I docenti di sostegno non sono di serie B! “I colleghi ci sminuiscono, ci trattano da segretarie e pretendono di decidere il voto del nostro alunno. E non possiamo parcheggiare nel parcheggio della scuola…”

L’insegnante di sostegno è un docente della classe. Di tutta la classe quindi e non solo dell’alunno con disabilità. Lo ribadiamo spesso nei nostri articoli e nei nostri speciali in diretta sui social. Tuttavia, se la teoria non fa una piega la realtà a volte è decisamente diversa. Tanto da far nascere una sorta di brutto mito, ovvero quello che vuole l’insegnante di sostegno essere un docente di serie B.
Cosa dice la normativa
Ma il docente di sostegno, lo ribadiamo, è un docente esattamente uguale agli altri.
Lo dispone la legge n. 104/92 (art. 13, comma 6) e viene ripreso nel D.lgs. 297/94 (Testo Unico della Scuola) all’art. 315, comma 5: “Gli insegnanti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti”.
Pertanto, sulla base delle disposizioni riportate sopra, i docenti di sostegno partecipano alla valutazione di tutti gli alunni della classe, esprimendo, in sede di scrutinio, il proprio voto, come si legge:
- nell’articolo 2, comma 6, del Dlgs. 62/17 (relativamente alla scuola secondaria di primo grado): I docenti di sostegno partecipano alla valutazione di tutte le alunne e gli alunni della classe; nel caso in cui a più docenti di sostegno sia affidato, nel corso dell’anno scolastico, la stessa alunna o lo stesso alunno con disabilità, la valutazione è espressa congiuntamente.
- nell’articolo 4, comma 2, del DPR 122/09 (relativamente alla scuola secondaria di secondo grado): I docenti di sostegno, contitolari della classe, partecipano alla valutazione di tutti gli alunni …
Nella realtà però questo non sempre avviene e quando avviene in diversi casi è proprio l’insegnante che si dedica a bambini e ragazzi con disabilità che deve farsi largo e “rimettere a posto” i colleghi, se non addirittura i dirigenti scolastici, con in mano il Testo Unico. Quando riesce. Purtroppo, a volte non ci si riesce.
I racconti dei docenti
Per fare luce su un fenomeno purtroppo diffuso, abbiamo chiesto ad alcuni insegnanti di sostegno di raccontare la propria esperienza.
“Per la prima volta in otto anni di servizio ho avuto enormi difficoltà a rapportarmi con la collega prevalente della classe. Collega che ha tentato in tutti i modi di sminuire il mio lavoro agli occhi dei bambini, dei colleghi e delle famiglie, collega che ha provato a trattarmi prima come segretaria, poi come sopramobile“, racconta una maestra di scuola primaria.
“Fin dal primo giorno mi sono messa in discussione, ho cercato di ascoltare i suoi consigli sul mio lavoro, pensando che probabilmente, conoscendo l’alunna più di me, potesse essere utile ascoltare. Ma mi sono resa conto che la collega utilizzava modalità totalmente inadeguate nei confronti della bambina che ha una diagnosi di Adhd, disturbo dell’attenzione e disturbo oppositivo provocatorio, costringendo l’alunna a stare seduta per ore, e frustrandola nella mancanza di movimento“, spiega.
“Dopo le prime settimane di osservazione -prosegue – dopo l’incontro con la famiglia e con la terapista, ho “preteso” che venissero accolte le strategie e le metodologie più idonee per il successo formativo della bambina. Questo ha portato ad uno scontro che ancora si protrae, dato che la collega non riesce ad accettare una metodologia di lavoro diversa dalla sua, che è solo di tipo frontale, contenutistica, nozionistica e trasmissiva, probabilmente non riesce a farlo perché significherebbe per lei mettere in discussione sé stessa e non è pronta a farlo. Nonostante la classe di 13 alunni permetterebbe di lavorare sempre in assetto laboratoriale, ciò non avviene mai“.
L’insegnante però parla anche di un altro rapporto, stavolta più sereno e produttivo: “Molto diverso invece il rapporto con la collega a cui è affidato l’insegnamento della matematica, che lavora in assetto laboratoriale, che mi coinvolge nelle attività, che comunica in anticipo il contenuto della lezione e con cui valutiamo insieme se adatto o meno alle potenzialità della bambina”.
“Nei Consigli di classe non tutti i docenti sono complici dell’inclusione, perché certe volte avere la predisposizione all’inclusione sembra quasi una vergogna, si fa di nascosto“, ci racconta un docente di scuola secondaria di primo grado.
“Trovavo il mio alunno con sindrome di Adhd che piangeva, perché aveva problemi con due materie, due professoresse dunque. Loro dicevano che il bambino era furbo, non voleva studiare, mentre invece le diagnosi dicevano che c’erano evidenti problemi di attenzione e sulla memoria, quindi faceva fatica su un focus. Per far capire questo al Consiglio di classe c’ho messo un anno, ma una parte dei professori mi è rimasta ostile fine all’ultimo”.
