“I giovani non possono vedere adulti che non spronano. La scuola e gli ambienti in cui vivono devono essere comunità di vita”. INTERVISTA a Virginia Kaladich

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“Dobbiamo sorridere e dare speranza ai nostri ragazzi, che spesso non hanno di fianco adulti significativi che li aiutano a proiettarsi verso il futuro con carichi di speranza. E loro non possono vedere adulti che non spronano” E ancora “La scuola è cambiata e sta cambiando in questi anni in cui ci siamo lasciati alle spalle la pandemia che ci ha lanciati verso sfide complesse che non possiamo semplicemente subire”.

Usa parole dure unite a parole di speranza, la preside Virginia Kaladich”. Lo fa margine del Convegno Nazionale dal titolo “L’Educatore, un ponte verso il futuro dell’altro: insieme scopriremo cose meravigliose!” promosso e organizzato da FIDAE, la federazione di Scuole Cattoliche primarie e secondarie, di cui la Kaladich è presidente e che anche quest’anno si svolge presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, in Piazza di Sant’Apollinare, il 22 e 23 novembre. Il Convegno è aperto a tutti.

“Oggi, con i rischi e le opportunità legate a digitale e ancor più alla IA – prosegue la presidente – la vera sfida è quella di porre al centro la persona, nella sua unicità, valorizzando al relazione con l’altro, la crescita personale e collettiva e l’educazione come strumento per affrontare le complessità della società odierna. Siamo davvero lieti di fermarci a riflettere su queste e tante altre tematiche durante i nostri due giorni del nostro convegno che sono aperti a tutti, perché la scuola riguarda davvero la comunità a 360 gradi, perché è qui che si formano i futuri cittadini del nostro paese”.

L’evento, rivolto a dirigenti scolastici, gestori, coordinatori, docenti e genitori delle scuole cattoliche, ha rappresentato un’importante occasione per riflettere insieme sulle sfide educative contemporanee. E’ “un momento di scambio e confronto – spiegano gli organizzatori – dove i partecipanti si propongono di esplorare nuove prospettive educative, partecipando ad approfondimenti tenuti da esperti del settore educativo e formativo, dedicati all’approfondimento di tematiche centrali per la scuola di oggi e di domani. Un’occasione per condividere esperienze, buone pratiche e trovare nuove vie per costruire insieme un futuro migliore per le giovani generazioni”.

Presidente Virginia Kaladich, la scuola è dunque cambiata?

“Dopo la pandemia la scuola andava innovata ma non spolverando il vecchio modello di scuola, perché durante la pandemia sono successe tante cose e la scuola non può tornare come prima. Però non siamo stati bravi a capire che la scuola doveva essere una scuola nuova, attenta alle esigenze dei nostri alunni, uno spazio aperto per il dialogo con gli studenti”.

La pandemia ha lasciato i segni sui ragazzi, ma tanti problemi sono tutti da addebitare alla pandemia?

“Ormai la pandemia è lontana ma i postumi ci sono tutti. Siamo davanti a un mondo di adolescenti e di giovani che hanno delle ferite profonde, certo non solo legate al Covid ma quel periodo caratterizzato da isolamento non ha consentito di creare legami profondi ma ha anzi creato paure. E poi non abbiamo saputo offrire ai giovani una nuova scuola perché, insisto, la scuola non può più essere quella del passato: noi dobbiamo guardare al futuro”

Che poi è il tema del convegno

“Esatto. L’educatore, un ponte verso il futuro dell’altro: insieme scopriremo cose meravigliose!” è il titolo del nostro convegno. Dobbiamo dare ai nostri giovani la capacità di sognare. I nostri ragazzi non sono stati stimolati a questo. Non sempre hanno di fianco adulti significativi che li aiutano a proiettarsi verso il futuro con carichi di speranza: non possono vedere adulti che non spronano. Noi non dobbiamo sostituirci ai giovani ma dobbiamo accompagnarli”.

E invece?

“E invece spesso ci presentiamo appesantiti e non siamo persone di speranza. Nelle nostre scuole, nei nostri cortili che adulti incontrano? Incontrano adulti che sanno sperare? Perché la gioia e la speranza contaminano. Questo nostro incontro è un’occasione per noi adulti che vogliono far capire che solo insieme si potrà stare bene. Noi passeremo di scena e resterà la forza di guardare al futuro, di sfidare il futuro e ognuno di noi darà contributo. Parliamo tra adulti ma dobbiamo dare una speranza a loro, che ci osservano. E se noi siamo spenti, appesantiti o tristi non diamo messaggi di speranza. Se gli adulti mi danno tutto questo – dicono loro – che cosa possiamo sperare? Giovanni Paolo II diceva che il futuro nasce oggi attraverso i giovani che formiamo. I giovani sono il futuro e sono oggi nella misura in cui investiamo su di loro.

Qual è il ruolo della scuola in questa sfida?

“La scuola e gli ambienti in cui vivono devono essere comunità di vita che nella libertà dei ruoli dei singoli attori agisce nella speranza: ecco, dobbiamo dare speranza. Occorre scoprire le meraviglie che la verità infinita ci offre nell’universo e nella storia. La scuola ha un ruolo fondamentale. Serve un ponte perché si possa vivere il futuro”.

Un impegno che deve saper parlare il linguaggio della speranza

“Il Giubileo è alle porte. Interesserà tutti. Sarà un pellegrinaggio di speranza, e saper regalare speranza ai nostri giovani è il dono più grande che si possa fare. Spesso rincorriamo l’ultimo portatile, l’ultimo modello di smartphone, rincorriamo oggetti che costano tanto ma a volte non facciamo conoscere l’investimento più grande che è quello che facciamo su noi stessi. Educare significa trarre fuori e allora dobbiamo aiutare i ragazzi a trarre fuori queste forze per guardare con speranza al futuro con la certezza che il contributo di ognuno di loro servirà all’umanità intera. Dobbiamo farli sognare in grande”

Una bella sfida, insisto

“E’ una sfida grandissima ma la dobbiamo saper cogliere altrimenti non siamo adulti significativi. Non possiamo essere adulti senza sorriso. Il futuro è fatto di cose meravigliose e noi non dobbiamo privare i nostri ragazzi del potere di meravigliarsi, anzi dobbiamo accompagnarli come adulti significativi che vivono la propria vita con pienezza. Hanno davanti una situazione disastrosa e se noi non daremo messaggi di speranza sarà una tragedia. I ragazzi sapranno sognare nel momento in cui troveranno educatori che guardano a testa alta verso il futuro con grande speranza e fiducia, un ponte verso il futuro dell’altro”

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