“Il 93% degli studenti dell’ITS trova un’occupazione. Con il 4+2 si può ridurre la distanza fra scuola e mondo del lavoro”. INTERVISTA con Di Mauro (ITS Archimede di Siracusa)

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La riforma degli istituti tecnici e professionali, con la sperimentazione della filiera tecnologico-professionale del 4+2, potrebbe rappresentare una vera rivoluzione che coinvolge tanto il sistema di istruzione che quello del mondo del lavoro. Una rivoluzione culturale, potremmo azzardare. Nonostante ciò, ancora si fa fatica a comprendere il ruolo degli ITS, gli istituti tecnologici superiori, all’interno di tale scenario.

La riforma

La riforma della filiera professionale è stata pubblicata in via definitiva in Gazzetta Ufficiale lo scorso agosto. Per diventare operativa, il Ministero dovrà emanare entro il 31 dicembre 2024, come previsto dal Pnrr dopo un primo rinvio del traguardo inizialmente previsto per il 2023, due decreti attuativi di concerto con altri ministeri e previa intesa in Conferenza unificata.

L’introduzione del “campus”, con la creazione di una comunità educativa che riunisce scuole, centri di formazione professionale e ITS Academy, mettendo al centro dell’attenzione lo studente. L’iniziativa prevede l’inserimento temporaneo di docenti esterni provenienti dal mondo imprenditoriale per fornire un maggiore supporto all’apprendimento di competenze tecniche degli studenti.

Gli studenti che seguono i percorsi quadriennali avranno la possibilità di accedere ai corsi offerti dagli ITS Academy e di sostenere l’esame di Stato presso l’istituto professionale di riferimento, configurando così un modello formativo 4+2.

Viene inoltre prevista l’espansione e l’adeguamento dell’offerta formativa, promuovendo la mobilità tra diversi percorsi educativi e la certificazione delle competenze acquisite.

La riforma incoraggia anche la stipula di accordi di partenariato per potenziare l’alternanza scuola-lavoro e i contratti di apprendistato, valorizzando i progetti creativi e le invenzioni soggette a diritti d’autore e proprietà industriale, sviluppati nei percorsi tecnici e professionali.

Infine, i sistemi di formazione regionali possono partecipare alla sperimentazione, che sarà validata dall’Invalsi per garantire una formazione equiparabile a quella statale.

L’opportunità amplia le opzioni per gli studenti, permettendo loro di iscriversi non solo agli ITS, ma anche all’università.

Gli ITS e l’attività della Fondazione Archimede a Siracusa

Gli ITS esistono in realtà da diversi anni e si configurano come dei percorsi formativi specializzati post diploma. Il punto di forza di questi istituti risiede in una formazione orientata fortemente alle richieste del mondo del lavoro e una conseguente vicinanza alle realtà imprenditoriali del territorio in cui sono presenti.

I docenti che operano negli ITS sono infatti per lo più professionisti provenienti dai vari settori lavorativi che hanno il compito di “prendere” le conoscenze teoriche degli studenti e indirizzarle verso i contesti reali, seguendo i trend dettati dal mercato del lavoro.

In questo articolo raccontiamo l’attività della Fondazione ITS Archimede di Siracusa, costituita nel 2010 ma che dopo una ristrutturazione dell’assetto, oggi si trova ad essere uno degli esempi più virtuosi fra gli ITS a livello nazionale. A colloquio con Orizzonte Scuola, il direttore generale Giovanni Di Mauro spiega i risultati raggiunti fino ad oggi dall’ITS Archimede e commenta la riforma voluta dal Ministro Valditara, tracciando i prossimi obiettivi.

Parliamo della Fondazione ITS Archimede di Siracusa. Ci racconti della sua attività

Partiamo col dire che ci sono 140 ITS in Italia, 11 in Sicilia, la nostra area di competenza è quella del turismo e le attività culturali. Negli ultimi anni abbiamo aperto le porte sempre più al mondo delle imprese, per sopperire al quel famoso mismatch, le differenze fra le competenze che a vari livelli gli studenti possiedono all’uscita dai percorsi di studio tradizionali. In tale prospettiva, la presenza e co-progettazione con le imprese ci ha permesso di elaborare piani di studio in linea con la richiesta delle imprese. Oggi i ragazzi che vanno in aula hanno un piano di studi redatto un mese prima, perfettamente aggiornato con i fabbisogni specifici. Invece, nei percorsi tradizionali i piani di studio sono aggiornati 3 anni prima. In questo momento noi abbiamo 12 nuovi primi anni, 3 in provincia di Siracusa e il resto nelle varie province siciliane. In totale abbiamo 16 classi con i secondi anni, più gli studenti che devono sostenere l’esame al termine del quale dobbiamo seguire la fase di placement. Noi dopo che li diplomiamo li seguiamo per i 12 mesi successivi per aiutarli ad entrare nel mondo del lavoro.

