I mezzi di correzione, il loro abuso e il reato di maltrattamento in ambito scolastico. Partiamo da una recente sentenza

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Va condannata per il reato di maltrattamenti continuato e aggravato nei confronti dei bambini a lei affidati per ragioni di educazione e istruzione, l’insegnante che in classe tiene un comportamento violento, vessatorio, che si concretizza in percosse, insulti, minacce e umiliazioni. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione VI Penale, nella Sentenza dell’8 novembre 2023, n. 45096.

La condanna per maltrattamenti in appello

In sede d’appello un’insegnante prevalente di una Scuola primaria veniva dichiarata responsabile del reato di maltrattamenti continuato e aggravato nei confronti dei bambini a lei affidati per ragioni di educazione e istruzione, tenendo in classe un comportamento violento, vessatorio, concretizzatosi in percosse, insulti, minacce e umiliazioni con le espressioni riportate nell’imputazione. La Cassazione ha confermato l’inquadramento della vicenda del giudice d’appello.

Le prove fondate sulle videoriprese eseguite nella classe

Sono state confermate le operazioni di intercettazione audiovisiva come legittimamente eseguite e utilizzabili, in quanto regolarmente autorizzate dal Giudice per le indagini preliminari. La Corte di appello aveva disposto la rinnovazione istruttoria, procedendo a visionare in contraddittorio le videoriprese e a disporre l’audizione dei minori, destinatari delle aggressioni verbali e fisiche dell’insegnate, al fine di colmare le lacune e risolvere le incongruenze e le contraddizioni ravvisate nel ragionamento del giudice di primo grado. In particolare, la Corte di appello aveva ribaltato il giudizio assolutorio alla luce dell’approfondimento istruttorio disposto, assegnando centralità alle videoriprese, svalutate e interpretate in modo non corretto dal primo giudice, che aveva minimizzato i comportamenti e gli atteggiamenti verbali della ricorrente, ritenendoli bilanciati e contraddetti da atteggiamenti affettuosi verso gli alunni.

L’audizione protetta dei minori

La Corte di appello ha chiarito di aver ritenuto necessario sentire direttamente le persone offese sia perché mai ascoltate nel corso delle indagini, trattandosi di minori di dieci anni all’epoca dei fatti, sia perché l’audizione mirava a verificare l’affidabilità di quanto emergeva dalle immagini, visionate in contraddittorio. In tal modo la Corte ha dato atto di aver rilevato una criticità della sentenza di primo grado, che, pur riscontrando la lacuna istruttoria, costituita dalla mancata audizione protetta dei bambini, non aveva ritenuto necessario colmarla e aveva valutato le risultanze dei filmati in modo contraddittorio, dapprima affermando che le immagini avevano messo in luce la condotta inequivocabilmente maltrattante dell’insegnante nei confronti dei discenti per poi ritenere che i comportamenti e le espressioni verbali registrati non integrassero il reato contestato perché bilanciati da atteggiamenti affettuosi, “al limite dello sdolcinato”, potendo al più dimostrare l’inadeguatezza dell’imputata, avendone rivelato il carattere isterico.

La convergenza delle dichiarazioni rese dalle persone offese sull’abituale ricorso della ricorrente a espressioni umilianti, a gesti sprezzanti o a schiaffi sul viso, sulla testa o sulla nuca, per censurare errori o difetti di apprendimento, ha trovato puntuale riscontro nelle riprese, che mostravano il gesto spontaneo con cui i minori si proteggevano la testa al passaggio dell’insegnante tra i banchi, coerentemente ritenuto indicativo del timore di essere colpiti. Non meno coerente è stato ritenuto il rilievo attribuito alla frequenza delle condotte, alla non episodicità dei comportamenti, integrante l’abitualità del reato contestato, sicché è risultato pienamente giustificato il ravvisato clima di tensione, di paura e di soggezione derivante dal comportamento vessatorio e incline alla violenza dell’insegnate.

La qualificazione come “maltrattamenti” della condotta

Per la Cassazione è risultata corretta, avuto riguardo:

  • al clima di timore ammesso dalle persone offese e riscontrato dalle immagini, analizzate in sentenza;
  • alla ripetitività e frequenza dei gesti, delle espressioni di disprezzo e umilianti registrate;
  • alla decisività dei dati emersi dalle videoriprese, letti e interpretati alla luce delle dichiarazioni delle vittime, rispetto ai quali sono stati implicitamente ritenuti recessivi gli elementi indicati dalla difesa, essendo i fatti accertati idonei a instaurare un clima di timore e a ledere l’integrità psicofisica dei minori.

La condotta ondivaga e incostante dell’insegnante

L’analisi delle dichiarazioni dei minori e dei filmati ha dato conto della valutazione più completa effettuata dalla Corte di appello, che ha attribuito rilievo anche al comportamento ondivago e incostante della donna e alla consapevolezza di tenere un comportamento non adeguato al suo ruolo di educatrice, come si ricavava dai discorsi intercettati coi bambini, nei quali si preoccupava di quello che avrebbero potuto riferire ai genitori nonché dalle riprese, che documentavano l’alternanza di comportamenti affettuosi dopo i rimproveri.

L’incompatibilità delle condotte aggressive col potere correttivo e il metodo educativo

L’uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito, atteso che l’abuso dei mezzi di correzione presuppone l’uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali l’esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l’obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate (Cassazione, Sez. 6, n. 11777/2020), mentre l’uso sistematico della violenza quale metodo di trattamento del minore, anche se sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nella fattispecie di abuso di mezzi di correzione, ma concretizza gli estremi del più grave reato di maltrattamenti. Esula dal perimetro applicativo della fattispecie incriminatrice dell’abuso di mezzi di correzione o di disciplina in ambito scolastico qualunque forma di violenza fisica o psichica, ancorché sostenuta da “animus corrigendi”, atteso che le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l’esercizio lecito del potere correttivo ed educativo, che mai deve deprimere l’armonico sviluppo della personalità del minore, lì dove l’abuso ex articolo 571 c.p. presuppone l’eccesso nell’uso di mezzi che siano in sè giuridicamente leciti (Cassazione, Sez. 6, n. 13145/2022).

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