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I reati contro la Pubblica Amministrazione: vademecum per Dirigenti e DSGA

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Con questa guida si intende fornire uno strumento utile ai Dirigenti scolastici e ai Direttori dei servizi generali e amministrativi per individuare e inquadrare le fattispecie di reati più importanti, a danno dell’istituzione scolastica quale pubblica amministrazione, che possono configurare nell’ambito dell’esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

I seguenti reati, che di seguito saranno analizzati nei loro connotati essenziali per permetterne una agevole comprensione anche al pubblico lettore privo della formazione giuridica necessaria, sono disciplinati nel Libro secondo, Titolo II, Capo I del Codice Penale.

DS e DSGA pubblici ufficiali.

I Dirigenti scolastici e i Direttori dei servizi generali e amministrativi esercitano le rispettive competenze e funzioni in qualità di pubblici ufficiali.

La nozione di pubblico ufficiale è fornita dall’art. 357 del c.p.: “Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.

Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.

La qualità di pubblici ufficiali è un requisito fondamentale per la configurabilità dei reati sotto riportati.

Peculato.

Il pubblico ufficiale che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.

Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.

Questo è uno dei reati più diffusi.

Peculato mediante profitto dell’errore altrui.

Il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000.

Concussione.

Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Corruzione per l’esercizio della funzione.

Il pubblico ufficiale che, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da tre a otto anni.

Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio.

Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni.

Induzione indebita a dare o promettere utilità.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi.
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni ovvero con la reclusione fino a quattro anni quando il fatto offende gli interessi finanziari dell’Unione europea e il danno o il profitto sono superiori a euro 100.000.

Istigazione alla corruzione.

Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale, per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena della reclusione da tre a otto anni ridotta di un terzo.

Se l’offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena della reclusione da sei a dieci anni ridotta di un terzo.

La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.

La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato.

Abuso di ufficio.

Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.

Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio.

Il pubblico ufficiale, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale che, per procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie d’ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione.

Il pubblico ufficiale che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

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