I supplenti temporanei e su spezzone di cattedra possono avere la Carta del docente, il Tribunale di Roma risarcisce una precaria difesa da Anief con 1.500 euro perché ha svolto un lavoro “sostanzialmente analogo” ai colleghi di ruolo

Anche le supplenze temporanee concorrono all’assegnazione della Carta del docente ai precari: lo ha confermato il tribunale del lavoro di Roma, che si è espresso favorevolmente alla tesi prodotta dai legali dell’Anief in difesa di una insegnante che ha svolto dei servizi a tempo determinato a seguito della stipula di contratti non annuali.
La docente, in particolare, tra il 2021 e il 2023 ha realizzato delle supplenze attraverso supplenze cosiddette “brevi e saltuarie”, ma avendo accumulato oltre 180 giorni nell’anno scolastico ha comunque avuto pieno diritto ad accedere alla card per l’aggiornamento professionale incassando complessivamente 1.500 euro.
Nella sentenza di Roma, il giudice ha ricordato che la Corte di Cassazione a fine ottobre 2023, con una espressione chiarissima, “non ha escluso la possibilità che anche supplenze brevi- che, sulla base di una valutazione ex post, di fatto coprano un lasso temporale pari o superiore a quello delle supplenze che giustificano il pieno riconoscimento della Carta, ossia le supplenze annuali o sino al termine delle attività didattiche- possano costituire presupposto del diritto alla Carta, specificando che a tal fine potrebbe essere recuperato un termine “sostanzialmente analogo” ai 180 giorni, di effettivo servizio già previsto dall’art. 489, comma 1, oggi modificato”. E il ragionamento, sempre secondo il giudice del lavoro, vale anche per coloro che hanno svolto le supplenze attraverso degli “spezzoni” orari, quindi inferiori all’orario cattedra tradizionale.
Come se non bastasse, sempre il giudice di Roma ha ricordato che anche il Consiglio di Stato, nel 2022, ha spiegato che l’esclusione dei precari dalla Carta del docente “oltre a rappresentare una evidente sperequazione ai danni dei docenti assunti a termine, che vengono onerati personalmente delle spese destinate alla propria formazione, a differenza dei propri colleghi di ruolo, non appare neppure improntata al canone di buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto comporta il concreto rischio di “creare un sistema a doppio binario non in grado di assicurare la complessiva qualità dell’insegnamento”.
Infine, il giudice del lavoro della capitale ha condiviso pure “le considerazioni svolte dal Tribunale di Roma nella sentenza emessa in data 12.9.2023 nel giudizio n. 17179/2023 RG che ha ritenuto “Una recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea della VI Sezione del 18 maggio 2022, resa nella causa c 450/2”, la quale ha “statuito che il comma 121 della legge 107 del 2015, nella parte in cui non attribuisce il bonus di € 500,00 al personale a termine, contrasta con la clausola 4 dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (recepito con Direttiva 1999/70/CE)”, perché “riserva al solo personale docente a tempo indeterminato del Ministero dell’istruzione, e non al personale docente a tempo determinato di tale Ministero, il beneficio di un vantaggio finanziario dell’importo di EUR 500 all’anno, concesso al fine di sostenere la formazione continua dei docenti e di valorizzarne le competenze professionali”.
Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “sulla Carta del docente si sta realizzando quello che sosteniamo da anni: anche i precari, prescindendo dal tipo di contratto sottoscritto, a patto che abbiano svolto un minimo di supplenze entro l’anno scolastico, devono vedersi assegnare la card per l’aggiornamento da 500 euro annue. Quello che ha deciso il Tribunale di Roma, sulla base delle posizioni favorevoli della Corte di Cassazione, oltre che della Corte di Giustizia Europea e prima ancora del Consiglio di Stato, rappresentano delle pietre miliari che in campo giudiziario non possono essere omesse. Ma anche in quello legislativo, tanto che il Parlamento, magari su spinta del Governo, farebbe bene a cambiare la norma incompleta approvata con l’articolo 1 della Legge 107/15. Nel frattempo – conclude Pacifico – per i precari che cercano giustizia e di recuperare il moltolto, non rimane altro che fare ricorso gratuito con Anief, facendo attenzione a non superare cinque anni dalla stipula del contratto a tempo determinato: in questo modo, avranno ampie possibilità di recuperare fino a 3.500 euro più gli interessi nel frattempo maturati”.