Quali ricadute occupazionali al termine dei percorsi? C’è veramente un passaggio più semplice verso il mondo del lavoro?

La percentuale media è intorno all’’86% a livello nazionale. L’ultimo monitoraggio Indire, grazie ad un lavoro che abbiamo fatto con tutte le imprese, ci vede avanti rispetto alla media nazionale, quindi intorno al 93% di studenti che dopo aver concluso il nostro percorso si ritrova occupato.

Una percentuale notevole …

Portare 93 studenti su 100 verso l’occupazione, in un settore come quello del turismo e la cultura, soprattutto al Sud, non è impresa facile. Ci sono settori come quello della meccanica e la meccatronica, che favoriscono maggiormente questi passaggi. Nel nostro settore è difficile. E c’è comunque anche molto sommerso. Quindi il 93% è solo quello certificato. Noi abbiamo una finalità, formare le persone su quelle che sono le competenze che chiede il mondo del lavoro. Ma a tutto questo bisogna affiancare delle politiche di sviluppo economico efficace. Non possiamo fare tutto noi.

Chi sono i vostri docenti?

Il 100% dei nostri docenti sono tutti esterni. Di questi, oltre il 60-70% provengono dal mondo del lavoro. Quindi, direttori d’albergo ad esempio. Il resto sono docenti universitari che invece vanno ad erogare materie più trasversali. In alcuni casi abbiamo anche docenti di scuola secondaria.

Perché c’è sempre in Italia un po’ di sospetto nell’affiancare l’istruzione al mondo del lavoro, secondo lei?

C’è una distanza fra le competenze in possesso degli studenti al termine del loro percorso scolastico e quelle richieste dal mondo del lavoro. Ci si affanna molte molto affinché scuola e lavoro dialoghino. Ma tutto ciò è faticoso. Per questo nasce l’ITS, per mettere in comunicazione e ridurre le distanze fra scuola e lavoro. Ancora oggi l’Università è considerata un ascensore sociale. Dopo il diploma che faccio fare a mio figlio? L’Università. E questo approccio non è funzionale.

Perchè?

Il termometro ce lo dà l’enorme numero di laureati presenti all’interno dei nostri percorsi. Soprattutto nel marketing dei beni culturali. Il 60/70% degli studenti sono già laureati. Studenti laureati in archeologia, in lingue, scienze dei beni culturali, scienze della comunicazione. Studenti che vedono nei nostri corsi del master post-lauream, che frequentano non tanto per migliorare le proprie competenze, ma per applicare quello che hanno studiato in contesti reali, confrontandosi con i docenti che vengono dal mondo del lavoro. In definitiva, per mettersi in contatto con il lavoro. E poi c’è un altro aspetto da considerare.

Quale?

Nelle nostre classi sono in molti ad essere già impiegati in quel determinato settore. Ma oggi c’è il rischio di essere buttati fuori dal mondo del lavoro a causa del mancato aggiornamento delle competenze. Un altro obiettivo dell’ITS non è quindi solo formare le risorse e aiutarle ad entrare nel mondo del lavoro, ma anche questo aspetto di ricollocare e aggiornare le competenze per stare al passo con i tempi. Si può fare upskilling o reskilling dunque.

Come vede la riforma dei tecnici e professionali, con l’istituzione della filiera del 4+2 fortemente voluta dal Ministro Valditara?

In generale, purtroppo, la riforma viene vista con molto scetticismo. A torto, direi. Nell’ultimo anno, abbiamo attivato 15 filiere sul 4+2 lavorando con istituti tecnici e professionali per fare in modo di poter formare classi quadriennali con studenti che conseguiranno il diploma valido per accedere al livello quinto livello EQF o ITS. Grazie a tale riforma potremo iniziare a lavorare fin dal primo anno di scuola superiore, perché è innegabile che quando ci si trova al passaggio dalla terza media al primo superiore, quella è la fase cruciale. Ed è lì che si crea la dispersione scolastica. Più avanti spesso si verifica invece il fenomeno del riorientamento dopo un paio d’anni o addirittura al termine del diploma, perché la scelta si è rilevata sbagliata alla fine da parte dello studente.

Quindi?

Dobbiamo mettere le caselle al proprio posto. L’ideale sarebbe che ogni studente possa fare una scelta consapevole e di un percorso orientato verso quella che è la sua predisposizione. In questo modo probabilmente potrà avere un risultato più efficace nel placement. Quando noi accogliamo tanti laureati, significa che stiamo riorientando molte persone che già hanno un percorso di studio completo ma che non riescono a spendere. Ecco perché è fondamentale riuscire a parlare già con le scuole medie.

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