“I docenti sono stressati: poco tempo per la didattica e tante lotte con genitori invadenti. A farne le spese gli studenti”. INTERVISTA

A Firenze è nato un progetto che accoglie e supporta gli studenti in difficoltà che decidono di lasciare la scuola a causa della troppa ansia da prestazione. Ragazzi che non si sentono all’altezza e che non riescono talvolta nemmeno ad uscire di casa.
Ecco allora che a Villa Lorenzi a Firenze, un Centro Diurno nato principalmente per sostenere ragazzi in difficoltà dal punto di vista familiare o soggetti a dipendenze da sostanze, adesso, grazie al lavoro coordinato di esperti di pedagogia, psicologia, psichiatria e al volontariato di alcuni insegnanti in pensione, si accompagnano gli studenti che soffrono di “ansia da scuola”.
A Orizzonte Scuola Francesca Zatteri, pedagogista clinico dell’Associazione Progetto Villa Lorenzi, ci spiega nel dettaglio il progetto e prova ad analizzare le cause che portano in questa epoca gli studenti a soffrire di tali disagi.
Dottoressa Zatteri, ci spiega come è nato questo progetto?
Tutto è nato a seguito di un’esperienza pratica. Siamo un centro diurno per minori, e giovani in difficoltà inviati dai servizi socio-sanitari, alcuni di questi hanno problemi correlati al consumo/dipendenza da sostanze psicoattive. All’interno dei progetti esiste anche un gruppo con problemi di sostanze, anche per adulti. Abbiamo tanti contatti con le scuole, sia per progetti avviati sia per la collaborazione per i ragazzi che seguiamo direttamente. Poi è successo che un genitore è venuto da noi e ci ha raccontato che il figlio non era riuscito a concludere la quinta superiore. L’anno successivo ci ha provato di nuovo il ragazzo aveva ansia e non riusciva. Così l’abbiamo accompagnato, sostenuto emotivamente e didatticamente, in collaborazione con l’Istituto di appartenenza. C’era anche uno psichiatra che lo seguiva. Alla fine lo studente è riuscito a superare il quinto anno di superiori e in seguito si è iscritto all’Università.
Quindi un primo caso che poi ha aperto la strada al progetto…
L’anno successivo si era bloccata una ragazzina in prima media. Anche in questo caso la scuola ha suggerito ai genitori di prendere contatto con noi. Non siamo riusciti ad aiutarla a superare le sue paure ma è venuta da noi quasi ogni giorno, sostenendo poi un esame da privatista e adesso sta frequentando regolarmente la terza media. Alla luce di queste esperienze, ci siamo chiesti: perché non istituzionalizzare il tutto? Perchè quindi non accogliere questi ragazzi che sono magari bravi ma fanno fatica ad uscire da casa e andare a scuola? Adesso abbiamo 4 ragazzi, con problematiche diverse, e i percorsi sono personalizzati.
Secondo lei, questi disagi sono influenzati dal covid?
Io penso che questo problema esisteva già prima. Per alcuni ragazzi stare a casa durante la pandemia era anche una buona cosa magari. Il problema è dunque preesistente, legato ad una ribellione inconsapevole a questa società basata sulla prestazione che noi adulti abbiamo costruito. In questa società la sofferenza e l’imperfezione non sono consentiti. Non è concesso soffrire. Per cui, secondo me, si è creato un sistema in cui questi ragazzi non si riconoscono in cui non trovano spazio aspetti emotivi.
Che ruolo hanno i docenti in questo quadro? Come dovrebbero porsi davanti a certi scenari oggi?
Partiamo dal presupposto che è veramente difficile generalizzare, oltre che sbagliato. La scuola oggi ha una grande difficoltà. C’è troppa burocratizzazione, e i docenti sono costretti a dedicare tempo a tanti aspetti che esulano dall’aspetto didattico. Quando parlo con gli insegnanti sono infatti sempre molto affaticati. Rubandoti energie, con questo sistema la scuola non può fare molto per questi ragazzi. Le energie che si sono sottratte nel tempo sono proprio quelle che dovrebbero essere dedicate alla relazione studente-docente. In più, se mettiamo che nel frattempo la scuola non è cambiata sul piano dell’aggiornamento, si aggiunge un problema. Se c’è il digitale, se ci sono le Lim, bisogna poterli utilizzare bene. Anche qui, lungi da me dal voler generalizzare, sono stata poco tempo fa in un liceo dove una docente non sapeva neppure accendere la LIM. Se la scuola fa così fatica a stare al passo dei cambiamenti della società e le esigenze, è naturale che non riesca ad accogliere sempre con efficacia le necessità degli studenti.
E le famiglie? Che responsabilità hanno in questo scenario?
Viviamo in una società molto complessa. Ne consegue che le soluzioni sono complesse. Il punto però è che se come adulto faccio fatica a vivere sarebbe necessario mettermi in gioco e farmi aiutare per trovare dei miglioramenti alla mia vita. In questo caso parleremo di un adulto in evoluzione. Purtroppo, ancora la maggior parte delle volte, il messaggio più diffuso è che, davanti ad una difficoltà, ci diciamo che “prima si faceva così quindi si continua fare così”. Quindi, alla fine sono i ragazzi ad essere sbagliati. I genitori oggi, sappiamo, sono difficili da gestire anche per gli insegnanti. C’è un’eccessiva invasione rispetto alla scuola, a causa di un cattivo utilizzo del registro elettronico. E tutto questo non fa bene ai ragazzi e non fa bene ai docenti. Ecco, possiamo dire che il rapporto docenti-studenti è condizionato non solo da quanto abbiamo detto prima ma è anche viziato da un’eccessiva invadenza dei genitori.