, e dall’intera società dove “il loro compito educativo può essere surrogato solo in caso di incapacità dei genitori” (art.30).

In conclusione “il buono scuola per garantire la libertà di scelta educativa a tutte le famiglie, anche a quelle meno abbienti”, correttamente inteso, dovrebbe essere accolto da tutte le forze politiche e culturali perché sia adeguatamente finanziato al fine di cominciare a sopperire in modo significativo alla grave discriminazione ai danni dei “genitori educatori”, che costituiscono, pure, la gran parte della popolazione, con il compito decisivo per il futuro di tutti “di generare, di curare e di educare le nuove generazioni”

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