Il docente si sposta poi dal lato del rapporto fra insegnanti: “sono partite discriminazioni nei confronti dell’insegnante di sostegno, ovvero io, che spesso ho buoni rapporti con l’alunno e quindi spesso è lui che incoraggia cattivi comportamenti nei confronti degli altri, secondo questi professori. Si ha un comportamento aggressivo nei confronti del docente di sostegno, non si saluta la mattina, non gli si dà retta in aula. Atteggiamenti screditanti“.
“A questo si associano anche i dirigenti scolastici. Molti non ti ascoltano quando ci sono queste problematiche“, osserva.
L’insegnante osserva invece che “i ragazzi sono diversi, ti ascoltano, sono sensibili e sono il vero punto di forza della scuola. Sono loro i veri complici dell’inclusione”.
“Quindi, noi siamo considerati solo docenti di serie B, quando invece noi siamo docenti specializzati e per questo effettuiamo un percorso a 360°. Io anzi direi il contrario, che i docenti specializzati sul sostegno sono il massimo che la nostra scuola possa offrire“, conclude.
Non meno frustrante la testimonianza di un’altra docente di sostegno chiamata in causa da Orizzonte Scuola.
“Più volte è stata lesa la mia libertà di insegnamento. Ad esempio quando io restavo in classe con l’alunno con disabilità e gli altri alunni mentre la collega di disciplina andava a fare sostituzione. In più di un’occasione mi ha ordinato di proseguire quello che lei stesse facendo. Una volta ho detto che avevo altro da fare. E lei mi rispose, con decisione, di continuare a fare quello che stava facendo lei, sminuendo la mia figura“, racconta la docente.
Altri esempi di discriminazione: “alle visite guidate io potevo andare solo se l’alunno andava, dopo la garanzia dei genitori, altrimenti io non potevo accompagnare la classe, nonostante io avessi evidenziato la normativa, che dice esplicitamente che io potevo farlo. Tutto ciò anche davanti alla dirigente scolastica“.
“Io sono stata penalizzata anche a mensa – racconta – quando fui inserita nel tempo prolungato dove c’era l’alunna con disabilità che mi avevano assegnato. Ebbene, io non avevo diritto alla mensa e al pasto. Mi era concesso di mangiare il panino in un angolino“.
Poi l’insegnante specializzata di sostegno racconta di aver sempre “accompagnato i miei alunni in bagno ma non per dovere, perchè mi non mi spettava ovviamente, ma solo perché non c’era vigilanza. E io stessa poi non potevo alzarmi e andare in bagno ma chiedere ai colleghi di turno se potevo uscire. Oppure, non mi è concesso prendere un caffè o andare a prendere l’acqua alla macchinetta come gli altri. A noi docenti di sostegno non è concesso parcheggiare la macchina all’interno della scuola”.
Dal punto di vista prettamente didattico poi, la docente sottolinea alcuni aspetti: “Quando c’erano le verifiche in classe non mi sono mai state riferite e annunciate in tempo idoneo e si pretendeva che io le preparassi anche per gli alunni con BES e DSA, cosa che ho sempre fatto alla fine“.
Poi sulla valutazione: “Ancora oggi non mi è concesso decidere il voto dell’alunno perché lo devono decidere loro, gli altri docenti“.
“E quando c’è da votare il collegio dei docenti – aggiunge – noi non ci permettiamo di votare perché siamo in minoranza rispetto agli altri”.
“Tutto ciò non ha scalfito il mio desiderio di aiutare e educare questi alunni. Tuttavia, ho molta rabbia e il pensiero di passare su materia c’è“, ha concluso.
Ciracì (MiSoS): “Docente di sostegno può essere una risorsa per tutta la classe”
“L’errore è quello di considerare l’insegnante di sostegno una risorsa solo ed esclusiva degli alunni con disabilità, senza considerare che l’insegnante di sostegno è assegnato alla classe, contitolare e corresponsabile di tutti gli alunni del contesto classe“, dice Ernesto Ciracì, presidente nazionale del MiSoS, Movimento degli insegnanti specializzati sul sostegno.
“Se consideriamo il docente di sostegno – prosegue Ciracì – una risorsa per la classe attraverso metodologie e strategie didattiche inclusive collaborando in sinergia con i docenti curriculari, i benefici che il contesto classe e non solo l’alunno con disabilità possono ricavarne sono rilevanti in termini di inclusione, di partecipazione attiva e di abilità sociali”.
Secondo il presidente MiSoS, infine, “sarebbe opportuno inoltre, implementare la formazione sulle tematiche inerenti la didattica inclusiva a tutti i docenti curriculari visto sempre più la complessità di un contesto classe eterogeneo e con bisogni educativi e formativi differenti l’uno dall’altro“.