I docenti “addestrano” gli studenti? La scelta lessicale scatena la polemica alla Camera. Il Ministro Valditara risponde citando la Treccani

Un termine che non passa inosservato. La parola “addestramento”, inserita nel ddl Valditara per la riforma degli istituti tecnici, ha acceso un vivace dibattito in Parlamento, contrapponendo il governo alle forze di opposizione.
Il testo del disegno di legge, già approvato al Senato e ora in discussione alla Camera, prevede la possibilità per le scuole di stipulare contratti con le aziende per attività di “insegnamento e di formazione nonché di addestramento” nell’ambito dei laboratori e dei percorsi di orientamento.
L’obiettivo dichiarato è quello di avvicinare gli studenti al mondo del lavoro, ma l’utilizzo del termine “addestramento” ha sollevato non poche perplessità.
“Addestramento” come i soldati? Le critiche dell’opposizione
Diverse voci critiche si sono levate dai banchi dell’opposizione, a partire da quella della deputata Michela De Biase (PD), che ha sottolineato come “la parola corretta sia insegnare”, mentre “a essere addestrati sono i soldati”.
Sulla stessa linea il Movimento 5 Stelle, che ha presentato un emendamento per la cancellazione del termine dal testo. “Con questo provvedimento la scuola viene ridotta a luogo per sfornare lavoratori”, ha attaccato Gaetano Amato (M5S), mentre Elisabetta Piccolotti (AVS) ha definito l’uso della parola “addestramento” come “umiliante” per gli studenti e “lontano dalla concezione di scuola sancita dalla Costituzione”.
Il testo esprime una forte opposizione a una riforma promossa dal Ministro Valditara, descritta come un tentativo di trasformare l’educazione degli studenti in un mero addestramento al lavoro. Gli autori del testo sottolineano di aver presentato oltre 600 emendamenti contro questo provvedimento, ritenendolo assurdo e vergognoso.
La riforma è criticata per cercare di subordinare completamente la scuola pubblica alle esigenze delle imprese, sacrificando i sogni e le aspirazioni dei giovani. Secondo questa visione, agli studenti viene chiesto di scegliere il proprio percorso di studi solo in funzione delle aziende locali, riducendo la loro libertà e costringendoli ad accontentarsi di lavori sfruttati e frustranti.
Il deputato Antonio Caso, Capogruppo M5S in Commissione Cultura ribadisce che il compito della scuola dovrebbe essere quello di fornire agli studenti gli strumenti necessari per essere liberi, sottintendendo che questa libertà è ciò che spaventa il Governo Meloni. Il testo critica la riforma come un tentativo di controllare e limitare le possibilità future dei giovani, anziché aiutarli a realizzare il loro pieno potenziale.
Per Nicola Fratoianni dell’Alleanza Verdi Sinistra, che prende la parola nell’Aula di Montecitorio: “Non serve la Treccani, non è questione di dibattito linguistico. La parola addestramento che associate alla scuola è il cuore della vicenda. Quella parola sta bene lì perché questo è il vostro obiettivo, ed è un obiettivo che non comincia oggi, nel dibattito di questo Paese va avanti da molti decenni. È l’abbandono della scuola della Costituzione, della scuola che forma cittadini e cittadine autonomi, liberi indipendenti, dell’interscambiabilità delle discipline, della scuola che costruisce come obiettivo l’élite intellettuale del Paese. È la scuola dell’addestramento ai piccoli particolari, è la scuola che risponde all’esigenza puntuale di quel settore dell’impresa lì, adesso, e domani non sappiamo. È la scuola che passivizza, è la scuola che rimuove il conflitto.
Di fronte alle critiche, il ministro Valditara ha difeso la scelta del termine, citando la definizione dell’enciclopedia Treccani, che definisce “addestramento” come “istruire, preparare, impratichire”.
Una difesa che non ha convinto l’opposizione, che ha accusato il ministro di voler ridurre la scuola a un mero strumento di formazione professionale, sacrificando la sua funzione educativa e critica.
Un dibattito che va oltre la semantica
Al di là della definizione lessicale, il dibattito sull'”addestramento” a scuola riflette una divergenza di vedute più profonda sul ruolo e sulle finalità dell’istruzione.
Da un lato, c’è chi vede nella collaborazione con le aziende e nella formazione pratica un’opportunità per rendere la scuola più vicina alle esigenze del mondo del lavoro, favorendo l’occupabilità dei giovani.
Dall’altro lato, c’è chi teme che questa impostazione rischi di snaturare la funzione educativa della scuola, trasformandola in un semplice centro di formazione professionale, incapace di formare cittadini critici e consapevoli.